Noi e il familismo amorale. Sud Italia e stereotipi

scansione0059<<Nessuno ha toccato questa terra se non come un conquistatore o un nemico o un visitatore incomprensivo>> diceva Carlo Levi a proposito della Lucania. Non un conquistatore, non un nemico ma forse un visitatore incomprensivo può essere considerato Edward Banfield, politologo statunitense e padre della teoria sul familismo amorale.

Sono passati 60 anni dalla nascita del concetto sociologico elaborato dallo studioso, a seguito del suo soggiorno in Basilicata, finalizzato alla ricerca delle cause del sottosviluppo economico e sociale del Meridione.

Nel 1954 si accingeva a compiere uno studio di comunità, durato nove mesi, nell’entroterra lucano. Montegrano questo lo pseudonimo con cui ha parlato al mondo di Chiaromonte nella celebre opera Le basi morali di una società arretrata.

Il lavoro ha innescato un susseguirsi di dibattiti, tanto che quella sul familismo amorale è considerata la teoria sociologica più discussa in assoluto.

Banfield ha parlato di un sottosviluppo con cause di matrice culturale, derivanti da un particolare ethos secondo cui l’individuo meridionale agisce seguendo un’unica regola <<massimizzare i vantaggi materiali e immediati della famiglia nucleare; supporre che tutti si comportino allo stesso modo>>.

A causa di questa linea di azione, il meridionale risulta un individuo incapace di operare per il bene comune compromettendo un adeguato sviluppo del territorio.

Le critiche hanno messo in discussione un lavoro dalle fondamenta poco solide e contestabile su più fronti, in primis quello metodologico.

Ma il dibattito più interessante mette in evidenza la marginalità storica di Chiaromonte che, rispetto ai centri del progresso, si colloca in una posizione troppo distante.

È forse questo che sta alla base dell’ethos di cui parla Banfield, che descrive una realtà sociale delineatasi, per alcuni, negli anni del secondo dopoguerra.

Edward Christie Banfield
Edward Christie Banfield

L’errore sta nell’aver dimenticato i trascorsi storico-politici del Sud che hanno contribuito alla disgregazione economico-sociale e alla sfiducia nei confronti delle istituzioni. Un Meridione che già dal processo di unificazione ha portato sulle spalle i soprusi e l’indifferenza di un dominio esercitato dall’alto, che ha mantenuto le sembianze del potere di classe, per poi trasformarsi in clientelismo economico e politico, specie in alcune aree.

Tutto ciò con la complicità di scelte politiche inadeguate e tardive rispetto alle reali esigenze di un’area ricca di risorse e potenzialità intellettuali, come dimostra la fuga di cervelli.

Un contesto, quello degli anni ‘50, in cui il progresso tardava ad arrivare, ma al contempo scenario di una fitta rete di parentela e vicinato. Pilastri alla base della riproduzione economica e sociale di un’area altrimenti priva di mezzi di sostegno.

Il vicinato è stato teatro di solidarietà e mutuo-aiuto con rapporti che hanno accompagnato le vite di paese dalla nascita alla morte. Basti pensare alla figura dellamamma di latte, per arrivare all’abitudine d’ò consuòle, testimonianza di un’esistenza scandita dalla partecipazione comunitaria.

Usanze solidali quali ‘a retènna, scambio di aiuto per la mietitura, vendemmia, uccisione del maiale e altri momenti della civiltà contadina. Spazi di aggregazione che costituivano un appuntamento con la socializzazione tra famiglie.

Esempi che mostrano, quindi, un Meridione distante dalle teorie familistiche di Banfield, che ha azzardato a giustificare il sottosviluppo mescolando causa ed effetto e sottovalutando aspetti culturali rilevanti, comprovati da usi e tradizioni.

Una teoria che ha dato troppa enfasi alla cultura, dimenticando quanto essa sia frutto di processi storici e non un elemento innato. Lo studio ha fatto da rinforzo astereotipi e pregiudizi verso il popolo chiaromontese, lucano e meridionale in genere. Un popolo dai trascorsi notoriamente infelici, che avrebbe avuto bisogno di una spinta positiva da parte di quelle istituzioni centrali che spesso hanno giocato su debolezze, frutto di precise responsabilità, attribuendo semplicistiche cause culturali. Ed è per questo che ogni chiaromontese, lucano o meridionale ha il dovere morale di conoscere la storia della propria terra, contro i conquistatori, i nemici, i visitatori incomprensivi di ieri e di oggi.

 

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