Francavilla nei ricordi di Antonio De Minco “Il matrimonio”

foto tratta dal "Dizionario dialettale di Francavilla sul Sinni" di Luigi Viceconte.
foto tratta dal “Dizionario dialettale di Francavilla sul Sinni” di Luigi Viceconte.

Agosto per antonomasia è il mese delle ferie e della sagre e, da alcuni anni a questa parte, anche il mese dei matrimoni nei nostri paesi del meridione, perché rientrano i famigliari che vivono fuori e quindi le famiglie si riuniscono per queste solenni cerimonie.

Pertanto, vogliamo far conoscere ai nostri lettori i ricordi di Antonio De Minco nel matrimonio di una volta per riscontrare i profondi cambiamenti avvenuti nella nostra odierna società rispetto a quella passata.

L’innamoramento, il matrimonio (tutto è diventato consumismo per ben figurare), il divorzio, nuove forme di coppia, la convivenza, le adozioni. È il nuovo che avanza. Ma dove?

Certamente, se tornassero in vita i nostri avi, a vedere tutto ciò, resterebbero meravigliati. Buona lettura.

 

Dal libro di Antonio De Minco

“il matrimonio”

foto tratta dal "Dizionario dialettale di Francavilla sul Sinni" di Luigi Viceconte.
foto tratta dal “Dizionario dialettale di Francavilla sul Sinni” di Luigi Viceconte.

 

Il matrimonio, l’unione della coppia come tradizione e come necessità per la continuazione legittima della specie, in quella forma espressa dalla tradizione e dalla cultura italiana, associati nel comune destino, complementariamente, per massimizzare il risultato ai fini economici, etici e sociali, ha sempre avuto una ritualità, una prassi ed una rappresentazione, che ne hanno costituita la peculiare espressione della specifica cultura e la caratteristica del proprio animo francavillese.

L’innamoramento, come stato di rinascita, di adempimento di una norma non scritta, passava attraverso diverse fasi.

In alcuni casi veniva promosso dai genitori dei giovani coniuganti. Gli elementi che determinavano tale processo e quindi la decisione finale, erano: la simpatia reciproca delle famiglie e dei giovani, la classe sociale, il ceto, il comportamento, la morale, la religiosità, la professione… .

Negli altri casi in cui prevaleva l’iniziativa dei giovani, la cosa aveva sviluppi, che richiedeva molto impegno. L’approccio, generalmente, era sempre di natura platonica. Partiva lo strale del “dio amorino”, se l’altra o viceversa veniva colpita, nasceva empaticamente un feeling che si protraeva per molto tempo. Le fasi successive erano le più svariate: passeggiate frequenti intorno o sotto l’abitazione della ragazza, frequenza più assidua della messa, la domenica, sbirviamenti attraverso i vetri delle finestre, bigliettini amorosi inviati attraverso “comari” compiacenti, saluti vistosi verso i genitori, parenti, espressioni di manifeste gentilezze, atti di generosità… .

foto tratta dal "Dizionario dialettale di Francavilla sul Sinni" di Luigi Viceconte.
foto tratta dal “Dizionario dialettale di Francavilla sul Sinni” di Luigi Viceconte.

Poiché non era concepito il contatto diretto tra i due innamorati, venivano messe in atto, con logica conseguenza, tutte quelle strategie e modalità che permettevano, secondo cultura e prassi, la nascita del futuro rapporto di relazione. Sicché, completate tutte quelle fasi, finalmente il giovane veniva presentato, da un comune amico e raramente da solo, ai genitori della ragazza.

Questa fase che potremmo definire “idilliaca-sentimentale”, consentiva al giovane di frequentare l’abitazione della ragazza nei giorni stabiliti, condizionata da rigorosa osservanza di precisi comportamenti. Il posto attorno al focolare o al desco veniva prefissato. Seguiva poi,  la fase prosaica.  I genitori della ragazza comunicavano alla famiglia del giovane la dote di cui la ragazza era erede, il corredo ed i beni “parafernali”.

Queste due fasi erano fondamentali. La seconda affondava le radici nella concretezza dell’unione e creava i presupposti per il futuro nucleo famigliare. Prima del matrimonio, poi, doveva aver corpo la cosiddetta “richiesta davanti all’ufficio di stato civile”.

Atto formale e sostanziale che fissa le basi del matrimonio civile.

Anche in questa occasione seguiva un preciso rituale. Gli invitati rappresentavano la parentela più prossima. Dopo quest’impegno, i fidanzati restavano ancora, in seno alla propria famiglia, fino al giorno del matrimonio religioso. Per il giorno fatidico veniva compilata una lista degli invitati, i quali, mediante due amici comuni alle due famiglie, venivano informati del giorno esatto della celebrazione del matrimonio. Altra operazione degna di nota, consisteva nell’elencazione del corredo. Uno scrivano, che fungeva anche da testimone, in presenza dei parenti dei coniuganti, elencava ed annotava sotto dettatura della madre della ragazza, il corredo che veniva donato alla figlia. Questo veniva espresso in decina.

02Cioè se il corredo era a 20 a 40 a 50 significava che il numero dei capi: lenzuola, federe, camice  ecc.,  ecc.,  erano di quell’espressione numerica. Il ché come è ovvio, tramite i presenti, veniva divulgato in paese. La notizia culturalmente costituiva il fondamento di accrescimento o decrescimento delle condizioni economiche di quella famiglia. Finalmente il giorno delle nozze, i festeggiamenti “clou” di tutta quell’intrapresa. Le modalità secondo gli usi e costumi, variavano da famiglia a famiglia. Il rituale comune a tutti, era costituito dalla preparazione di un corteo di coppie, che seguiva gli sposi, a piedi, per raggiungere la Chiesa Parrocchiale. I giovani di sesso opposto, non avendo mai modo di avvicinarsi e contattarsi per le strade del paese, in quella precisa occasione erano timorosi, vibranti e goffi. I giovani, porgendo il braccio alla ragazza venivano a trovarsi in uno stato mentale di profonda euforia. Quel contatto, ancorché esteriore, realizzava sogni eterei. Attitudini allo scambio comunicativo non mi sembra che se ne manifestassero.

La fantasia, tuttavia, sono certo che raggiungeva vette sublimi.

Seguiva il pranzo, cui partecipavano soltanto dei parenti stretti.

La serata, generalmente, terminava con danze dell’epoca: mazurke, valzer, tanghi… al suono di vecchi grammofoni o musica prodotta da giovani che suonavano il mandolino, la chitarra, il clarino… .

Poiché tali danze esigono per una riuscita perfetta, un certo avvinghiamento, e, per costume questo non era consentito, ci si accontentava della stretta di mano e della semplice e discosta vicinanza dei due corpi.

foto tratta dal "Dizionario dialettale di Francavilla sul Sinni" di Luigi Viceconte.
foto tratta dal “Dizionario dialettale di Francavilla sul Sinni” di Luigi Viceconte.

Caratteristico era anche la celebrazione del matrimonio dei concittadini delle campagne o frazioni. Il corteo, in modo sparso, partiva dall’abitazione della sposa e procedeva per le strade mulattiere. I convitati, tutti in ghingheri, seguivano gli sposi, scortati da altri uomini che suonavano degli organetti, mentre altri attrezzati di fucili carichi, ed a scansione di tempo sparavano in aria per comunicare a tutti che era di passaggio una sposa o che questa si avvicinava alla Chiesa Parrocchiale.

L’”abbuffata” costituiva la fase eclatante.  Su quelle tavole apparecchiate abbondava il cibo fino allo spreco. Anche per questi sposi, la giornata terminava con danze in cui prevaleva la tarantella (tipo di danza in cui i corpi de partecipanti sono separati, ma si incontrano e si allontanano, seguendo delle linee irregolari e delle volute con le braccia, su di un ballatoio). Quella danza con quei particolari ritmi, lo schioccare delle dita e lo sbattere delle mani, esaltavano lo spirito animatore di tutti i convitati: la partecipazione anche corale di tutti, era componente di una più ampia espressione di avvenimento, in cui si fondono gli interessi individuali e quelli collettivi e che tendono alla realizzazione di una concretezza reale e vitale.

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