Walter Silvestrelli: The Parallel Vision

Dalle radici greche di “radice” e “canto” si apre lo scrigno di AdoRiza, collettivo di 17 artisti nato dall’esperienza di Officina Pasolini, che si è costituito per mettere in scena, per ora, uno spettacolo (e un libro, e un disco) sulla musica popolare. Lo spettacolo si intitola “Viaggio in Italia. Cantando le nostre radici”, è stato in scena al Teatro Marconi dal 21 al 24 febbraio, e sarà all’Auditorium Parco della Musica il prossimo 24 aprile con l’obiettivo di “ridare lustro a un repertorio musicale che ci appartiene in modo ancestrale e che rappresenta molto più di un bagaglio culturale della nostra tradizione”. Li abbiamo incontrati uno per uno nelle sale di Officina Pasolini e ci siamo fatti prendere dalla nostos-algia, raccontandoci le storie che abbiamo dimenticato.
Walter Silvestrelli è un musicista e cantautore di Potenza. La nonna di Napoli lo ha fatto affezionare alla musica partenopea. Con lui, bassista di professione, abbiamo riflettuto sul significato di radice musicale e sulla forza del passato.

Walter Silvestrelli
Walter Silvestrelli

Questo spettacolo tratta una materia musicale un po’ diversa da quella attuale. Da musicista, dal punto di vista tecnico cosa ti ha lasciato il confronto con questa musica?
Ero interessato alla musica popolare già prima dello spettacolo. Sono canzoni che nel tempo sono state arricchite anche da grandi nomi e usate nella canzone d’autore. Il confronto è stato molto costruttivo perché anche con 2 accordi svelano un mondo intero (sorride, ndr).

Tu suoni uno strumento (il basso, ndr) che nell’immaginario comune non viene associato alla musica popolare.
Sì, anche se in realtà nel folklore suonano i contrabbassi e le chitarre battenti, quindi i bassi ci sono.

Un punto di forza dello spettacolo è proprio la rilettura con un’orchestrazione contemporanea, composta anche da elementi elettrici, che fa cambiare pelle alla materia lasciando però intatti i contenuti.
Sì, melodie e testo rimangono centrali.

Che cos’è per te una radice?
È un punto di partenza, quando te ne accorgi (ride, ndr). Quando andavo a lezione di basso, c’era una ragazza che si vergognava a suonare pizziche e tarantelle; il mio insegnante Antonio Bruno, cantautore del folk revival, le disse che si vergognava perché quelle musiche toccavano una parte particolare del suo passato, era come se la facessero sentire nuda. Avevo 15 anni e questo mi fece riflettere. La radice sei tu quando cominci a metterti a nudo e cominci a capire dove andare.

Tu quando hai capito qual era la tua radice musicale?
Scrivendo ti accorgi che devi per forza guardarti indietro. Cominciando a studiare il passato ti accorgi della sua attualità e della sua importanza e così ti affezioni alle radici. Dai testi della musica popolare possiamo renderci conto di quanto siamo indietro (sorride, ndr). Guardarsi indietro può aiutare a creare.

L’aspetto interessante del progetto è che siete tutti più lontani che vicini a quelle canzoni. Vince la vicinanza alla musica di oggi o l’approccio popolare?
Credo sia importante vivere il presente e la propria generazione, ma io tifo per il passato (ride, ndr).

La radice musicale può essere legata a una radice affettiva. C’è una frase di “La luna e i falò” di Pavese che dice “un paese ci vuole non fosse che per il gusto di andarsene via”. Tu da che paese sei andato via?
Sono andato via da Potenza, dalla Basilicata. Lì la musica popolare è da ricercare nei paesini che vivono di cultura orale, ma gli andamenti ritmici sono simili a quelli delle Regioni vicine: pizzica, tarantella, tammurriata, abbiamo un po’ di tutto, anche perché nel corso della storia ci hanno rubato qualche pezzo di Regione (sorride, ndr). Sono molto affezionato alla musica popolare napoletana, perché nonna era di Napoli.

Nello spettacolo però canti un brano pugliese.
Sì, si intitola “Diavule Diavule” o Tarantella di Sannicandro. È una filastrocca in dialetto altamurano, molto vicino al lucano; ha un bel ritmo quindi mi diverto anche a ballarci sopra.

(© The Parallel Vision ⚭ _ Daniele Sidonio)

Fonte: https://theparallelvision.com/2019/03/19/intervista-il-viaggio-in-italia-degli-adoriza-walter-silvestrelli/

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