Francesco e la svolta rivoluzionaria data alla Chiesa

papa_francesco_caserta-1728x800_cSi era capito subito, quella sera del 13 marzo di due anni fa, di che pasta era fatto quell’uomo che, spoglio di tante insegne papali, si affacciava al balcone della loggia di San Pietro e si presentava al mondo con un semplice saluto: «Buonasera».

La sua nomina era stata una sorpresa. Nessuno l’aveva messa in conto per la successione a Benedetto XVI, dopo la sua rinuncia. Ma ancor più sorprendente era stato il nome scelto: Francesco, come il poverello di Assisi.

Nome pesante come un macigno, che nessun Pontefice aveva osato scegliere prima. E anche così carico di significati, da lasciar subito prefigurare che “una Chiesa povera e per i poveri” sarebbe stato il sigillo e il cuore del suo magistero.

Bergoglio chiede una Chiesa e dei cristiani “in uscita”, che si facciano compagni. Una Chiesa che ha “l’odore delle pecore”, come dice il Papa, è una Chiesa feconda, che fruttifica. Perché ha voluto sottolineare che i poveri sono una categoria teologica più che sociologica? Perché è il Vangelo che ce lo dice. L’idolatria del denaro, le politiche che narcotizzano i Paesi più poveri, l’inganno delle “ricadute favorevoli” di azioni che stritolano le persone vanno combattute alla luce del Vangelo.

Il Papa è molto chiaro nel condannare la cultura dello scarto, una cultura ancora peggiore di quella dello sfruttamento perché toglie di mezzo i poveri, i deboli, chi non ce la fa. L’impegno del cristiano è quello di stare con i poveri e di combattere le povertà.

papa-avnt1Le sue parole sono miti e semplici, ma non gli difetta la fermezza con cui ha scosso la Chiesa dal torpore e dal guado in cui s’era impantanata, tra carrierismo, lotte di potere, scandali e divisioni, con grave discredito per la propria autorevolezza e testimonianza evangelica.

Papa Francesco sogna una Chiesa umile e a servizio degli ultimi, che non stia rinchiusa nei propri recinti, ma abbia le porte spalancate per accogliere tutti. Una Chiesa che non si parli addosso o che si ammali di autoreferenzialità, ma che vada per le vie del mondo incontro all’umanità ferita. Anche a costo di correre dei rischi e subire incidenti. Con la sua testimonianza gioiosa del Vangelo, papa Francesco ci mostra il “volto bello” della Chiesa, che dà speranza anche ai non credenti, come dimostra l’afflusso crescente di fedeli che affollano i suoi incontri. O i sondaggi che dicono come anche i giovani, spesso diffidenti, si fidano di lui. E lo apprezzano per la simpatia e la vicinanza alla gente.

La Chiesa di Francesco è la “casa della misericordia di Dio”, che il Papa non si stanca mai di ricordarci. È la Chiesa Samaritana che, come «un ospedale da campo, dopo una battaglia», si prende cura delle ferite di ogni uomo. Una Chiesa coraggiosa e missionaria, che denuncia la “globalizzazione dell’indifferenza” di fronte ai drammi dell’umanità, come le vittime delle migrazioni. O che si oppone alla “cultura dello scarto”, alle ingiustizie e alla “idolatria” del denaro e del potere, cui tutto si sacrifica, bambini, malati e anziani innanzitutto, per non dire dei diritti e della dignità delle persone.

La Chiesa, senza viversi come potere tra i poteri, ma anzi rinunciando al fasto e agli onori, deve essere compagna degli uomini e testimone credibile.

Viviamo un’epoca segnata dall’eclissi della fede. Molte persone voltano le spalle a Dio e se ne vanno lontano, «perché», osserva Francesco, «dopo essersi lasciate illudere da altre proposte, ritengono che la Chiesa non possa offrire più qualcosa di significativo e importante». Che fare, allora?

«Serve una Chiesa che non abbia paura di uscire nella loro notte», dice il Papa con grande chiarezza, «capace di intercettare la loro strada, in grado di inserirsi nelle loro conversazioni. Serve una Chiesa che sappia dialogare con quei discepoli che, scappando da Gerusalemme, vagano senza meta, da soli, con il proprio disincanto, con la delusione di un cristianesimo ritenuto ormai terreno sterile, infecondo, incapace di generare senso». Ci stiamo abituando a un nuovo stile di Chiesa, alla freschezza di un vangelo di prima mano proposto con gesti concreti di vicinanza e parole di misericordia.

E questo tanto, tanto ci giova e ci fa stare molto bene.

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