Vincenzo Viceconte

Domani, 24 maggio, ricorrono i cento anni dall’entrata in guerra dell’Italia nel corso del primo conflitto mondiale che la vide uscire vittoriosa insieme alle grandi nazioni europee ed internazionali.
Certamente, però, questa non può essere considerata una lieta ricorrenza, ma solo una doverosa occasione per ricordare i circa due milioni tra morti e feriti tra le fila dei soldati italiani.
Tralasciando i vantaggi geopolitici che l’Italia trasse dalla vittoria bellica, nell’immaginario collettivo rimane della prima guerra mondiale soltanto una visione catastrofica che segnò per i nostri soldati e per i loro familiari un’esperienza tragica e dolorosa.
Sul fronte italiano fu una terribile carneficina, in cui persero la vita decine di migliaia di persone, tra militari e civili, oltre ad un milione di feriti. Se consideriamo i morti, i feriti e i mutilati su base mondiale, arriviamo alla incredibile cifra di 37 milioni: un’ecatombe che ha spazzato via un’intera generazione.
Ci furono, poi, anche conseguenze positive, specie sul piano sociale. Infatti, la guerra mutò la società : si pensi alla trincea come luogo di incontro di uomini di regioni diverse , ma anche luogo di riflessione : ci fu una presa di coscienza dei propri diritti, il crollo dei miti patriottici e delle speranze.
Se pensiamo poi al cosiddetto fronte interno, troveremo la mobilitazione e il lavoro di donne e operai rimasti a casa, la miseria con il razionamento dei viveri, la militarizzazione della forza lavoro.
La Grande Guerra fu la prima sfida dell’Italia unita. Massimo D’Azeglio aveva detto: “Fatta l’Italia, ora bisogna fare gli Italiani”. Ciò avvenne nelle trincee del Carso, avvenne come unione spontanea fra i vari popoli della Penisola. La fondazione del Regno d’Italia, nel 1861, voluta dalla borghesia, ebbe il battesimo sociale fra una bomba e l’altra. Un battesimo superficiale, intendiamoci, dettato dagli eventi.

In buona sostanza, l’Italia si fece sui campi di battaglia: il lucano accanto al piemontese, il siciliano accanto al lombardo, il ligure al sardo, il toscano al veneto, e così via.
Ognuno di questi nostri soldati ha portato, in un modo o in un altro, il proprio contributo alla causa nazionale ed alla vittoria finale nel conflitto mondiale, per cui, chi più chi meno, devono essere considerati degli eroi per il modo con cui hanno saputo resistere e morire durante quel triste ed infernale triennio che ha visto l’immenso dolore, gli enormi sacrifici, le indicibili sofferenze e le privazioni degli uomini impegnati sul fronte di guerra,… oltre a quello dei civili rimasti a casa.
E’ notorio che fu una guerra di posizione, combattuta palmo a palmo nelle trincee del Carso, sui monti dell’Isonzo, a Caporetto. Un fronte caldissimo in cui per l’avanzata di pochi metri, venivano sacrificati interi reggimenti.
Il freddo causato dal cattivo equipaggiamento, la fame, le scarse condizioni igieniche, le malattie letali, sconvolsero le nostre truppe più della mitraglia e del gas usato dal nemico.
Tali esperienze ci sono state, poi, tramandate grazie a diari, a lettere ed a documenti fotografici lasciati da alcuni dei nostri soldati e che, grazie alla collaborazione di quanti hanno a cuore la conservazione della memoria storica collettiva, continuano ad essere raccolte e pubblicate a futura memoria.
E proprio Francavilla sul Sinni può vantare tra i suoi figli due degli autori di simili preziosissime testimonianze della vita sul fronte della Grande Guerra : Vincenzo Di Nubila (nato il 1892 e deceduto nel gennaio 1968) e Antonio Ferrara ( nato il 1890 e deceduto anch’egli nel gennaio 1968).

Mio nonno materno, Vincenzo Di Nubila, durante i tre anni passati al fronte, realizzò con la sua macchina fotografica numerosi scatti impressi su lastre fotografiche che ritraggono lui ed i suoi commilitoni in varie scene di vita militare.
Tali lastre fotografiche sono state da me rinvenute, nel 2005, in modo casuale nella soffitta della vecchia casa di abitazione di mio nonno sita in Via Garibaldi, insieme ad altre centinaia di interessanti lastre che sono state da me ripulite, stampate, catalogate e saranno prossimamente rese visibili in un’apposita pubblicazione.
Per l’occasione del centenario dell’entrata in guerra dell’Italia vorrei offrire ai lettori la visione di qualche foto scattata nel corso della guerra del 1915-18.
Inoltre, la mia passione e la mia smania per la storia (recente e non) di Francavilla mi ha portato, sempre in modo casuale , ad “imbattermi “ su Internet in un altro nostro valoroso concittadino, il Dott. Antonio Ferrara ( fratello del medico condotto Luigi Ferrara), il quale ( così come lo ha descritto sua nipote, Laura Mori) ha lasciato un diario quasi giornaliero scritto su minuscoli taccuini e che, una volta in pensione, negli anni ’60, ha ritrascritto e controllato con attenzione in un manoscritto che ha intitolato “Ricordi sulla nostra guerra del 1915-18. Estratti dal mio diario inedito” . Dopo la morte della moglie Leonetta, avvenuta nel 1999, questo testo è stato affidato all’Archivio dei Diari di Pieve Santo Stefano (Arezzo).
Grazie alla cortese collaborazione ed alla squisita disponibilità dei suoi familiari (che vivono in quel di Firenze), nonché alle pubblicazioni apparse sul settimanale “ L’Espresso” ho potuto apprendere che il Dott. Ferrara, a 14 anni, partì da Francavilla sul Sinni per recarsi ad Alba in un collegio per lo studio delle tecniche agrarie specializzato in enologia. Non farà più ritorno al paese natio, se non in rare occasioni. Allo scoppio della guerra venne, a 25 anni, richiamato alle armi e mandato subito sul fronte del Friuli Venezia Giulia. Nel primo anno di guerra, durante un attacco contro gli Austro-Ungarici a Zagora, in prima linea, guidando valorosamente il suo battaglione venne ferito e successivamente decorato con una medaglia di bronzo. Nel 1916 gli venne concessa la medaglia d’argento per il suo comportamento nell’azione di guerra sul Carso. In quello stesso anno vinse un concorso per un posto nel Commissariato militare e fu nominato capitano. Al comando di una sezione di questo Corpo partecipò alla ritirata di Caporetto. Nel giugno del 1918 dal suo comando gli venne concessa la Croce al Merito di Guerra.
Nel corso degli eventi bellici si distinse per la sua serietà, per il suo impegno e per il grande rispetto per la vita dei suoi soldati, come danno ampia testimonianza le pagine del suo diario, i cui stralci saranno inseriti, per quattro settimane a partire dal prossimo 5 giugno, in una speciale pubblicazione di “Diari di guerra” che curerà L’Espresso.
Commovente è stato apprendere che il nostro concittadino ha partecipato all’attacco che ha visto morire l’eroe nazionale Enrico Toti <Bersagliere ciclista, privo di una gamba si arruolò volontario e morì lanciando la sua gruccia contro il nemico, Medaglia d’oro al valor militare alla memoria con questa motivazione: “Volontario, quantunque privo della gamba sinistra, dopo aver reso importanti servizi nei fatti d’arme dell’aprile a quota 70 (est di Selz), il 6 agosto, nel combattimento che condusse all’occupazione di quota 85 (est di Monfalcone). Lanciavasi arditamente sulla trincea nemica, continuando a combattere con ardore, quantunque già due volte ferito. Colpito a morte da un terzo proiettile, con esaltazione eroica lanciava al nemico la gruccia e spirava baciando il piumetto, con stoicismo degno di quell’anima altamente italiana. Monfalcone,6 agosto 1916”>
Come pure, interessante ed emozionante è stato leggere nel diario gli incontri che il Dott. Ferrara ha avuto, in varie occasioni sul fronte della Grande Guerra, con alcuni paesani ( Gennaro Console e Francesco Mele) e parenti (tal Liguori di S.Costantino Albanese), i quali gli “danno notizie sul paesello nativo e sui familiari”.
Con l’occasione, per il valore e la grande professionalità dimostrate sul campo di battaglia e nell’organizzazione dei reparti a lui affidati, nonché per la pregevole e precisa testimonianza sugli eventi della Grande Guerra propongo al Sindaco di Francavilla di conferire alla memoria del Dott. Antonio Ferrara un’onorificenza, in segno di riconoscenza del nostro comune per quanto da lui compiuto nel corso del conflitto mondiale.
A questo punto, vale la pena riportare qualche stralcio del suo diario :
“24 maggio 1915. Alle ore 17 arriviamo a Spilimbergo. A terra, formazione e incolonnamento dei reparti verso un prato distante un paio di chilometri dal paese per l’accampamento. Intorno a noi vi sono numerosi altri accampamenti e si vedono in giro soldati di tutte le specie.
28 Giugno – 1 Luglio 1915. Servizio di prima linea. La pioggia ci procurava un doppio inconveniente: le nostre trincee improvvisate si riempiono di fanghiglia che ruscella dall’alto e che ci costringe a stare con i piedi a guazzo.
Fortunato chi può trovare un pietrone da mettere sul fondo della trincea per potercisi sedere senza bagnarsi. La terra bagnata si trasforma in una fanghiglia nella quale si affonda fino alle caviglie e si stenta a scollare le scarpe per salire, mentre fa scivolare e stramazzare in discesa.
Questa melassa vischiosa è più fastidiosa delle cannonate e delle raffiche di mitragliatrici. Avvilisce irresistibilmente!
1 novembre 1915. Giornata di azione offensiva: la Brigata Forlì dovrebbe espugnare il trincerone di quota 383 con il nostro battaglione di rincalzo; il III° Battaglione del nostro Reggimento dovrebbe conquistare la selletta di Palievo.
Quando, dopo 70 ore di bombardamento le fanterie passano all’attacco…in nessun punto i reticolati nemici erano stati neppure intaccati dal fuoco dell’artiglieria. Le nostre formidabili formazioni di fanteria si sono infrante contro il dispositivo difensivo nemico. Si constata che i reticolati non sono di filo spinato, ma di lamiera spinata , non rompibile con le pinze. I reticolati inoltre sono stesi a terra e sollevabili con delle funi al momento voluto.
Diabolica trovata, perché così le fanterie rimanevano chiuse fra le trincee e i reticolati e venivano falcidiate dalle mitragliatrici ..nascoste in caverne.
Dolorosa constatazione : entrambe le azioni sono fallite contro le munite difese austriache e il micidiale fuoco delle artiglierie e delle mitragliatrici che hanno falciato le ondate di assalto e le hanno costrette a fermarsi sotti i reticolati intatti. Le nostre perdite sono state alquanto pesanti!

10 novembre 1915. L’ordine di operazione dice: “Attacco a Zagora puntando su q.300 e successivamente su Zagomilla e sul trincerone del monte Kuk”.
Il comando della colonna di attacco viene dato al Comandante del mio Battaglione, che ne è felicissimo.
A me la cosa invece procura un mondo di guai. Ordini e collegamenti a destra ed a sinistra con relativo pericolo di essere infilato da qualche “cecchino”.
Raccomando al Maggiore Boschi , che opera col suo battaglione a Sinistra, sotto le case di Zagora, di fare bene attenzione ai passaggi obbligati che sono letteralmente falciati dalle raffiche di mitragliatrici.
Alle 12 precise ha inizio l’azione. Il nostro Battaglione con un balzo espugna le case e il trincerone di Zagora, ma il II° Battaglione del 125° è inchiodato al terreno – come prevedevasi – dal fuoco delle mitragliatrici che producono larghi vuoti.
Gli ufficiali, sprezzanti del pericolo, si gettano per primi all’assalto cercando di trascinare nella breccia i gregari: e pagano con la vita il loro ardimento. Alla testa del suo plotone cade valorosamente il sottotenente Giosuè Borsi.
Il nostro Battaglione ha fatto prigionieri 260 Austriaci, ma ha avuto delle forti perdite. Vi sono diversi Ufficiali feriti, fra cui il tenente Paoletti che comandava la colonna di attacco. Era un ottimo ufficiale.
Non so quante volte ho fatto la spola dal Comando del Settore alle Compagnie per portare ordini e seguire l’azione per informarne il Maggiore Menna (comandante del I° battaglione, 126° fanteria, n.d.r.).
In un ennesimo ritorno in prima linea, mentre parlavo col tenente Procaccia per dirgli che il Comando del Battaglione è stato assunto dal capitano Brunelli, un “cecchino” con una pallottola di fucile mi ferisce alla coscia sinistra.
Monte San Michele, Sagrado (GO), 1 luglio 1916
Il giorno successivo il Battaglione viene comandato di servizio nel Carso per coadiuvare con la Sanità al riconoscimento (quando era possibile) e alla sepoltura dei caduti che si trovano ancora sul terreno.
Sono i valorosi fanti della 21° e 22° Divisione, della Brigata Pisa e Regina che il 29 Giugno sono state attaccate sul San Michele con i gas asfissianti. I superstiti venivano uccisi da squadre di soldati dell’Honved ungherese con delle grosse mazze ferrate.
Lo spettacolo è terrificante, indescrivibile e incancellabile dalla memoria. Vi sono numerosi cadaveri che giacciono sul terreno in posizione diversissime frammisti ai nostri si trovano anche dei caduti austriaci.
Non mi sarei mai immaginato di dover compiere un così triste e pietoso servizio.
I nostri fantaccini alla vista del campo di battaglia rimangono come impietriti. A gran fatica si riesce ad indurli ad assolvere anche questo dovere. Si doveva evitare di affidare a dei combattenti un simile servizio.
Sesta battaglia dell’Isonzo – Monfalcone (GO), 4 agosto 1916.
L’azione su quota 85 viene ritentata senza esito dai bersaglieri : vi trova eroica morte ENRICO TOTI che avevamo visto andare in linea sorreggendosi sulle stampelle.
Settima battaglia dell’Isonzo – Oppachiasella, Slovenia, 15 settembre 1916.
Do le istruzioni per l’azione offensiva raccomandando ai Comandanti di Plotone ed ai capi squadra di balzare subito nella trincea austriaca che dista dalla nostra appena una trentina di metri, espugnarla e immediatamente rovesciarne il fronte di difesa e offesa.
L’artiglieria nel primo momento non ci disturberà perché le linee sono troppo ravvicinate fra loro, ma dopo a trincee espugnate bisogna ben guardarsene. C’è con noi il maresciallo Faggin coi suoi zappatori che ci aiuterà ad apprestare la posizione. Ognuno studi il terreno da attraversare e i varchi da cui passare.
All’ora stabilita, al cessare del fuoco delle bombarde e con l’allungamento del tiro delle nostre artiglierie, scatta la colonna all’attacco.
L’azione riesce bene, senza perdite, con conquista del trincerone e della sottostante dolina, che viene subito battezzata Dolina dell’acqua poiché nel fondo è piena d’acqua.
Facciamo parecchi prigionieri che non oppongono alcuna resistenza e sono ansiosi di essere avviati al più presto nelle nostre retrovie. Evidentemente temono di essere riacciuffati da una possibile controffensiva da parte dei loro commilitoni! Do gli ordini per organizzare immediatamente a difesa la dolina e chiedo nel contempo al Comandante del Battaglione dei rinforzi.”
Complimenti vivissimi, Avv. Vincenzo Viceconte, per l’articolo scritto nella ricorrenza del 100° anniversario dell’entrata in guerra dell’Italia. E’ vero, questa ricorrenza viene vissuta non con particolare gioia, perché il conflitto fu foriero di lutti, dolori e sofferenze per l’intera nazione, ma ha avuto il merito, tra gli altri, di cementare nelle trincee quel senso comune di appartenenza che costituirà la base etico-sociale dell’Unità d’Italia. Mi fa piacere apprendere che, tra i tanti benemeriti combattenti francavillesi, il Capitano dott. Antonio Ferrara abbia meritato tanti encomi nel compimento del suo servizio. Hai così, caro Vincenzo, aggiunto una pagina di indubbio valore storico alla ricostruzione della nostra memoria francavillese. Penso di interpretare anche la gratitudine diffusa per l’ annunciata pubblicazione dell’archivio fotografico del tuo compianto nonno materno Vincenzo Di Nubila che sicuramente darà un validissimo contributo alla ricerca che un costituendo comitato ha in mente di portare avanti, per dare luce alla storia sommersa della nostra comunità. Mi onoro formularti l’accorato invito a far parte di questo costituendo Comitato che, Francavilla Informa, meritoriamente, sta promuovendo.
Ti ringrazio e ti saluto con affetto.
Giovanni Fortunato
Caro Vincenzo come sempre perfetta la descrizione storica accompagnata da una bella iconografia.La storia del Cap.Dott. Ferrara mi era sconosciuta.Francesco Mele era forse il padre del Prof. Giorgio?.Mio nonno Luigi(l’orefice) durante la guerra fu fatto prigioniero e portato in Germania in un campo di prigionia,dove prestò la sua opera da orologiaio e questo rese meno dura la stessa(me lo raccontava con dovizi di particolari,come tu forse ricordi i suoi racconti, mio padre).
Oggi mi sono recato al Vittoriano dove visite guidate illustravano la storia del monumento. Grande emozione davanti alla tomba del Milite Ignoto(scelto da una mamma tra 11 altre salme di giovani ignoti caduti al fronte).Emoziante il film Luce sul trasprto del Soldato Ignoto da Aquilea a Roma. Ho fatto delle foto che ti manderò
Un abbraccio Luigi(G) Perrone-Roma.
Ho letto con vivo interesse e commozione quanto da te,caro Vincenzo,scritto e riportato dai diari di Antonio Ferrara.Due coincidenze mi hanno reso partecipe:Leonardo Ferrara,professore di diritto amministrativo all’universita’ di Firenze e’ il Maestro di Giulia,moglie di mio figlio Mario,anche lui docente universitario nello stesso ambito di specializzazione ed e’ dalla relazione Giulia/Mario e Leonardo che mi e’giunta la tua bella testimonianza.La seconda coincidenza e’ stata la mia partecipazione alla celebrazione del centenario a Centola,organizzata con grande competenza da Ezio Martuscelli,mio cugino,figlio di Anna Ferrara,sorella di mio padre,e di Antonio Martuscelli,anche lui protagonista ,come tenente, nel tragico evento . Insomma,pensieri ed emozioni che mi hanno fatto riscoprire il valore della memoria e il senso delle radici.Un grazie di cuore ai miei cugini Vincenzo ed Ezio!
P.S Potrebbe esser utile un contatto con Ezio per la comune passione per la storia e la testimonianza.Su Internet alla voce Ezio Martuscelli troverai notizie.Un abbraccio,Paola Ferrara
Le parole di compiacimento di mia cugina Paola Ferrara per la mia testimonianza sulla Grande Guerra mi hanno molto lusingato ed emozionato, tanto più che ho riportato stralci del diario di vita sul fronte scritto da un suo zio, Antonio Ferrara (fratello di suo Nonno Luigi), le cui pagine mi hanno davvero affascinato perché testimoniano la eroica partecipazione dei nostri concittadini alla Prima Guerra mondiale e ci fanno sentire ancora più vicini a questo conflitto ed alle sofferenze patite dai nostri soldati.
Anche per questo ho preso, d’accordo con i figli dell’autore del diario ( i quali, privatamente, mi hanno espresso il loro vivo apprezzamento), la decisione di inserire nel libro che sto per pubblicare sulle foto scattate, nel primo Novecento, da mio Nonno Vincenzo Di Nubila anche gli scritti di Antonio Ferrara.
Volevo dire a Paola (che ringrazio) che già da tempo ho “scoperto” su internet la pubblicazione storica di Ezio Martuscelli, di cui tra le altre cose ho letto, con grande attenzione e passione, le lettere del padre e dello Zio durante le due guerre mondiali, oltre ad avere letto l’articolo di un giornale sul quale è riportata la notizia della festa del battesimo di sua zia Lilia, tenutasi, nel 1929, nella casa del nonno materno di Francavilla sul Sinni e ad aver visto una bellissima foto degli anni ’30 dei coniugi Martuscelli-Ferrara con mio Zio Luigi Viceconte a Villammare.
Avevo sempre in animo di incontrare Ezio per scambiarci tutte le notizie storiche, di famiglia ed in generale, in nostro possesso e credo che sia giunto il momento di fare questo incontro (anche perché ho riservato ad Ezio un omaggio librario su vecchie foto della nostra area che gli farà piacere leggere).
Un grande abbraccio
Vincenzo
Ringrazio il Prof. Giovanni Fortunato per le belle parole avute nei miei riguardi per la interessante “scoperta”, su Internet del Diario di guerra del nostro concittadino Dott. Antonio Ferrara. E’ stato davvero un ritrovamento emozionante, dovuto più che al caso alla mia passione per la ricostruzione della memoria storica del nostro paese che spesso mi fa scoprire foto, cartoline o documenti di cui non si conosceva affatto l’esistenza!
La cosa ancora più lusinghiera è stata quella ricevere da parte degli eredi di Antonio Ferrara i più vivi apprezzamenti per aver fatto conoscere ai cittadini del suo paese natio l’esistenza di tale importante documento storico ( depositato, da vari anni presso il Museo del Diario di Pieve S.Stefano), che già era stato divulgato a livello nazionale attraverso la pubblicazione di alcuni stralci sul settimanale “L’ Espresso” (che, ricordo a tutti, a partire dal prossimo 5 giugno riprenderà a pubblicare i più interessanti pezzi dei Diari di guerra, tra cui anche quelli del nostro concittadino).
Come pure, mi fa piacere apprendere dell’interessamento del Prof. Fortunato circa la mia prossima pubblicazione sulle foto di mio Nonno Vincenzo Di Nubila che sicuramente darà un qualificato apporto alla ricostruzione della memoria collettiva di Francavilla sul Sinni.
E’ chiaro che mi farà piacere dare il mio modesto contributo al comitato di storia locale che si andrà a costituire, convinto come sono che soltanto la profonda conoscenza delle nostre radici e tradizioni permetterà a noi ed ai nostri discendenti di costruire un futuro più solido, consentendoci di vivere, nel frattempo, un presente ancora più consapevole della gloriosa storia della nostra comunità.
Cordiali saluti
Vincenzo Viceconte