Giovanni Gazzaneo
Il battere di mani della suora caposala mise in agitazione il personale:
– Arriva la madre dell’onorevole!
E tutti a correre, a preparare.
– La stanza! E’ in ordine? Ci sono gli asciugamani? Ci sta la carta igienica?
– Ma come, manca la lampadina in bagno?… Suor Maria, mi dicono che s’è fulminata la lampadina del bagno!
– Chiamate l’elettricista, che aspettate? Ossignore, fammi avvertire la cucina!
– Arriva, arriva! Ha preso l’ascensore!
Medici e infermieri del piccolo ospedale si schierarono in bell’ordine nell’attesa dell’illustre ospite: dovuta deferenza per la genitrice di chi li aveva “sistemati” uno per uno, là dentro.
La nuova arrivata si presentò sopra una sedia a rotelle, attorniata e seguita da uno stuolo di inservienti che le portavano valigie, borse e pacchetti.
Era ormai il terzo o quarto soggiorno che la madre dell’onorevole Gerlando Lo Cane si accingeva a trascorrere all’ospedale: ancora una volta, da Ognissanti a San Giuseppe, una comoda invernata al caldo.
Eh già… ché nelle antiche case padronali generalmente mancano i termosifoni. E per farli mettere ci vogliono tanti quattrini. E quando ci sono, costa l’ira di Dio farli funzionare. Anche per la famiglia di un onorevole. E siccome per i Lo Cane la parola “spendere” era considerata alla stessa stregua di “peccato mortale”, i termosifoni nella loro grande casa non erano mai stati fatti installare.
La donna venne allogata nella solita stanza con finestra a mezzogiorno, nel reparto dozzinanti. Stavolta c’era pure la televisione portatile presa a noleggio: omaggio del corpo sanitario, spiegava il bigliettino. I fiori freschi davanti al quadretto della Madonna di Pompei li aveva sistemati la suora.
La “paziente” s’era fatta accompagnare dalla più giovane sorella (nubile), la quale non si faceva ricoverare assieme a lei per una ragione sola: chi avrebbe badato nel frattempo alla casa? L’onorevole non aveva moglie… quello era rimasto signorino, e poi stava a Roma: al paese lo si vedeva solamente una volta ogni mese o due, quando veniva a raccogliere le raccomandazioni o a fare il compare a battesimi, cresime e matrimoni. Affidare la casa ad estranei, non se ne parlava nemmeno, sicché… pazienza, mica tutto si può avere.
Il figliolo s’informò la sera stessa, tramite interurbana urgentissima da Montecitorio:
– Caro professore… mi dicono che l’hanno sistemata da te, la mamma.
– Come sempre, onorevole.
– Allora… posso stare tranquillo?
– Tranquillissimo.
– Ho saputo del gentile pensiero: la televisione, non dovevate…
– Sciocchezze, sciocchezze.
– L’avete fatta contenta, ché va proprio pazza per “Lascia o raddoppia?” e per quell’altro gioco… come si chiama… ah, il “Musichiere”.
– Ci fa tanto piacere che la mamma si diverta, onorevole.
– Ci sentiamo. Ti chiamerò ogni tanto per avere notizie.
– A completa disposizione… giorno e notte.
Mammà al sicuro, servita e riverita meglio che al Grand Hotel, e i dottori a portata di mano per ogni evenienza; la zia di guardia alla casa, lui a Roma per badare alla Nazione: meglio di così… L’onorevole Lo Cane era più che soddisfatto.
Per quasi due mesi anche stavolta tutto andò come doveva andare, nel senso che nessuno (e chi mai si sarebbe arrischiato?) ebbe alcunché da eccepire riguardo alla permanenza della signora in ospedale a scaldare il letto.
Poi, sotto Natale, proprio quando la gente se ne dovrebbe stare in famiglia a badare ai casi suoi, ecco l’imprevisto: un nuovo medico fiscale della mutua, appena giunto da fuori. Un tipo, si diceva, rognoso, testardo e indagatore.
Ebbene, che ti fa questo… questo inquisitore della Sanità? Decide di passare le feste andando a spulciare nelle carte riguardanti i ricoveri presso il locale nosocomio. Raccoglie alcune pratiche sospette, si fa aprire gli archivi. Gli capita sotto mano la documentazione riguardante la madre dell’onorevole: poco ci manca che fa un colpo. Si informa immediatamente da uno degli impiegati:
– Chi è questa vecchia che da anni ha scambiato l’ospedale per un albergo?
– Come, chi è?… Si vede proprio che lei non è di queste parti. E’ la madre dell’onorevole Lo Cane.
Il medico appoggiò il gomito sulla mano e prese ad accarezzarsi il mento:
– Lo Cane… Lo Cane… Ma non è quello che parlano di fare ministro? L’amico dei preti?
– Ah, questo è vero! E’ tanto di chiesa, l’onorevole… A messa tutti i giorni: un santo!
– Ah, sì? Bravo! Io invece sono un libero pensatore!
Così dicendo e lasciando interdetto l’impiegato, corse difilato a scomodare il primario, anche se era in ferie.
Questi s’inventò di tutto, ma l’altro era un osso duro. Messo alle strette, pregò, tirò fuori lo spirito di colleganza, intrecciò le dita delle mani implorando “per favore”. Inutile. Alla fine tentò con le minacce, tirando in ballo la longa manus dell’onorevole.
– Provi a ripetere una cosa del genere e, parola mia, la rovino! – l’annientò l’ostico medico fiscale. Il quale (tant’era sicuro del fatto suo) nominò a tempo di record una commissione di periti.
E i periti non poterono fare altro che dare ragione al Robespierre. Cuore e pressione a posto, esami del sangue e delle urine a posto, radiografie altrettanto: la madre dell’onorevole doveva tornarsene a casa entro ventiquattrore. Primario volente o nolente.
La sorella della ricoverata, avvertita della novità, si recò all’ospedale nel pomeriggio. Quando fu nella stanza occupata dalla congiunta, questa se la russava.
Chiusa la porta a chiave, cavò dalla borsa una bottiglietta sulla quale stava scritto: “Cera per pavimenti”. Ne versò quanto bastava sulla soglia del bagno, strofinò ben bene, nascose recipiente e straccio e attese.
La vecchia si svegliò alla solita ora, bofonchiando:
– Devo fare pipì.
– Vai, vai… – fece la sorella porgendole un paio di pantofole con la suola di cuoio.
– E queste pantofole?
– Sono mie. Le tue le ho portate dal calzolaio, ché avevano bisogno di due punti alla tomaia.
– Presto, presto, mi scappa…
– Sbrigati allora! Se no te la fai addosso e mi tocca cambiarti pure la sottoveste.
La vecchia s’infilò le pantofole e si precipitò verso il bagno.Arrivata sulla soglia, appoggiò il piede nel punto giusto e, come la sorella aveva sperato, effettuò il volo.
Solo che l’autrice del piano aveva pensato: – Così si ammacca un paio di costole e ce la tengono ancora un mesetto o due… – Mentre, già ad un primo esame, la situazione si presentò ben più seria: la madre dell’ormai prossimo ministro Lo Cane aveva riportato un tremendo trauma cranico con conseguente commozione cerebrale. Tant’è vero che, perduta conoscenza, non la riprese più.
Però ci impiegò tre mesi buoni prima di decidersi ad abbandonare i vivi: giusto per farsi anche quell’anno l’intera invernata all’ospedale.
Carissimo Giovanni, troppo forte…perche’ Tu sei forte. Con affetto ti saluto.