La libertà dell’uomo è prima che dell’economia

 

PapaSquinziNei giorni scorsi, per la prima volta nei suoi 106 anni di storia Confindustria è “entrata” in Vaticano per il cosiddetto Giubileo degli industriali. Settemila soci aderenti alla principale associazione nazionale di imprese hanno partecipato all’udienza con papa Francesco.

Un incontro denso di significato, come sottolineato anche dal presidente Giorgio Squinzi. “Il mondo dell’impresa – ha detto il numero uno degli industriali – non può dare risposte immediate ai grandi quesiti planetari, ma disponiamo di un bene prezioso: l’impegno nostro e delle nostre aziende. Sappiamo bene di essere uomini che sbagliano come tutti. Tuttavia le tante storie, vicissitudini e successi su cui sono state costruite le nostre imprese hanno le loro radici più profonde nel duro lavoro e il giusto profitto, senza il quale solidarietà è una parola vuota di senso.”

L’invito di Bergoglio a Confindustria è a impostare il lavoro non sul genio solitario di un individuo, ma sulla collaborazione di molti. Significa, in altri termini, “fare rete” per valorizzare i doni di tutti, senza però trascurare l’unicità irripetibile di ciascuno.

La missione che Francesco ha affidato agli imprenditori è a fare del “bene comune” la bussola che orienta l’attività produttiva, perché cresca un’economia di tutti e per tutti, che non sia insensibile allo sguardo dei bisognosi. Essa è davvero possibile, a patto che la semplice proclamazione della libertà economica non prevalga sulla concreta libertà dell’uomo e sui suoi diritti, che il mercato non sia un assoluto, ma onori le esigenze della giustizia e, in ultima analisi, della dignità della persona. Perché – ha concluso il Papa – non c’è libertà senza giustizia e non c’è giustizia senza il rispetto della dignità di ciascuno.

Don Camillo Perrone
Don Camillo Perrone

Ai membri di Confindustria, il Papa ha anche chiesto di non dimenticare le famiglie, ma anche gli anziani e soprattutto i giovani disoccupati. Nel complesso mondo dell’impresa, – ha spiegato Francesco – ‘fare insieme’ significa investire in progetti che sappiano coinvolgere soggetti spesso dimenticati o trascurati. Tra questi, anzitutto, le famiglie, focolai di umanità, in cui l’esperienza del lavoro, il sacrificio che lo alimenta e i frutti che ne derivano trovano senso e valore. E, insieme con le famiglie non possiamo dimenticare le categorie più deboli e marginalizzate, come gli anziani che potrebbero ancora esprimere risorse ed energie per una collaborazione attiva, eppure vengono troppo spesso scartati come inutili ed improduttivi. E che dire poi – si è domandato il Papa – di tutti quei potenziali lavoratori, specialmente dei giovani che prigionieri della precarietà o di lunghi periodi di disoccupazione, non vengono interpellati da una richiesta di lavoro che dia loro, oltre ad un onesto salario, anche quella dignità di cui a volte si sentono privati?

Tutte queste forze, insieme, possono fare la differenza per un’ impresa che mette al centro la persona, la qualità delle sue relazioni, la verità del suo impegno a costruire un mondo più giusto, un mondo davvero di tutti.

In casa lucana diciamo che è indetta per il prossimo 19 marzo una marcia per il lavoro a Potenza.

In questo contesto i sindacati lucani lanciano “proposte concrete per dare una nuova speranza ai giovani, ai disoccupati, alle donne, ai poveri, agli espulsi dai cicli produttivi e per costruire un futuro migliore per le nuove generazioni puntando sulle risorse del territorio”.

In un periodo di incertezza sociale ed economica chi ha responsabilità pubbliche deve sentire, promuovere e testimoniare l’esigenza di diventare quasi un presidio per le categorie più deboli; soprattutto verso coloro che, senza loro colpa, mancano di stabilità e sicurezza nel lavoro. È necessario, perciò, che essi uniscano onestà, autorevolezza e professionalità nello svolgimento dei compiti propri del loro ruolo.

Ciò favorirà, attraverso una concreta e vera promozione del bene comune, un reale servizio alla giustizia e alla pace. Lo ricorda espressamente il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa: “Il ruolo di chi lavora nella Pubblica Amministrazione non va concepito come qualcosa di impersonale o burocratico, bensì come un aiuto premuroso verso i cittadini, esercitato con spirito di servizio” (n.412).

La migliore apologia che la Chiesa può fare di sé è il fatto che, dove essa è stata presente nella vita degli uomini e della società, l’uomo è stato più se stesso, ha vissuto maggiormente la sua libertà, la sua responsabilità e la sua capacità di creatività.

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