Un Papa venuto da lontano che visitò la Basilicata

 

Papa Giovanni Paolo II a Matera
Papa Giovanni Paolo II a Matera

Il 16 ottobre del 1978, un grido di giubilo da Piazza San Pietro attraversa il mondo intero: “Abbiamo il Papa!“.

Al balcone della Loggia, il nuovo eletto: Karol Wojtyla, già arcivescovo di Cracovia, che aveva preso il nome di Giovanni Paolo II, così si espresse: “Gli eminentissimi cardinali hanno chiamato un nuovo vescovo di Roma… l’hanno chiamato da un paese lontano… lontano ma sempre così vicino per comunione nella fede e nella tradizione cristiana“.

Si notava nelle sue parole la consapevolezza di una novità, di fronte ad una tradizione, rimasta immutata da 450 anni.

Risuona ancor oggi l’eco del vibrante appello, che, il 22 ottobre 1978, il Papa nuovo rivolse alla Chiesa e agli uomini di buona volontà: “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo“.

Allora si parlò di dilatazione della funzione papale, di una strada nuova con un’uscita nell’ordine dello spirituale, senza obliterare l’ordine delle attività umane, del pratico, del politico.

L’elezione, segno dei tempi, chiamava e sollecitava la Chiesa a pronunciare ampiamente la Verità di cui è custode, una esigente richiesta di annuncio apostolico alle genti.

Nei giorni 27 e 28 aprile 1991 Papa Giovanni Paolo II venne in Basilicata a confermare la nostra fede e a consolidare ancor più l’unità e la comunione della Chiesa con la fede di Pietro e con la Chiesa universale.

In particolare incontrò tutti gli amministratori per ricordare loro il senso di servizio all’uomo; gli operatori del mondo del lavoro sottolineando il rispetto della dignità dell’uomo e il diritto che si ha all’occupazione, gli operatori della scuola aperta all’autosviluppo dell’uomo, incontrò inoltre le persone consacrate: sacerdoti, religiosi, religiose, seminaristi per ridare slancio pastorale e spirituale.

don camilloAl di là delle solenni celebrazioni di accoglienza, il fatto saliente fu l’incontro diretto del Papa con la nostra gente, alla quale portò il dono del suo cuore di Padre premuroso. Venne a consolare i nostri cuori, a correggere i nostri difetti, a suggerire nuovi propositi per la nostra vita cristiana, a infondere speranza per vivere e superare con fede le difficili situazioni della nostra regione.

Il suo passaggio in mezzo a noi fu apportatore di fede, di speranza e di amore in questi tempi travagliati e angosciosi per l’intera umanità. Portò un’onda di fiducia alla nostra regione provata da specifiche sofferenze che attanagliano giovani e anziani, sani e malati di ogni genere, e quanti lottano e sperano in una vita giusta. La sua venuta – vero evento di fede – per noi è stata un’ottima chiave di lettura per superare il pericolo di essere superficiali, trascurati, nell’accostarci alle radici del bene.

Ha condiviso con noi le situazioni liete e penose, e per riaffermare: che per il vero progresso della società è necessario guardare a Cristo, che vuol salvare tutto l’uomo e tutti gli uomini.

Degno di essere ricordato è il seguente messaggio: “Il popolo della Basilicata ha bisogno non di uno sviluppo distorto, dipendente, assistito, bensì di uno sviluppo “autopropulsivo” e globale.

Uno sviluppo che favorisca la ripresa in tutti i campi, che sia sorretto da una speranza fondata sul coinvolgimento di tutte le strutture sociali interessate, che sia aperto ad una reale solidarietà. Occorre passare dall’assistenzialismo sistematico alla ricerca di forme nuove di rilancio economico, valorizzando le strutture di cooperazione, il terziario e i servizi sociali”.

Secondo Giovanni Paolo II la fede è in grado di rendere il popolo capace di cultura e creatività sociale.

Il cristianesimo si può presentare come nuova forma culturale capace di influire sulla concezione dell’uomo e dei rapporti come fattore genetico.

Negli anni del suo lungo pontificato, sui sentieri della pace, della libertà, della solidarietà, i suoi interventi, i Sinodi, la sua produzione magisteriale hanno evidenziato un’epifania di umanità, ricca di sapore celeste.

La ricchezza del suo magistero è tale da rendere difficile un tentativo di sintesi, tale da abbracciare la forza del “cantore” della bellezza di Dio, riflessa nella dignità dell’uomo.

In tempi di progressiva secolarizzazione del pensiero e della vita, non ha mancato di alzare la voce per illuminare, sostenere, confortare quanti, impegnati nella evangelizzazione, portano avanti il comando di Cristo: “Andate in tutto il mondo e ammaestrate tutte le nazioni”.

Roccia di fermezza e tenerezza di cuore, strenuo paladino dei diritti dell’uomo, banditore del messaggio evangelico, si è imposto per il dinamismo, per il suo carisma, ma soprattutto per la fede. La sua sfida è stata l’ansia di evangelizzare; per questo si è fatto pellegrino sulle strade del mondo, per cui possiamo definire il suo ministero, quello di essere “itinerante”. Anche i non credenti di ogni tipo e Paese, da Gorbaciov e Reagan ai leaders religiosi non cattolici e non cristiani, sono ammirati dall’ardore, da lui stesso indicato, con questi termini: “dobbiamo rendere ai popoli il servizio della verità e smascherare soprusi e distorsioni”.

Ha scritto un prezioso libro dal titolo: “Varcare le soglie della speranza”. Era un’esortazione importante rivolta a tutti gli uomini, “un’esortazione a vincere la paura in una grave situazione mondiale, sia in Oriente che in Occidente, tanto al Nord quanto al Sud… non abbiate paura di tutto ciò che l’uomo ha creato… non abbiate paura di voi stessi!”

Quando urlò al mondo queste parole, era influenzato dalla situazione politico militare del momento: la guerra fredda, l’insanabile conflittualità capitalismo/comunismo, la contrapposizione dei blocchi Patto Nato e Patto di Varsavia, e, sullo sfondo, il pericolo dell’olocausto nucleare.

I tempi ora sono profondamente cambiati e lui stesso ha contribuito a far virare la storia. Ma sullo sfondo c’è ancora, corposa, incombente, la paura, sempre uguale a se stessa, sempre imperturbabilmente presente… la alimentano i disastri alimentari… e la perenne avidità dell’uomo! Non c’è vera civiltà se il cammino dell’uomo è solo contrassegnato dalla crescita tecnologica, scientifica, dal fattore economico e dal materialismo.

Si impone il progresso spirituale affinchè la degenerazione sociale già in atto non acceleri con conseguenze imprevedibili e imponderabili.

Il Papa polacco ammonisce <<Aprite alla potenza salvifica di Dio le porte degli Stati, i sistemi economici e politici, i vasti campi della cultura>> per l’autentico sviluppo dell’uomo.

In conclusione auspichiamo che la Basilicata – alle prese oggi con scenari e scossoni epocali, – le comunità ecclesiali, le Istituzioni si aprano all’accoglienza della parola evangelizzatrice del Papa, per scrivere la nostra storia di salvezza in questa terra amara e forte.

 

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