Beatrice Ciminelli
Per la prima volta, il presidente della Repubblica francese, François Hollande, ha cominciato a chiamare per nome il nemico che, a Nizza, sulla Promenade des Anglais, ha strappato la vita ad almeno 84 persone innocenti: il terrorismo islamista, non un terrorismo qualsiasi, quello islamista. Ha usato quell’aggettivo che aveva fatto fatica a impiegare dopo Charlie Hebdo e il Bataclan . Tardi, ma lo ha fatto, perché non ci si può più nascondere dinanzi a una minaccia islamista che in Francia sta assumendo proporzioni immani, che è in grado di colpire come e quando vuole, anche nel giorno della celebrazione della liberté, nel cuore della fierezza francese, il 14 luglio 1789, data storica della presa di Bastiglia, che tre secoli dopo diventa la notte della mattanza. La Francia si riscopre debole e ripiomba nell’incubo del terrorismo.
Persino Michele Serra, su Repubblica, all’indomani della strage di Dacca, ha osato dire che i terroristi sono islamici. Deo gratias, lo hanno ammesso. Sì, sono islamici e lo sono da ben 15 anni, da quando hanno distrutto le Torri Gemelle nel 2001 e hanno attaccato Madrid nel 2004. Ed è sempre di matrice islamica chi ad Amsterdam uccise Theo van Gogh colpevole di girare documentari sulla schiavitù delle donne musulmane. La belva, che dopo averlo ucciso, gli aprì il ventre, ficcandoci dentro una lettera contenente minacce contro i Paesi occidentali, al processo sibilò alla mamma di Theo: «Io non provo alcuna pietà per lei. Perché lei è un’infedele». Cani infedeli, così ci definisce il Corano. Badate bene, l’Islam è il Corano, non esiste un Islam moderato, perchè non esiste un Corano moderato. E il Corano è incompatibile con la Libertà, con la Democrazia, con i Diritti Umani. Quindi l’Islam moderato non esiste, è un po’ come il concetto di Babbo Natale, va bene fino ad una certa età, ma poi, dato che non si rimane bambini per sempre, si arriva a fare i conti con il mondo reale.
Dicevamo. Colpiscono ovunque e comunque. Dirottano aerei, fanno esplodere bombe nelle metropolitane, distruggono i templi di Palmira, detestano la nostra civiltà.
A Dacca hanno massacrato nove nostre eccellenze, colpendole una ad una dentro un ristorante preso d’assalto con una facilità sconcertante da un commando dell’Isis. La metà erano donne: Adele, Claudia, Nadia, Maria e Simona, incinta del primo figlio. A colpi di terrore e di machete. Sono bestie. Risparmiano chi recita il Corano, infieriscono sui cadaveri di questi martiri e si fanno esplodere in vista di un paradiso di 72 vergini e fiumi di latte e miele.
Eppure, sicuramente, anche oggi ci sarà qualche Boldrini qualunque, che non se la sentirà di dire che questa è una guerra. Che siamo in guerra. Ci sarà ancora qualche Bergoglio che chiamerà l’Islam religione di pace.
Invece, cari Boldrini et similia, questa è una guerra. Il fanatismo religioso islamico e i loro adepti provengono da una parte ben definita del mondo, professano un credo ben chiaro e si nascondono come serpenti in ogni nazione d’Europa, pronti ad iniettare il proprio veleno.
Ora l’obiettivo è la Francia, quella che ci dava lezioni di integrazione e di immigrazione, domani sarà di nuovo l’Inghilterra, il Belgio, la Spagna. Finché ne rimarrà anche solo uno in vita, sarà sempre così. Senza tregua. L’assassino che il 14 luglio guidava quel camion bianco a Nizza era un franco-tunisino di fede islamica, che ha fatto 2 chilometri a zig zag per falciare più persone possibili.
Ci odiano. Odiano tutti i cristiani del mondo. Indistintamente. Anzi, odiano anche quelli che cristiani non sono, ma che non sono come loro. Che non osservano il Ramadan, ad esempio. Che hanno unghie laccate di rosso. Che bevono champagne. E quindi non c’è via di scampo. Non accettano il nostro modo di pensare, di vivere, di divertirci, di viaggiare.
Diciamoci la verità, ci sentiamo inermi di fronte a questo nemico, ma lo siamo ancora di più perché i nostri governanti, chiusi nel loro ridicolo buonismo di Stato, non si indignano, non permettono ai loro cittadini di essere liberi di passeggiare, sulla Promenade di Nizza, accanto ad un banalissimo chiosco di caramelle.
Le marce, i vari “je suis”, le fiaccolate? Intenti nobilissimi, ma non ci aiutano a sconfiggere il cancro. E allora, lo vogliamo estirpare questo cancro, guardandolo per quello che è, come il medico seziona il cadavere sul tavolo operatorio? Altrimenti restiamo ciechi. Ciechi che vedono, ciechi che, pur vedendo, non vedono.