Antonio Amatucci
Più volte, nei mesi scorsi, abbiamo stigmatizzato negativamente la metodologia assunta a base della proposta del riordino della sanità in Basilicata elaborata dai tecnocrati regionali, che, certificando una serie di numeri assunti a parametri ineludibili per le scelte politiche, hanno articolato una riorganizzazione sanitaria, che centralizza la sanità nel capoluogo di regione, svilendo le istanze dei territori, già depauperati scientificamente dei servizi nel corso degli anni, che vengono ulteriormente privati delle più elementari garanzie costituzionali.
Il disegno di legge licenziato dalla Giunta Regionale con DGR n. 877 del 29.07.2016, che recepisce integralmente l’ipotesi finale di riordino predisposta da un Comitato Tecnico all’uopo nominato, è stato esaminato ed approvato dal Consiglio Regionale nella seduta del 29/30.12.2016 ed il Presidente della Giunta Pittella ha promulgato la Legge Regionale n. 2 recante il “Riordino del sistema sanitario regionale”, pubblicata sul Bur della Regione n. 1 del 16.01.2017.
Invero il dibattito sviluppatosi nei mesi passati con il coinvolgimento di vari soggetti istituzionali, associazioni, sindacati, il mondo sanitario e tutte le sue articolazioni, cittadini, territori in senso lato, aveva fatto auspicare che il riordino fosse la risultante finale di quell’ ampio dibattito; in realtà le norme emanate, di difficile comprensione, determinano una rivoluzione che segnerà negativamente la storia non solo sanitaria, ma sociale ed economica di questa regione.
La legge regionale n. 2/2017, recante “ Riordino del Sistema Sanitario Regionale di Basilicata “, infatti, stranamente sottovalutata dagli organi di informazione e dalle forze politiche, avvia una vera e propria rivoluzione nella organizzazione sanitaria della nostra regione, con grave sperequazione e danno per i territori marginali, già deboli dal punto di vista economico e sociale, determinando un accentramento di poteri decisionali ed organizzativi in capo ad una oligarchia centralistica lontana dalle esigenze e dalle emergenze dei territori.
La legge, ad una prima facie, non sembra contenere in sé tutte le novità che saranno esplicitate di seguito, in quanto artatamente il Legislatore Regionale cerca di rendere sintetica l’enucleazione dell’articolato, che va letto correlandolo con la Relazione di accompagnamento e, soprattutto con la delibera della Giunta Regionale n. 876 del 29.7.2016, integralmente recepita dalla Giunta Regionale nel disegno di legge n. 108/2016, che traduce in norme giuridiche le proposte del Comitato Tecnico nominato con delibera n. 1591/2015.
La lettura ermeneutica della legge, combinata con la relazione e la proposta del Comitato Tecnico, finisce per risultare illogica, determinando una articolazione della sanità lucana confusa ed irrazionale.
La riorganizzazione del servizio sanitario nel testo finale contempla una doppia organizzazione:
a) la provincia di Matera, sostenuta dal peso politico dell’intera classe politica materana, mantiene la propria Azienda Sanitaria di Matera, che ingloba l’Ospedale Madonna delle Grazie Dea di 1° livello, l’Ospedale di base per Acuti di Policoro, gli Ospedali Distrettuali di Tinchi, Tricarico, Stigliano, direttamente organizzati e gestiti dall’azienda, che diventa committente e produttrice di D.R.G e che, pertanto, commissiona i ricoveri ai suoi ospedali ed incamera essa stessa le tariffe;
b) la provincia di Potenza sarà così articolata:
1) l’Azienda Sanitaria di Potenza, che gestirà anche il Servizio di Emergenza-Urgenza, ingloberà gli Ospedali Distrettuali di Pescopagano, Lauria, Maratea e Chiaromonte tutti dediti alla post- acuzie, alla lungodegenza ed al mantenimento di qualche servizio residuale, diventerà sostanzialmente solo committente e dovrà essa stessa pagare le tariffe a D.R.G all’Azienda Ospedaliera San Carlo;
2) l’Azienda Ospedaliera San Carlo sarà produttrice di D.R.G e sarà articolata nello stesso
San Carlo DEA di 2° livello e negli Ospedali di Lagonegro, Melfi e Villa d’Agri, identificati quali Ospedali di Base, sede di Pronto Soccorso, che hanno, pertanto, precisa connotazione giuridica definita dall’art. 9.2.1 del D.M 70/2015;
3) gli Ospedali Distrettuali, quali quello di Chiaromonte, vengono ricondotti alla ”specifica vocazione alla lungodegenza ed alla riabilitazione, diventano sede elettiva di sperimentazione di gestione territorio-ospedale, in cui vengono presi in carico i malati cronici”; la mancanza del Pronto Soccorso sarebbe compensata da un ipotetico servizio di Elioambulanza Regionale, per il quale lo stesso documento allegato alla proposta (all.n.3) paventa “ difficoltà da superare previo l’intervento di rimozione di ostacoli alla navigazione”;
4) è prevalso, per fortuna, il buon senso per il CROBB di Rionero che mantiene la sua autonomia “organizzativa” e speriamo con essa la sua attuale eccellenza. Mentre per la provincia di Matera, cioè, resta tutto invariato sotto il profilo organizzativo, funzionale ed amministrativo, con autonomo potere decisionale ed organizzativo anche per i cosiddetti ospedali distrettuali, per la provincia di Potenza vige un doppio regime: l’Ospedale San Carlo e quelli di Lagonegro, Villa d’Agri, Melfi dipenderanno dalla Direzione Generale dell’Azienda Ospedaliera San Carlo e, pertanto, sotto il profilo organizzativo e funzionale avranno un’unica regia, gli ospedali distrettuali di Chiaromonte, Lauria, Maratea e Pescopagano dipenderanno dalla Azienda Sanitaria di Potenza e, pertanto, dal punto di vista funzionale dipenderanno da altra Direzione Generale, la quale non potrà neanche avvalersi del personale medico e paramedico degli ospedali facenti capo all’Azienda Ospedaliera San Carlo, se non previa autorizzazione di volta in volta di quella Direzione Generale. Viene meno così anche la ipotesi di ospedali in rete e/o per intensità di cure che timidamente si era affacciata in una prima ipotesi di riorganizzazione.
La lettura e l’interpretazione ermeneutica della Legge, ovviamente, desta perplessità sotto il profilo del procedimento amministrativo adottato e soprattutto incredulità sul piano politico, in quanto improntata a dare risposte alla logica dei numeri e della mera contabilità, centralizza la sanità lucana (il San Carlo perderà la sua peculiarità di ospedale per le eccellenze) e non tiene conto dei bisogni dei territori, penalizzati e depauperati degli ultimi baluardi di garanzia e salvaguardia di diritti costituzionali, tra i quali possiamo annoverare i LEA, di recente rivisitati dalla Lorenzin, ai sensi dell’art. 117 della Costituzione.
La Legge manca di un respiro ampio, non vengono individuati i veri bisogni e non vengono affrontati i veri nodi del declino della sanità lucana, che si caratterizza per la mobilità passiva, che è poi esemplificazione della sfiducia del cittadino.
La sua redazione non è preceduta da alcuna analisi dei bisogni e delle criticità emerse nel corso degli anni; vi è solo la spasmodica ricerca di risultati che possiamo definire ragionieristici e denota un respiro breve, che non risolve i problemi della sanità in una società civile già in crisi, la quale regredisce ancora di più nella sua organizzazione, se regrediscono le risposte ai più elementari diritti.
Ecco perché la L.R n.2/2017 non piace ai sindacati, ai professionisti medici del San Carlo e degli Ospedali, ai territori, ad alcuni consiglieri regionali preoccupati della “contaminazione” che il San Carlo potrebbe ricevere dall’accorpamento degli Ospedali minori.
In assenza di un minimo di servizi territoriali, poi, relegare gli Ospedali Distrettuali a meri luoghi di presa in carico di lungodegenti, senza invece rafforzare il loro ruolo di 1° baluardo della difesa della salute dei cittadini, costituisce un arretramento sociale e civile, laddove i nuovi bisogni e le nuove emergenze imporrebbero un’articolata rete territoriale, che abbia nell’Ospedale zonale il primo riferimento.
Qui non si chiede di ripristinare i vecchi ospedali, depotenziati scientificamente nel tempo, ma di interventi e prospettive minimi previsti dal D.M 70/2015 e dalle Linee Guida Ministeriali per le Aree Disagiate. Si chiede il rispetto di una norma che è cogente, la cui applicazione deve essere preceduta da un’analisi seria e documentata. Si chiede che il D.M non venga applicato solo per i parametri convenienti, ma anche per tutte le previsioni, compresa quella in ordine alla sicurezza ed alle prescrizioni del punto 6.3.
Il territorio del Medio Sinni –Sarmento- Serrapotamo, oggettivamente area disagiata, peraltro territorio di Parco Nazionale del Pollino, richiede, pertanto, la individuazione dell’Ospedale di Chiaromonte quale Ospedale di Area disagiata, organizzato secondo le previsioni del punto 9.2.2 del Decreto Ministeriale, soprattutto alla luce della mancata realizzazione dell’Ospedale Unico di Lagonegro, che ove realizzato, come ipotizzato, oggi avrebbe la connotazione di DEA di 1 livello.
Il tutto mentre in Italia monta una significativa iniziativa nazionale per il riconoscimento delle prerogative delle aree interne e organi giurisdizionali aditi si sono pronunciati per l’affermazione del diritto sacrosanto alla salute delle popolazioni di area disagiate, che non possono essere disattese in diritti costituzionalmente garantiti.
Una interessante sentenza del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale sez, 3^ n. 02151/2015, (Presidente Stelo-Difensore avv. Giuseppe Mormandi), ha annullato l’ipotesi di chiusura dell’Ospedale di Trebbisacce, prevista nella riorganizzazione della rete ospedaliera calabrese, in situazione similare a quella rappresentata, “perché la concreta possibilità del rispetto del livello essenziale di assistenza concernente la c.d golden hour, deve essere assicurata, né tale situazione può essere ovviata dal servizio di eliosoccorso, che, allo stato, non sarebbe “dedicato”, perché i mezzi, ove potessero operare, sarebbero costretti all’uso di superfici di emergenza, con i conseguenti limiti ed incertezze connessi a tali superfici, prive di dotazioni tecnico strumentali e corrispondenti margini di sicurezza”.
Il TAR Campania, Sezione 1^ ,con sentenza 05842/2016, pronunciandosi sulla mancata previsione del Pronto Soccorso nell’isola di Procida, assimilata ad area disagiata dal D.M 70/2015, ha annullato l’ipotesi riorganizzativa della Regione Campania, riconoscendo “ i motivi di illegittimità che attengono alla violazione dell’art. 9.2.2 del D.M 70/2015 (ospedali di area disagiate) al difetto di istruttoria, alla carenza di motivazione, alla contraddittorietà dell’azione amministrativa e alla disparità di trattamento.” , elementi tutti ravvisabili anche nella L.R n. 2/2017 della Basilicata in relazione all’Ospedale di Chiaromonte.
Ecco perché avevamo invocato, con umiltà, sia pure con decisione, un’analisi seria alla politica, che avesse evitato guerre tra poveri e scongiurato danni, che, nel tempo, saranno irreparabili.
La risposta, purtroppo, ad oggi, è stata di completa disattenzione ed al territorio non resta che valutare azioni di tutela in altra sede.
Antonio Amatucci
Già Sindaco di Francavilla in Sinni
Se in Basilicata non si verifica una rivolta civile,democratica e significativa ,questa nostra terra da sempre sogno di conquista di altre Regioni, acquisirà quando prima le targhe CS E BA.
GRAZIE ALLE RIVOLUZIONI PROMESSE ,OPPORTUNITÀ DI CAMPAGNE ELETTORALI.
Legge fatta ed emanata per chi già stava bene e per quelli che dovranno stare meglio.
Un’analisi lucida sulle problematiche connesse alla legge regionale del riordino Sanitario lucano. Ciao Antonio, complimenti per queste tue osservazioni, a merito di capacità di giudizio e assennatezza, derivate da anni di attività politica ed amministrativa. Nicola Vitola