Vincenzo Ciminelli - già Preside -
Con questa espressione, il giurista Monateri affronta la questione della “culpa in educando” e di quella “in vigilando”, a proposito della responsabilità civile dei genitori e degli insegnanti nei riguardi dei figli/alunni. L’art.2048 del c.c. recita al I comma:“Il padre e la madre o il Tutore sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela, che abitano con essi”.

Al secondo comma : “I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi o apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza”. Le persone indicate nei due commi sono liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto. Volendo meglio esaminare la culpa in educando, c’è da fare una riflessione sull’importanza del fattore educativo che riguarda in primis i genitori e poi gli insegnanti. Infatti , come si evince dalla pronuncia della Corte di Cassazione, sentenza 22/04/2009 n° 9556, i genitori devono aver dimostrato di aver impartito al figlio una educazione consona, sufficiente ad impostare una corretta vita di relazione in rapporto alla sua personalità, all’ambiente e alle abitudini. Ne discende che l’opera dei genitori risulta più importante di quella degli insegnanti. Anche l’insegnante si libera dalla responsabilità se prova di non aver potuto impedire il fatto, che deve essere prevedibile e prevenibile. L’obbligo di vigilanza per l’insegnante è relativo e non assoluto, perché, con l’avvicinarsi dell’alunno all’età del pieno discernimento, non è richiesta la continua presenza dell’insegnante. Una cosa è quando gli alunni sono in classe, un’altra quando sono in movimento.

Infatti, quando gli alunni accedono ai bagni o al cortile durante l’intervallo, quando sono in gita o nelle altre uscite didattiche, l’insegnante è certamente responsabile ma non quando (e di esempi ve ne sono tantissimi) un alunno si butta da una finestra di notte in albergo durante una gita. Come avrebbe fatto il docente a impedirlo? L’ultima polemica ha riguardato la circolare del ministero che ha obbligato gli insegnanti a consegnare gli alunni fino ai quattordici anni ai genitori dopo l’uscita dalla scuola. Come ex Preside mi metto nei panni dei docenti per una piccola, ma rilevante riflessione: se un genitore non arriva a scuola all’uscita del figlio e poniamo lo faccia dopo un’ora o due e l’insegnante a sua volta aveva degli impegni precisi, di chi è la responsabilità? Come viene considerata la ulteriore permanenza a scuola di tale insegnante? Sarà remunerato? Ci vorranno degli accordi presi con il Dirigente? Regna attualmente sul problema tanta confusione!!! L’istituto scolastico, al fine di rispettare il dovere di vigilanza sugli allievi, potrebbe adottare alcuni provvedimenti quali ad esempio l’autorizzazione dei genitori a rilasciare gli alunni non accompagnati; il coinvolgimento del comune nell’assicurare trasporti idonei e rispettosi degli orari; laddove sia previsto, servizi di semplice post- accoglienza degli alunni nell’istituto.
Ritornando ai cattivi maestri e all’educazione che in primis i genitori dovrebbero impartire, mi viene da osservare che negli ultimi decenni il mondo adulto ha trovato comodissimo rinunciare a ogni forma di interferenza nella libertà dei giovani fin dalla loro tenerissima età. Da piccolissimi piazzati per ore davanti a televisori, videogiochi e smartphone, poi gettati nel mondo dei coetanei senza limitazioni, nè controlli, nè guide .

Genitori iperprotettivi quando non dovrebbero (es. quando un insegnante rimprovera o punisce un ragazzo o quando gli dà uno scappellotto) e completamente assenti quando invece dovrebbero proteggerli da se stessi, ponendo limiti e fissando regole, anziché assecondarne le pericolose situazioni in cui vengono a trovarsi. I genitori devono metterli in grado di affrontare le sfide dello studio, del lavoro, della vita, compiti questi per i quali essi sembrano piuttosto impreparati.
Nel romanzo di Susanna Tamaro “Va dove ti porta il cuore”, la protagonista, una madre, si pente amaramente di non aver interferito nella vita di una figlia fragile, incerta e vittima del suo sogno di libertà: il vero amore di una madre o di un padre non si addice ai pigri; per esistere nella sua pienezza, alle volte richiede gesti precisi e forti.
Preside Vincenzo Ciminelli
D’accordissimo su quanto scritto . Mi ha colpito, fra le altre, l’espressione ” Regna attualmente sul problema tanta confusione!!!”. Sì, ce n’è , e mi pare che più si vada avanti nel tempo e più se ne crei. Non elenco i tanti motivi del caos per non tediare alcuno. Ho pensato che non usciremo mai dalla melma se la società (in tutti i sui interpreti) ci propinerà come virtù la disonestà e le tv ( non solo) ci bombarderanno di pubblicità devianti e invitanti al campionismo, alla ricchezza facile/immediata, al consumismo sfrenato, all’arrivismo, … I genitori e gl’insegnanti, più e meno impegnati che siano nell’azione educativa, dovranno continuare a fare il conto con ostacoli gravosi e spesso insormontabili perchè proprio non noto volontà di “mutamento d’accento”.
Ops: suoi.