Viggianello: ricordata la figura del medico e del fitoterapeuta Vincenzo Caporale.

Saluto tutti gli intervenuti. Ringrazio a nome dell’ASSOCIAZIONE CULTURALE VINCENZO CAPORALE Evra ed Alsia per l’ attribuzione del premio al Dott. Caporale.

Viggianello (Pz)

La giornata odierna sancisce il compimento di un percorso che ha inteso riscoprire e valorizzare la figura e il lascito del Dott. V. Caporale e il premio in sua memoria vuole essere un riconoscimento ai suoi meriti scientifici e anche alle sue straordinarie doti umane.

Egli ha incarnato, difatti, la figura di medico, ricercatore e filantropo: non si limitava a curare semplicemente le persone, ma si prendeva cura di loro (che è anche il titolo di un bellissimo libro dell’ Ematologo Franco Mandelli, scomparso da qualche anno).

Prestava assistenza gratuita per tutti i poveri e percepiva una piccola parcella per quei pochi che se la potevano permettere. In termini moderni, diremmo che prendeva in carico i pazienti: ospitava gratuitamente presso la propria abitazione quanti provenivano da lontano per poter seguire personalmente il percorso di cura.

Non sfugga che parliamo di tempi difficili, in cui gli spostamenti erano limitati, i mezzi di trasporto inesistenti e il territorio non aveva alcun riferimento per l’assistenza ed era sprovvisto di presidi ospedalieri.

Caporale nasce a Viggianello nel 1878 ed ivi muore nel 1967.

Si laurea in Medicina e Chirurgia nel 1905 all’ Università di Napoli, dove consegue numerose specializzazioni.
Diventa Assistente Universitario e vince il Concorso all’Ospedale Incurabili di Napoli, ma rifiuta l’incarico e ritorna al proprio paese, dove opera incessantemente dal 1908 al 1967, anno della sua morte.

Dotato di grande intuizione clinica, in quanto in grado di fare diagnosi con la sola visita medica (considerata anche la scarsa strumentazione disponibile all’ epoca) e di passione e competenza per la Chirurgia (avendo fatto tesoro della frequentazione dei vari Istituti universitari a Napoli apprendendo le tecniche chirurgiche).

Ma il dott. Caporale era anche fitoterapeuta, che è la figura più attinente al convegno odierno. Andava in cerca delle erbe, spesso si faceva accompagnare e le trasformava nel suo laboratorio in preparati attivi, pronti per essere impiegati sui pazienti.

dr. Vincenzo Caporale

Ai suoi tempi doveva fare il medico a tutto campo, curare tutto il curabile. Il Carbonchio o Antrace era endemica, colpiva un gran numero di persone, soprattutto bambini. Non essendoci una sanità veterinaria, vi erano molti animali infetti (Bovini ed Ovicaprini). Le condizioni igieniche erano scarse e i contatti con gli animali obbligatori. Le abitazioni erano senza acqua potabile e sprovviste di servizi igienici. Per i bisogni fisiologici venivano utilizzate le stalle e tutto questo favoriva la diffusione della malattia.

Non avendo a disposizione antibiotici, curava questa terribile infezione con l’applicazione di calore.

Così come ustioni ed epistassi-venivano curati con suoi preparati.

Trattava i casi di gozzo aspirando il liquido colloidale e successivamente iniettando Iodio .I pazienti trattati non manifestavano segni di distiroidismo.

In campo chirurgico operava a domicilio ernie inguinali, appendiciti, cateratte ecc.,ma eseguiva anche interventi più impegnativi.

Il caso più emblematico un paziente di Rotonda: VITTORIO DI TOMASO.(1909-1998).

Palazzo Caporale Viggianello

Il Di Tomaso per molto tempo si portò dietro una brutta ferita da corpo metallico al malleolo tibiale destro curata con successo dal Dott. Caporale.
Purtroppo il Di Tomaso, durante una battuta di caccia, cadde e la vecchia ferita si riaprì, interessò vasi sanguigni e nervi e, nonostante le cure, ha avuto evoluzione verso una forma di gangrena estesa all’arto e con rischio di setticemia.

Unico rimedio era l’amputazione. Nel 1937 l’intervento fu eseguito a Rotonda dal dott. Caporale presso il domicilio del paziente (ancora viene gelosamente custodito il tavolo su cui il Di Tomaso fu posto) che consistette nell’amputazione dell’arto al terzo inferiore del femore sopra il ginocchio per consentire l’applicazione della protesi, che il paziente utilizzò fino alla sua morte (Testimonianza scritta del dott. Di Sanzo Antonio, medico di fiducia del Di Tomaso dal 1976 al 1998).

Una mia paziente mi ha raccontato che rischiava la vita a causa di un parto distocico per malformazione fetale ed emorragia. Caporale ha praticato una cranioclastia del feto, salvando la madre.

Ma torniamo al dott. Caporale come fitoterapeuta e quindi all’ ABLASTINA, che lui all’ origine chiamò “POLVERE PACE”.

Il prodotto fu depositato al CONSIGLIO REGIONALE DELL’ ECONOMIA di Napoli il 7 febbraio 1928 e registrato il 16 Marzo 1928 con N. 35879.

Successivamente l’Ablastina fu sperimentata con successo in un Ospedale romano, di cui non sono autorizzato a fare il nome, a cura del fratello del dott. Caporale: SAVERIO.

Tra i due fratelli, esiste una copiosa corrispondenza epistolare, dalla quale si evince come l’ ABLASTINA funzionasse positivamente sui casi di tumori esterni trattati. Ad un certo punto per procedere all’ immissione in commercio del prodotto, bisognava affrontare dei costi, a cui il Dott. Caporale non era in condizioni di far fronte e in conseguenza di ciò assunse la decisione di ritirare definitivamente il prodotto, che tuttavia continuò ad utilizzare con successo per suo conto fino alla sua morte.

L’ Ablastina si è dimostrato efficace di agire sui tumori esterni cutanei. Ma il preparato è stato impiegato con successo anche nei tumori della lingua e del cavo orale, nonché sui tumori vaginali e del collo dell’ utero.

Il dott. Caporale ebbe 2 grandi intuizioni, ancora valide:

1- l’importanza della diagnosi precoce, per ottenere la guarigione il tumore doveva essere trattato il prima possibile, quando non interessava le vie linfatiche o non avesse dato metastasi a distanza, sulle quali l’ Ablastina si era dimostrata scarsamente efficace;

2-l’asportazione del tumore doveva essere il più ampia possibile, allargata ai margini.

Il dott. Caporale, difatti, iniziava il trattamento dalla periferia della massa, applicando una striscia di tela vescicatoria o mezza mosca di Milano (empiastro di cantaridi miti, insetti coleottori da cui si estrae la cantaridina dotata di proprietà vescicatorie).
Fasciava la zona, il giorno successivo avveniva la formazione di una bolla.

Indi procedeva ad aprire la bolla, asportava l’ epidermide, in modo che era visibile una piaga, sulla

quale cospargeva la polvere per circa 1 mm di spessore.

Per i tumori della lingua, del cavo orale, della vagina e del collo dell’ utero, circoscriveva il tumore praticando un’ incisione sui tessuti sani con il TERMOCAUTERIO e medicava come sopra.

Lauria dr. Domenico

Dopo diverse medicazioni, il tumore cominciava a distaccarsi e per facilitarne l’ enucleazione usava una pomata all’ ittiolo al 10%.
Dopo pochi giorni di applicazioni di ittiolo, si osservava una linea di demarcazione fra tessuti sani e tumore che veniva successivamente enucleato. La rapidità era proporzionale alla grandezza della massa.

L’ aspetto deterso, rosseggiante della ferita a seguito del distacco del tumore, testimoniava il buon esito del trattamento e la guarigione definitiva avveniva con la rigenerazione dei tessuti, senza tracce di cicatrici deturpanti.

La durata del trattamento dipendeva dall’estensione e dal volume del tumore. Per i piccoli tumori, bastavano 3-4 applicazioni di polvere, per i più voluminosi occorreva più tempo.

Dott. Domenico Lauria

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