Renato Di Nubila - Università di Padova
…segue da 1^ Parte
La delicata situazione in cui si trova oggi il Paese implica l’esigenza di persone autorevoli e competenti e sicuramente non di persone contagiate da rassegnazione e da rinuncia.

Si tratta di accrescere la consapevolezza che, nell’economia e nel lavoro, non c’è nulla di “determinato”, si può cambiare, trasformando le imprese in luoghi dove produrre anche beni relazionali e coltivare l’umano. Una condivisione da promuovere in ambiti diversi, nei quali i responsabili politici siano chiamati ad andare oltre gli interessi di parte, per ridare slancio al multiculturalismo e ai programmi delle Organizzazioni internazionali, affinché le relazioni siano ispirate alla solidarietà che deriva dal nostro saperci parte della famiglia umana (LS,89). E’ questa una delle vive testimonianze da consegnare alle nuove generazioni! Si dirà: una buona utopia tutto questo!. Sì, guai a chi oggi non ha la forza di guardare avanti e si inchioda sul presente. Mi piace qui ricordare quello che rispose a noi giovani Giorgio La Pira:
“L’utopia è la cosa più concreta in chi ci crede! Ma attenti: piedi a terra e…sguardo in avanti!”.
Un cristiano impegnato in politica non può non avere “lo sguardo in avanti!”.
- A questi passaggi è urgente prepararsi culturalmente, acquisendo nuove competenze, ripensando il nostro sistema di educazione e istruzione a tutti i livelli, senza dare per scontato che tutto già vada bene. Si pone con urgenza un vero problema di ecologia umana: l’educazione non solo dei giovani, ma anche quella degli adulti, per prepararli a nuove competenze e a nuove sensibilità. Mi viene da ricordare, in proposito, quello che scriveva Einstein sulla crisi, denunciando che la crisi più grave per la società di tutti i tempi “è la crisi prodotta dalla incompetenza”. Allora è sempre più vero che non basta il buon senso della gente comune – come invece pensano alcuni movimenti – per governare. Ma nemmeno gli intellettuali di mestiere, gli esperti e i tecnici sono sempre in grado di assicurare un equilibrato governo della cosa pubblica. Né basta solo essere onesti. La complessità dei nostri tempi – per non diventare complicazione ingestibile – chiede all’uomo politico moderno l’impegno di capire fino in fondo i problemi della società in cui vive, ma anche i nuovi meccanismi sovranazionali da cui è regolata. Egli deve immaginare e proporre soluzioni, ma per farlo deve avere una visione generale. Non può limitarsi a conoscere bene la società che ha di fronte, ma deve saper immaginare e proporne una futura. Resta comunque vero il fatto che tutto è sempre meglio di una politica senza visione e si pone la necessità di un politico onesto e competente con una visione generale che intercetti bisogni ed esigenze delle persone e della società in cui si vive.
E’ questo il vasto campo che si apre all’impegno del cristiano in politica, per suscitare varietà di apporti che possano entrare in dialogo con le diversità di oggi, superando le false dialettiche degli ultimi tempi. Lo ripeteva spesso la politologa Hannah Arendt:
”Il senso della politica è innanzitutto la libertà da promuovere…e si fonda sul dato di fatto della pluralità e della diversità degli uomini”.
E’ proprio vero: il giorno in cui si volesse annullare le diversità, si decreterebbe la fine della libertà.
E’ questo il senso della lungimiranza di Papa Francesco nella coraggiosa e singolare enciclica LAUDATO SI’, ricca di profonda spiritualità e di equilibrata e sana laicità.

Una singolare testimone di impegno politico
Per dare un senso ed un significato esemplificativo alle mie riflessioni, consentitemi di ricorrere alla narrazione di una testimonianza di vita reale (non ad una celebrazione politica!) – per molti aspetti esemplare – di un personaggio che, come cattolico, ha fatto della politica una quotidiana prova di impegno e di concreto servizio. Un personaggio, per altro romagnolo, ravennate, partigiano convinto che scelse come nome di lotta proprio quello di “Tommaso Moro”
- Tommaso Moro(1478-1535), era quel credente che, con responsabilità e sofferenza, aveva affermato il primato della coscienza, pagando con la vita il prezzo della sua libertà e dell’opposizione all’assolutismo del potere di Enrico VIII) .
Mi riferisco oggi a Benigno Zaccagnini – a 30 anni dalla morte – che guardava alla politica
“come alla speranza di cose possibili e di cose grandi…o come all’arte della mediazione alta e di onesto profilo”.
Si dimostrò subito portatore di speranza, quando, da partigiano cattolico, dopo il dramma di una guerra disastrosa, usava quale parola d’ordine: s’ l’ è not, u s’ farà dè”, Perché, mai come in politica, è vero che, dopo ogni notte, può esserci un nuovo giorno. (Com’è diversa questa espressione, dal rassegnato saluto di Eduardo De Filippo: “Ha da passà’ a’ nuttata!... in cui manca il respiro dell’attesa del nuovo giorno!).
L’azione di Zaccagnini e, nel contempo, la capacità di “contagiare speranza” intorno a sé. Uomo mite e schivo, di una umanità ironica e severa, dotato di una profonda spiritualità di uomo di fede, mai esibita, né mai di impronta ideologica. Rispettoso delle “diversità” del suo tempo (frequentava con serenità anarchici come Giordano Mazzavillani e comunisti convinti come Arrigo Boldrini…), ma anche stretto amico di personaggi ricchi di spiritualità cristiana, come Giorgio La Pira (“Il più lieto dei cristiani”), Alcide De Gasperi, Vittorio Bachelet, Piersanti Mattarella, e specialmente Aldo Moro.
Padre Costituente, fece del rispetto della Costituzione una lezione feconda su molti fronti e la bussola del suo agire politico; tanto che ripeteva spesso:
“Sono in politica a causa della mia fede e non in nome della fede!”.
Convinto promotore della forza del Dialogo e del confronto, senza pressione sull’altro e sulle sue diverse convinzioni; cristiano senza integralismi…uomo di saggio pensiero politico, che attingeva nella riflessione e nella preghiera la sua forza quotidiana.
A chi glielo chiedeva, rispondeva:
“Ma ciò che ha ispirato, fin dal suo nascere, il mio impegno politico è stata la conquista e la difesa della libertà…la libertà sì … che non è un valore inventato dagli uomini, ma inventato da Dio per gli uomini” .
Affascinante la sua serenità e il suo sorriso. Merita un piccolo episodio: “Tu sei Zaccagnini?” gli chiese un giorno Papa Giovanni XXIII in un’udienza. Non ebbe il tempo di rispondere e si sentì subito aggiungere: “Ho sentito parlare molto di te. Capisco perché: la tua faccia è come la tua anima”.

Sereno, ma non ingenuo, né visionario, uomo con i piedi per terra, come lo definiva il suo Vescovo. Quanti l’hanno conosciuto, l’hanno apprezzato per il senso di distacco dalla ricerca del potere: possiamo dire che, invece, era stata la politica a cercarlo e a chiedergli assunzione di responsabilità, anche di non facile gestione. Rifiutò la proposta di una candidatura alla Presidenza della Repubblica e si adoperò per l’elezione di Sandro Pertini.
Questo atteggiamento gli valse, tra alcuni politici, la metafora dell’”onesto ZAC”, espressione vista a volte come riduttiva, per la sua estraneità dai circuiti del potere…fatto che, però, ebbe forte impatto tra la gente e nel Paese.
Una sua bella caratteristica era proprio il suo sereno rapporto con la gente, in una non comune capacità di ascolto…
- consentitemi di dire: oggi è qualità sempre più rara nei politici, a causa della non sempre accettata e vissuta attenzione alle persone…è una grave carenza…, una povertà culturale che segna negativamente i rapporti umani! E ancora: il silenzio di non risposta è un atto di basso profilo non autorevole, di chi non ha coraggio di saper dire sì o no…in un mondo che della comunicazione ha fatto il suo respiro.
Per alcuni anni fu Ministro del lavoro e poi dei Lavori Pubblici, perché il lavoro era uno dei suoi più sentiti obiettivi politici da raggiungere:
“L’economia – ripeteva – deve restare nella nostra concezione uno strumento, non un fine, ed uno strumento di sviluppo dell’uomo e di uno sviluppo sociale”.
“Sappiamo tutti – scriveva nel 1975 – la durezza dei tempi, delle misure attraverso le quali occorre passare per tentare di restituire slancio e respiro alla nostra economia, per garantire l’occupazione e crearne di nuova, ma vorrei che almeno questo si sentisse: che il dramma dei disoccupati è anche il nostro dramma, che le loro sofferenze sono anche le nostre, perché questa comprensione, questa solidarietà costituiscono la prima condizione per poter studiare, operare, impostare soluzioni concrete ed efficaci”.
È una lezione ancora valida oggi, sia per capire le ragioni della grave crisi che stiamo attraversando, sia per trovare la strada per uscirne insieme.
Alimentiamo allora momenti di speranza nella gente, come faceva Benigno, nonostante lui fosse stato toccato dalla sofferenza della perdita di 2 figli… a cui si aggiunse il dramma dell’assassinio di Aldo Moro. Nella lettera/ testamento alla moglie ANNA scriveva così:
“Il suo terribile calvario mi ha segnato indelebilmente, e mi cruccio: un dubbio mi ha costantemente turbato in quei terribili 50 giorni e poi ancora ogni giorno fino a quest’ultima ora. Non sono certo di aver fatto tutto il possibile per salvare la sua vita preziosa. Non so se ci sia stato qualche cosa di possibile, cioè di onesto, che avrei potuto fare”
La sofferenza lo rese più discreto, più consapevole di sé, ancora più disponibile, lo portò ancora di più a vivere non per sé, ma per gli altri. (A. Preda, Le radici della speranza, Studium, Roma 2019)

Era questo uno dei tratti che affascinavano i giovani di quegli anni: Zaccagnini è stato capace di ascoltare i giovani e di renderli protagonisti, ma senza falso giovanilismo e senza blandirli: dava loro saggiamente fiducia; li convinse a rifiutare la predicazione dei cattivi maestri, la tentazione della ribellione armata e a battersi invece con le armi della democrazia.
Pensando ai molti problemi di quegli anni, caratterizzati da una massiccia disoccupazione e dalla difficoltà ad inserire i giovani nel mondo del lavoro, insisteva su un punto e diceva
“Sarebbe grave non cogliere l’avvertimento compreso nel rifiuto giovanile di una società basata sull’interesse, sul consumismo, sull’arroganza e sulla prevaricazione. I giovani ci hanno insegnato che c’è qualcosa che vale molto di più, ci hanno detto che si può anche rifiutare il benessere, quando significhi ingiustizia e mortificazione dei valori”.
E concludeva con una riflessione che resta, anch’essa, di straordinaria attualità:
“Ecco perché adesso dico ai giovani che non ci aspettiamo che essi siano calmi e rassegnati, ma che continuino a pungolarci, a richiamarci agli ideali che contano, alla dignità, alla vita dell’uomo in spirito e verità… Poiché una vera rinascita morale e culturale della democrazia non può esserci senza l’irrompere, nella vita del Paese, di una nuova ondata, di una generazione pronta ad assumersi le proprie responsabilità”.
- Nella grave situazione del Paese di quegli anni, alle prese con la ricostruzione, occorrevano persone oneste e competenti e sicuramente non gente rassegnata.
- Ecco perché al laico Zaccagnini stava a cuore la preparazione dei candidati cattolici a far politica, tanto da incoraggiare esperienze di Politéia, di scuole di formazione politica, come area superpartes – con sessioni specifiche di approfondimento e di nuove competenze – per affrontare la complessità della vita dei nostri tempi.
- Anche oggi troppe volte si confonde la competenza con la facile loquela di chi sa bene usare il politichese, sotto il fascino dei media e dei possibili selfie.
Questo era Benigno Zaccagnini che oggi potrebbe sollecitare il nostro impegno a camminare con i tempi della politica… anche per superare il discredito creato intorno ad essa (si pensi al linguaggio diffuso di “inciuci, mangiatoia, poltrone, golpe, casta…).
Ma qual è il tempo della politica? è quello tra il già avvenuto e …il non ancora realizzato. E senza indugiare ulteriormente, nonostante le difficoltà crescenti che segnano la politica di oggi, ZAC ci farebbe coraggio, ispirandoci ancora fiducia: s’ l’ è not, u s’ farà dè”!…se è notte si farà giorno!
E’ l’augurio a chi ha deciso di impegnarsi in politica!
Renato Di Nubila
Università di Padova
Quanto rispetto e importanza dà professore alla Politica ,quella con la P,quanta nobiltà le assegna.!!!!.Sono riflessioni profonde che ci lasciano ben sperare …. Speriamo che i giovani ne facciano tesoro.