É (e resta) Natale: procedamus in pace!

È lieve il soffio del vento che nel querceto fa nevicare foglie secche. Non c’è bufera, anzi rarefatta quiete. Un’aura di raccoglimento prezioso depone, qual polline per l’aere sparso, pensieri e sussulto nell’antro del cuore ormai arreso al farsi culla di Chi non disdegna di venirci in vagiti.

Solo un Dio poteva avere cotanto coraggio! “Troverete un bambino avvolto in fasce” (Lc 2,12). Tutto qua? Abbiamo cercato per valli e per monti, premuto le meningi a più non posso; abbiamo “faticato per tutta la notte” (non abbiamo preso nulla!). Sì, è tutto qua! Un piccino d’uomo, raccolto nella mangiatoia come il lievito nella massa. I figli di Adam si compiacciono d’inerpicarsi per Iùbris (orgoglio) e vendono l’anima finendo per precipitare e rimetterci la pelle; non il Figlio di Dio che al contrario, acquisendo un corpo per offrirlo a vantaggio di molti, di tutti, si piega e si dispiega in Kénosis (umiltà).

Che movimento è? È la via dell’Amore, unica! Noi non la conoscevamo inselvatichiti nel nostro malessere, inalberati a difendere la personale (miserevole) dote, a mantenere inespressiva la maschera del fingimento. Ancora stentiamo a crederle, sempre solerti a rinnegarla, la via dell’Amore, la strada preferita dagli oppressi, da chi è (s’è fatto) povero. Perchè? Dall’alto al Basso (Condiscendentia Dei); dall’evidenza al Nascondimento (Deus Absconditus); dal centro alla Periferia (Verbum Abbreviatum).

Ecco il moto dell’anima che conduce all’eternità, che fa immortali! Non c’è capitello fiorito nel Suo blasone e neanche il cavallo rampante o il ruggente leone: “non c’era posto per loro nell’alloggio” (Lc 2,7). “Il Figlio dell’Uomo non ha dove posare il capo” (Lc 9,58), eppure “ci è stato dato un Figlio!” (Is 9,5). “Venne tra i suoi, eppure i suoi non lo riconobbero!” (Gv 1,11). Com’è difficile far posto a chi viene a visitarci se è sprovvisto di segni del potere! É dal Giardino dell’Inizio che va avanti serpentina la forma del sospetto nei riguardi di Dio.

É padre o padrone? É signore o servo? Deporremo le armi, prima o poi, dinanzi all’evidenza velata del bambino. Lo splendore filtra anche dalla coltre più ostinata. Gli angeli sognano la resa incondizionata degli uomini per farli librare in volo con loro. Il discepolo trova sempre il petto del Dio natalizio dilatato giammai dalla superbia quanto piuttosto in abbraccio di madre a ricevere capo e orazione.

Natale! Il seno di Dio s’è schiuso come melagrana generosa per l’uomo errabondo e assetato. Natale! Festa di ricoveri, di nidi riempiti, di dolce scambio d’accoglienza. Basta volerlo da parte nostra; basta dir di “sì”. Dall’altro lato Egli l’ha voluto in perpetuo ed è stabile per sempre. Natale non è questione di giorni e di orari: calato il buio nell’esordio del nuovo solstizio, s’accende qual fiammella nel bicchiere a illuminare il “sì” redentivo che non rifugge ma assume l’umanità nella dolorosa e mortale deriva. È proprio quando hai constatato d’aver finito la farina nella madia che Qualcuno bussa alla porta e, nel gesto inconfondibile di Charitas adornato, ti allunga un pane per metterti a tavola coi tuoi piccoli.

Siamo tutti passati, pellegrini stupefatti e silenti, da Bet- Lechem, dalla “Casa del Pane”: avevamo fame di un Dio fragrante, profumato di grano tostato e di succo di vino da poco spillato, un Dio familiare, il Dio eucaristico. Lì la tavola è imbandita e nel focolare la fiamma sfavilla; poi s’intenerisce e avvolge e riscalda. “Una misura buona, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata in grembo” (Lc 6,38), il quale s’espande. La vela rigonfia, s’avvista il futuro. La sazietà rinvigorisce la nostra gioia di essere stati trovati, di essere stati amati; rinverdisce la nostra voglia di condivisione, il nostro anelito sincero di spogliarci di tutto per essere poveri e liberi come libero e povero fu Lui.

Natale è stilla di cielo calata in lesione di grettezza. Rifulge d’argento la saldatura che ricompone. C’è speranza di germoglio peranche in essa. S’ode intonato l’alleluya mentre passa l’umilissimo carro della possenza celeste: grida, o misero, grida a Lui, che di misericordia divieni ricco. “Hai mutato il mio lamento in danza” (Sal 30,12). Non potevamo essere delusi, perchè Dio è Dio e non idolo. Respira con noi, dentro di noi, e noi con Lui, dentro di Lui. Intra vulnera tua absconde me, recitano i mistici. E a Natale siamo tutti mistici. Siamo ospiti di colui che abbiamo ospitato: figli nel Figlio. Deposta l’ostia immacolata, qual membra d’un tenero pargolo, sopra l’altar della vita s’ode quasi stridula sulla granitica lastra l’incisione del nome che più pacifico non c’è: Emmanuele.

fiori di melo

Che conforto! Non vaghiamo più a tentoni nel buio. Lui si restringe ma a noi spalanca la veduta, stappa le pupille. Sì, perchè Natale è solcare da un capo all’altro il cielo notturno addosso alla stella radiosa di punte scrivane. Dardeggiano a intermittenza “Dio-è-con-noi”. Continuamente siam mandati ai quattro angoli del globo a sillabare l’abecedario del Regno: Dio c’è sempre stato, sempre ci sarà! La grigia distesa di nubi s’è tramutata come d’incanto in albero di luci decorato.

Svetta solenne e brioso nel salone delle feste: i doni vi si annidano come covate di passeri sotto tegole di case contadine. “I cieli raccontano la gloria di Dio… il giorno al giorno ne affida il messaggio e la notte alla notte ne trasmette notizia” (Sal 19,1-2). Il silenzio (o che meraviglia!) di questi giorni malati cuce addosso un manto terrigno a trattener la candida lezione impartita dall’Alto. E l’Alto ha scelto di diminuirsi a che potessimo contenerlo: Homo capax Dei. Io, tu siamo la greppia del divin Salvatore; io, tu siamo il presepe della sua santissima Famiglia.

Rugiada di fecondità il vello ha bagnato: la primavera incombe! Appare svantaggioso seguitare per la mulattiera alquanto tracciata sul fianco del monte che, pertugiando la fitta boscaglia di rovi, sale fin sopra la solitaria torre d’avvistamento, ma non lo è. “Sentinella, quanto resta della notte?” (Is 21,11). Commozione piissima quando finalmente si giunge alla vetta: l’incomparabile bellezza si srotola qual tappeto colorato. Dio ha concesso di toccare la Sua intenzione tersa come l’aria delle cime innevate negli sguardi innocenti e concreti di bimbi e di madri. Natale è tutti i giorni, lo è dappertutto, ammesso che io e tu non ci facciamo più espropriare dalla seduzione dell’onnipotenza ma ci siamo decisi per l’onnipotenza dell’umiltà. E in tutta umiltà insieme procediamo sicuri verso la Pace e l’anno che verrà.

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