Enza Berardone
Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’elogio funebre della prof.ssa Enza Berardone al Direttore Francesco Santino Bulfaro.
Questa volta non mi hai aspettato, forse l’ho preteso troppe volte, attendevi le mie visite per giorni interi, e con il tuo solito umorismo, mi rammentavi l’urgenza di vivere quel tempo e non di occuparlo, come ti capitava spesso di fare, durante quelle lunghe attese, ma soprattutto di non sprecarne neppure una briciola, dal momento che il tuo stava per esaurirsi ….. avevi ancora fame di vita, di bellezza, di parole, di futuro.
Oggi non posso non celebrare la tua meravigliosa vita, e non voglio farmi sfiorare dal vuoto della morte, la quale, come diceva Sant’ Agostino non è niente, quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora. Francesco Bulfaro è stato un autentico maestro, e un maestro è un oracolo da interpellare, un missionario della cultura vera, autentica, non autocelebrativa, libera dalle strettoie accademiche.
Egli non è stato solo se stesso, o meglio lo è stato essendo altri, ha vissuto in modo plurale, come plurale è l’universo. Il suo eloquio è stato sempre fecondo, ma mai noioso, ironico, allegro, ma non frivolo, osservava e sorvegliava tutto, come se fosse una sentinella dell’anima, protesa verso un diverso altrove, incapace di cibarsi di assenza, mancanza e silenzio, ma fatto, invece, di sensazioni, emozioni, di suoni diversi, di una concreta leggerezza. Non era difficile intravedere nelle sue parole strade nuove, percorribili, parole che avevano un peso, un sapore, a volte amaro, ma capaci di gettare nuova luce sulla quotidianità, di rattoppare passato e presente, di non cercare banali ripari, ma emozioni.
In ogni occasione è stato maledettamente innamorato della realtà, avvinghiato alla vita, era attratto anche dalla bassezza delle cose, di cui possedeva profonda concretezza. Era infallibile nel suo cogliere, capire il cuore e l’essenza delle persone. Visionario e concreto insieme, capace di dare consistenza e importanza a tutto ciò che avviene nei pressi dell’anima, perché lui abitava lì. È stato tante cose diverse, spesso in guerra tra loro, rapito da tutte quelle cose che non sono cose: sogni, ideali, illusioni, emozioni, parole che ha accarezzato, studiato fino allo sfinimento. Ad affascinare tutti sono state sempre l’intensità e la densità di ogni suo gesto, di ogni attimo della sua vita. I suoi momenti non sono mai stati effimeri, futili, ma intensi, cellule di innumerevoli vite, crocevia di passato, presente e futuro.
Caro direttore, sei stato un tenero e convinto sognatore e allo stesso tempo un uomo d’azione, concreto, solido, come tutti gli utopisti, esistenzialmente dramatico, con una sola m, nel senso greco del termine, cioè che agisce e fa agire. Custodirò con affetto ciò che mi hai insegnato: l’importanza di tornare alla spontanea vita del cuore, di non perdere il vero senso della vita, di ritornare alle radici, alla terra che cura e salva, di spargere a piene mani quello che si conosce e si ama, ma soprattutto di non morire da vivi.
È stato un militante del Partito Comunista Italiano,quando essere comunista significava essere nel mirino dei superiori.Una persona eccezionale sotto tutti i punti di vista.