Armando Lostaglio
Rossella Tramet è un’artista multiforme: sa tradurre in immagini fotografiche la propria percezione della realtà; e ad esse aggiunge creazioni pittoriche. Ogni suo quadro è la scoperta di universi fatti di inusitati accostamenti, rarefatte espressioni e metafisiche atmosfere. È un racconto per immagini, di un attimo che sfugge all’occhio talvolta disattento dello spettatore fugace.
Geometrie e regolari armonie, natura e arte in simbiosi. Rossella Tramet, trevigiana, esprime la gioia dei sensi fra eros e arte. Occorre del talento per accudire quei sogni d’infanzia con la contingenza di questo tempo. Ciò che di meraviglioso riesce ad evocare è l’interesse del suo sguardo sulla materia che contagia nell’osservatore; arabeschi immaginifici, pitture come sculture e dettagli anche nei punti periferici di ogni quadro, ritratti con audace sensibilità, che condivide con la passionalità di chi osserva, in cerca di emozioni forti, semmai. Oltre la luce di Matisse e delle “Nuvole in viaggio” film di Kaurismaki, per cui l’effetto dell’occhio di chi osserva e scruta è quello della dilatazione, come se il dipinto sfondasse i confini fisici dal quadro.
La fotografia è la personale linea di partenza, poi prende quota la visione metafisica del reale, fra cinema e astrazione. Realtà astratte e audaci, mentre il cinema che aleggia è quello di Salvatores. Pupi Avati ne ha incoraggiato la linea artistica. Rossella evoca magie di linee e forme e, come dice lei, “quello che sfioro è arte“. Le sue opere sono da considerarsi più come una esperienza percettiva che per un certo significato concettuale. Il gesto ed il testo come ribellione verso una certa convenzione critica, è così il quadro ne diventa la sintesi e la “protesi” verso una diversa acquisizione etica prima ancora che estetica. Alcune immagini, bellissime, emanano una vaga melanconia. E può rappresentare una sorta di oggettivazione dell’irrisolto. Crediamo sia invece una costante ricerca interiore di bellezza. Il cinema d’autore ci insegna che lo sguardo si concentra sul particolare, l’occhio guarda oltre la visione comune. Il racconto si nutre di particolari, ce lo insegna Flaubert. Sacralità del verso e dell’immagine, la percezione visiva quale elevazione, quale preghiera, ed antidoto contro le pochezze quotidiane.
Le preghiere esaltano l’animo / e ci mutano e ci rapiscono. Allineamento degli astri /come epigrammi di vuoto mentre battiti di cuore /scandiscono i suoni dell’eterno. / Siamo vibranti pulsioni / di una eclisse futura / usuriamo parole per descrivere il vento / di dentro. Di giorno c’è luce / la notte succede che amiamo ancora, / collette di corpi / col fiato che si fa caldo /Istinto di vita raccoglie istanti sereni. /Si dà speranza ad un volto / al mistero giocoso di esserci / nella vita che si rinnova / nel canto mai ebbro / di un usignolo / sul ramo più adulto del cuore.