Dott.ssa. Rosanna Perretta Psicologia e Benessere di italodominicano.tv
Qual è l’ultima volta che siamo andati dal nostro medico di base, oppure ci siamo scatenati su internet alla ricerca di un rimedio per quella tensione al collo; per quel mal di schiena che non ci abbandona; per il mal di testa che ci fa da sfondo in alcune giornate; per i battiti “a mille”; oppure per il mal di pancia che puntualmente si presenta in alcune situazioni?
Quando l’esito della visita è del tipo “Non ha niente, le analisi sono a posto”, cosa proviamo? Questa risposta, se da una parte può darci sollievo perché è stata esclusa una causa organica, dall’altra non ci libera dal nostro malessere.
Allora cos’è che ci sta procurando quei sintomi?
Una risposta univoca non c’è sia perché, come abbiamo visto nell’articolo del mese scorso dal titolo “Il Benessere come espressione dell’Io: come stai?”, i fattori di rischio che ostacolano il nostro benessere psicofisico possono essere di varia natura in virtù della complessità della relazione mente-corpo.
Possiamo però ragionevolmente affermare che, nell’ambito di questa relazione, la dimensione emotiva ha sempre un suo peso, o come causa, o come effetto.
Ora, concediamoci un piccolo esercizio di autoconsapevolezza: assumiamo una posizione comoda, facciamo un respiro profondo e chiediamoci: “in questo momento la parola emozione a cosa mi fa pensare?”. Stiamo pensando, ad esempio alla paura oppure, alla rabbia, alla tristezza oppure alla sorpresa, al disgusto oppure alla felicità? Proviamo anche a rievocare una situazione in cui abbiamo provato questa emozione e a sentire che effetto ci fa.
Ci sentiamo appagati per come l’abbiamo espressa, oppure in quel momento l’abbiamo sentita solo a livello corporeo incapaci di riconoscerla o ammetterla a noi stessi? Ad esempio, se stiamo pensando alla rabbia potremmo ricordare ancora che in quella situazione il nostro battito cardiaco era accelerato, i muscoli in tensione, il respiro corto, etc.., eppure non siamo riusciti a riconoscere di essere arrabbiati; o abbiamo scelto di reprimere ciò che sentivamo per poi sentirci implodere dentro, o, al contrario, ne siamo stati sopraffatti sentendoci in colpa subito dopo essere “esplosi”.
Capire ciò che accade dentro di noi, nel nostro corpo e nella nostra mente, non è una cosa facile se, già a partire dalla nostra infanzia, i nostri stati d’animo non sono stati riconosciuti dalle persone che si occupavano di noi (i nostri caregiver) e se le nostre emozioni non sono state “battezzate” con il loro nome (“in questo momento stai provando rabbia”, “stai piangendo perché sei molto triste”, “ti batte forte il cuore perché hai paura”, etc.), ma sono rimaste dentro di noi come una sensazione confusiva e inspiegabile da cui rimanere lontani. Essere cresciuti in un ambiente emotivamente “povero” ci espone a quella particolare condizione psicologica che è definita “alessitimia”, letteralmente la «mancanza di parole per le emozioni». Secondo John Nemian e Peter Sifneos, che hanno teorizzato questo costrutto negli anni settanta, gli individui alessitimici hanno difficoltà a percepire e a esprimere le proprie emozioni e, anche se ne avvertono i sintomi fisici (il cuore che batte all’impazzata, lo stomaco che fa male, il respiro che si accorcia, et..), non hanno le parole per decodificarli.
Se non è facile capire cosa sentiamo dentro di noi, a volte può non essere altrettanto facile esprimerlo e comunicarlo agli altri. Tornando alla rabbia, entra in gioco il concetto di regolazione emotiva. Proviamo a vedere di cosa si tratta attraverso una metafora. E’ come avere a portata di mano un termostato che ci consente di regolare la temperatura delle nostre emozioni: quando è troppo fredda, ci aiuta ad aumentarla per sentirci sufficientemente a nostro agio; quando diventa troppo alta, ci fornisce degli strumenti e delle strategie adatte a portare la temperatura a un livello più idoneo al contesto che stiamo vivendo.
Se scopriamo che facciamo fatica a gestire determinate emozioni, cosa possiamo fare? Lo psicologo in cosa può aiutarci?
Attraverso un percorso terapeutico possiamo allenarci ad un dialogo interiore più funzionale al nostro benessere emotivo e sperimentare esperienze emozionali nuove. A tale riguardo, Giorgio Nardone nel suo libro La paura delle malattie parla di “esperienze emozionali correttive” che, accompagnate dall’acquisizione di nuove consapevolezze, rendono il lavoro sulle emozioni più efficace.
Possiamo, inoltre, così capire dove abbiamo appreso le nostre strategie di regolazione perché la regolazione emotiva, al pari del riconoscimento delle emozioni, è qualcosa che impariamo a fare all’interno delle nostre relazioni con le persone che si sono occupate di noi. Sono stati, cioè, i nostri caregiver che inizialmente hanno tenuto quel termostato per noi insegnandoci, per quanto nelle loro possibilità, attraverso le loro reazioni ai nostri stati d’animo a dare un senso a ciò che provavamo, a validarlo e a regolarlo per gradi di complessità emotiva man mano più elevati.
Il lavoro clinico, attraverso la narrazione del nostro vissuto, ci aiuta anche a ripercorrere le origini delle nostre credenze disfunzionali (come la dicotomia tra emozioni positive e negative) e superarle, permettendoci di evolvere la nostra competenza emotiva.
Ad esempio, ogni volta che di fronte a un fallimento o a una delusione ci siamo sentiti dire frasi del tipo “non devi piangere”, “gli uomini veri non piangono, “meglio non parlarne”, “meglio far finta di niente”, etc., siamo stati di fatto incoraggiati a reprimere le emozioni ritenute “negative” e a percepirle come pericolose in quanto “cose da deboli”.
Non ci sono emozioni positive o negative. Ognuna di esse ha un valore adattivo alla nostra sopravvivenza. Galimberti, nel suo libro Il libro delle emozioni, evidenzia proprio questo sostenendo che ogni emozione, in modo rapido e senza riflettere, ci aiuta ancor prima della ragione a capire che cosa è vantaggioso e che cosa è pericoloso per il mantenimento della vita.
Possiamo allora dire che, se c’è una regola d’oro per il nostro benessere emotivo, questa è viverle imparando a non esserne travolti. Inizieremo, allora, a renderci conto che le emozioni che abbiamo a lungo represso, quando trovano il giusto spazio nella nostra vita possono liberamente fluire senza implodere nel nostro corpo o, al contrario senza travolgerci, diventando delle grandi alleate del nostro benessere e della nostra crescita personale. A tale proposito, Goleman, nel suo libro Intelligenza emotiva, evidenzia come la consapevolezza emotiva e la gestione delle emozioni siano alla base dello sviluppo di altre competenze quali l’empatia e le abilità relazionali, che risultano fondamentali per il nostro successo personale e professionale.
In chiusura, riprendendo il nostro esercizio di autoconsapevolezza, rimaniamo ancora per qualche istante nella nostra posizione comoda, facciamo un respiro profondo ad occhi chiusi e restiamo in ascolto intimo dei pensieri, delle immagini e delle sensazioni libere del nostro IO.
Riferimenti Bibliografici
A. Bartoletti, G. Nardone, La paura delle malattie: Psicoterapia Breve Strategica dell’Ipocondria, Ponte alle Grazie. Kindle Edition
U. Galimberti, Il libro delle emozioni, Feltrinelli, 2021
D. Goleman, Intelligenza emotiva. Che cos’è e perché può renderci felici, Rizzoli – BUR Grandi saggi, Feltrinelli, 2011
JC Nemiah, PE Sifneos, Malattia psicosomatica: un problema di comunicazione. Psicoterapia e psicosomatica, 18 (1-6), 154–160. https://doi.org/10.1159/000286074
J. Panksepp, Le emozioni di base secondo Panksepp: Introduzione e connessioni filosofiche, Manuel Cappello, Kindle Edition.
P. Porcelli, Medicina psicosomatica e psicologia clinica. Modelli teorici, diagnosi, trattamento, Raffaello Cortina Editore, 2022
M. Scognamiglio, Psicologia psicosomatica. L’atto psicologico tra codici del corpo e codici della parola, FrancoAngeli, Milano 2016
Fonte:https://www.italodominicano.tv/it
Dott.ssa Rosanna Perretta Psicologa Clinica, della Salute e Comunità
Psicologia e Benessere è la rubrica specializzata del quotidiano digitale italodominiano.tv diretta dalla Dott.ssa Rosanna Perretta Psicologa Clinica, della Salute e di Comunità. Esperto in Training Autogeno e Tecniche di Rilassamento