Oreste Roberto Lanza
Del Brigantaggio si cominciò a parlare probabilmente nell’antica Roma, quando, si dice, a Taranto, intorno al 185 A., avvenne un’insurrezione sociale composta perlopiù da pastori che arrivarono a formare vere e proprie bande.
Fu poi, sembra, il pretore Lucio Postumio Tempsano, a reprimere il tutto con molte condanne e 7000 giustiziati con poche evasioni.
Anche Lucio Cornelio Silla, si vocifera, prese provvedimenti contro i briganti con la promulgazione della Lex Cornelia de Sicariis (i briganti in quel tempo erano chiamati sicari o latrones). Che prevedeva anche pene capitali come la crocifissione e l’esposizione alle belve (piccolo rigurgito del mio esame universitario di Diritto Romano).
Poi ci provò Giulio Cesare, Ottavio Agusto che adirittura combatté le rivolte brigantesche in Spagna, e infine, Tiberio.
Poi il vero Brigantaggio nell’Italia post-Unitaria; quello fatto di Libertà e di appartenenza.
Quello per dirla con un giuramento (dei Briganti) ……..Noi giuriamo davanti a Dio e dinanzi al mondo intiero di essere fedeli al nostri augustissimo e religiosissimo sovrano Francesco II (che Dio guardi sempre); e promettiamo di concorrere con tutta la nostra anima e con tutte le nostre forze al suo ritorno nel regno; di obbedire ciecamente a tutti i suoi ordini, a tutti i comandi che verranno sia direttamente, sia per i suoi delegati dal comitato centrale residente a Roma. Noi giuriamo di conservare il segreto, affinchè la giusta causa voluta da Dio, che é il regolatore de’ sovrani, trionfi col ritorno di Francesco II, re per la grazia di Dio, difensore della religione, e figlio affezionatissimo del nostro Santo Padre Pio IX, che lo custodisce nelle sue braccia per non lasciarlo cadere nelle mani degli increduli, dei perversi, e dei pretesi liberali; i quali hanno per principio la distruzione della religione, dopo aver scacciato il nostro amatissimo sovrano dal trono dei suoi antenati,
Noi promettiamo anche coll’aiuto di Dio di rivendicare tutti i diritti della Santa Sede e di abbattere il lucifero infernale Vittorio Emanuele e i suoi complici. Noi lo promettiamo e lo giuriamo”
Tanti i briganti, uomini di Libertà che rivendicavano la libertà e la propria dignità.
Un fazzoletto di terra per sfamare le proprie famiglie era l’appello accorato ai regimi dell’epoca, in particolar modo al Nord disonesto.
Tra tanti Briganti, anche Francavilla ebbe il suo uomo di Libertà.
Antonio Franco, da alcuni chiamato Antonio Di Franco (Francavilla in Sinni, 8 ottobre 1832 – Potenza, 30 dicembre 1865)
Si dice che fu ….”uno dei più formidabili guerriglieri antiunitari; operò lungo il fiume Sinni, sui monti del Pollino e Peloso,
arrivando a spingersi fino a Sapri (SA). Affiancato dalla sua compagna (nonché brigantessa) Serafina Ciminelli, era molto temuto nei suoi territori e non esitava a derubare e sequestrare ricchi signori. Partito per la leva militare sotto il governo borbonico alla volta di Lagonegro, ottenendo in seguito il grado di Sergente, tornò a Francavilla solo quando il governo borbonico cadde.
Tornato nel suo paese natale, rincontrò Serafina Ciminelli, una ragazza che sembrava non nascondesse un certo interesse verso di lui.
La sorte si dice, volle, però, che la ragazza fosse legata all’allora sindaco del paese Dottor Grimaldi che alla saputa del ritorno di Franco escogitò un tranello per aggirarlo. Il dott. Grimaldi scrisse una lettera e si recò da Franco chiedendogli gentilmente di portarla a Lagonegro dal Luogotenente, inoltre si raccomandò a Franco di non aprirla per nessuna ragione al mondo. Antonio accettò.
Durante il tragitto però incontrò un suo ex amico con il quale aveva svolto il servizio militare, i due si salutarono e cenarono insieme, alla fine Franco s’incuriosì molto e insieme al suo amico decise di leggere (aveva imparato a leggere quando era un soldato) la lettera e costatò che il contenuto era una vera e propria condanna nei suoi confronti; nella lettera, infatti, il Sindaco pregava di tenere in carcere Antonio Franco perché ex sergente borbonico pericoloso per il loro governato.
Franco tornò indietro, si organizzò per la cattura del sindaco: dopo avergli fatto raccogliere della legna, lo legò e lo uccise brutalmente. Da quel momento Franco e i suoi pochi amici diventarono latitanti. La banda di Franco assalì parecchi uomini importanti derubandoli e chiedendo poi il riscatto, se tutto andava liscio, la banda rilasciava gli ostaggi ma se un solo puntino del piano andava storto i lupi, non si facevano scrupoli.
Il 27 Novembre del 1865 fu catturato a Lagonegro (PZ) tradito dal Capitano Gesualdi. Ospiti con la sua banda a casa di un amico del Gesualdi, stanchi e storditi dal vino, Franco e i suoi vengono circondati da ben 25 uomini, che con i fucili puntati verso le uscite della casa sono pronti a sparare al suo ordine, altri 25 faranno irruzione nella casa al primo segnale. Incatenato insieme con gli altri, fu trasportato a Potenza. Il 30 dicembre 1865 Antonio Franco fu condannato a morte: la condanna fu eseguita, dopo essere stato fotografato, mediante fucilazione”.
Un uomo controcorrente, di libertà di pensiero e azione.
E’ la storia vista dall’altra parte ….. solo per capire meglio