don Camillo Perrone "Parroco emerito di S. Severino L."
La notte di S.Silvestro a Maratea, città prescelta, è tutto pronto per quanto concerne lo spettacolo RAI TV “L’anno che verrà” che è stato trasmesso a vasto raggio nella notte del 31 dicembre, proprio dalla perla del Tirreno.
Il tempo che scorre è un grande dono di Dio, spesso sciupato dall’uomo. Ed ecco una riflessione. Nel varco del tempo che si apre non è che entri luce; vapora invece la caligine. Forse mai, come ai nostri giorni, in ogni settore della vita, in tutte le età e a tutti i livelli, c’è tanto sbandamento, incertezza, delusione, crisi. Non c’è valore dell’ordine morale, civile e religioso, che non venga contestato.

Presagi e rumori di guerra, svuotamento dello Stato, scadimento delle istituzioni, offuscamento dei valori sono gli spettri che vagolano nell’oscurità dell’avvenire; e, sul piano individuale, le preoccupazioni per la salute propria, per il lavoro, per la famiglia, l’insicurezza del domani.
Nel tentativo di dissipare tale caligine, gli omuncoli traggono presagi e comminano scongiuri, interessati al gioco di quelle forze oscure che evocano dalla propria ignoranza.
Gli avvenimenti, con le inevitabili esaltazioni e gli avvilimenti, li determina l’uomo, così com’è, cattivo o buono, ateo o religioso. La sapienza e l’onnipotenza di Dio, la misericordia soprattutto, che è una costante nella relazione di Dio con noi, fanno convergere a fine di bene gli esiti delle azioni umane.
Si sa: la vita dovrebbe essere un’alba, risultante dal notturno travaglio di bene e di male quando l’ora del tempo mette a contrasto la luce e le tenebre, e vince la luce, che introduce il giorno. Così nella vita dell’individuo, nella vita associata, nella intera vicenda cosmica, che dal confronto tra bene e male, e luce e tenebre, amore e odio, Dio e satana, si risolverà finalmente nella beatitudine della vita eterna “che solo amore e luce ha per confine” (Dante, 3, 28, 54).
Ma ecco cosa succede: tutti diciamo “abbiamo toccato il fondo”, ma il fondo non si vede mai. O non esiste oppure la fantasia italiana trova sempre nuovi spazi per i suoi traffici.
E’ possibile fermare questo processo di prevaricazione e di indifferenza sostanziale? Nei grandi ritorni moralistici si invocano punizioni severe per i colpevoli, che spesso sono anche personaggi di alto rango politico, ma poi non si trova nessuno che accolga le invocazioni: prova ne sia che i colpevoli di rispetto sono sempre al loro posto.
Forse riflettiamo poco su quanto occorre fare: perché riflettere è faticoso ma ancor più perché riteniamo che sia inutile. Molti nel sacro furore vogliono tutto e subito: ordine, disciplina, onestà. Ma riferendosi sempre agli altri: nessuno fa mai le accuse a se stesso.
E invece è necessario che noi riusciamo ad accusarci: della nostra disonestà e della nostra arroganza, oppure dei nostri silenzi e della nostra rassegnazione.
Sono note le patologie di cui soffrono le comunità civiche e religiose: malavita strutturata al Sud come in altre plaghe, corruzione di enti, appalti illeciti di opere, estorsioni nelle forme più immorali, evasione fiscale, lavoro nero, economia illegale.
Si attraversano periodi di grandi paure, di popoli atterriti dall’imminenza di grandi sciagure, dallo sgretolamento delle certezze acquisite, dallo sconcerto generalizzato, dalle folle di profughi, accomunate e dilaniate dalla carestia e dalla fame, la psicosi dell’attentato, l’insicurezza che dilaga.
Il Papa stesso è molto preoccupato e afferma: “L’incoerenza dei fedeli e dei Pastori tra quello che dicono e quello che fanno, tra la parola e il modo di vivere mina la credibilità della Chiesa”. Bergoglio ci richiama a dedicarci alla missione apostolica sulle orme di Cristo: con purezza assoluta d’intenzione, con vivo slancio, con piena generosità, con intransigente rifiuto di ogni più o meno camuffato compromesso. Riduzioni, accomodamenti e miscelaggi non sono da Dio.
Continua Francesco:
“Se desideriamo offrire il nostro contributo efficace per il cambiamento della storia, generando vero sviluppo, dobbiamo ascoltare il grido dei poveri e impegnarci a sollevarli dallo loro condizione di emarginazione”.
Il dramma è che abbiamo messo il mondo a soqquadro non per garantire la dignità di tutti, ma il benessere sino allo spreco di pochi. Due le grandi sfide da affrontare: consentire agli immiseriti di risalire il più rapidamente possibile la china e lasciare ai nostri figli una situazione vivibile.
Vorremmo ancora una volta mettere in evidenza alcune riforme di vasta portata per abbattere il debito pubblico, creare nuovi posti di lavoro, tutelare le fasce più deboli, tagliare le pensioni d’oro (e i troppi regali dello Stato), promuovere l’occupazione femminile, ridisegnare la pubblica amministrazione (premiare il merito, punire l’incompetenza), tagliare gli sprechi della sanità e delle Regioni, istituire una patrimoniale leggera ma equa, liberalizzare i servizi nell’interesse del consumatore, varare una nuovo politica industriale di investimenti mirati. La sfida odierna non è solo promuovere occupazione in una fase di disoccupazione, ma anche costruire una visione della realtà, in cui la persona non è sottomessa a criteri di profitto e di accumulazione.
A proposito il ReI di cui può avvantaggiarsi il nostro popolo è un traguardo importante, ma non è abbastanza, poiché il provvedimento copre solo un terzo delle famiglie povere; però è un risultato concreto nell’Italia politica delle chiacchiere cui siamo abituati da tanti anni.
Inoltre diciamo che dare il superfluo non basta, occorre cambiare stile di vita, modelli di produzione e di consumo, strutture consolidate di potere. Non si tratta di moralizzare il capitalismo, piuttosto di battersi concretamente, in pensieri, parole e azioni, contro ciò che impedisce l’uguaglianza tra persona e persona, tra comunità e comunità, tra stato e stato, tra società e società.
Non si tratta, nel campo economico, del diritto a un salario minimo di sussistenza, ma del diritto a un uguale reddito.
Inoltre ci piace ricordare che in questi giorni si celebra il 70esimo anniversario della nostra Carta: la Costituzione rappresenta la vittoria della libertà e l’affermazione di diritti inviolabili; continua a indicare il cammino che la Repubblica percorre al servizio dei suoi cittadini e della loro convivenza.
In conclusione, il 2018 potrà vedere il nostro Paese avviarsi fuori dal tunnel oscuro della crisi economico-sociale in cui versa, se lo vedrà avviarsi fuori dal tunnel ancora più oscuro della crisi morale in cui è precipitato. Le strade da battere sono parecchie e tutte importanti. Occorre intanto che ognuno ricominci a pensare ai propri doveri prima più che ai propri diritti; occorre finire di ingannare noi stessi e gli altri, dileguando le cortine fumogene degli inganni reciproci; delle falsificazioni ideologiche, delle manipolazioni della verità operata a fini di parte: occorre ridare agli uomini una coscienza personale e per questo occorre uscire dalle gabbie dell’economicismo (l’uomo non vive di solo pane) e del culto del magico del “collettivo” ove il singolo finisce per essere dispensato dalla fatica di essere libero e responsabile; occorre finirla col contrabbandare la licenza come libertà, il permissivismo come valore, il consumismo come ideale di vita, la pornografia come conquista sociale.

E’ la coscienza di tutto un popolo che è da ricostruire.
I comportamenti, nella vita, dipendono dalle “idee” e dalla “verità” acquisite e credute.
In questa umanità che si vanta di un sofisticato progresso economico, scientifico e tecnico, sorgono delle spinte di odio e di violenza cieca. E’ un vero ciclone di odio e di morte. Subentra allora la paura e il vuoto. Ma ecco sul sentiero del mondo appare l’umile presepio, segnacolo di amore. Lo indica la Chiesa nel suo mistero di amore e di salvezza. Dobbiamo far nostro il comando divino: ridestare il senso della fraternità in questa società disumanizzata e pregna di materialismo pratico, società in vulcanico tumulto.