Armando Lostaglio
Davanti ad un presepe il superfluo scompare, ogni elemento si tinge di vero, e di nostalgia: di una infanzia cui tutti tendiamo nel profondo (o dovremmo tendere).

Il presepe è da sempre lo spazio dell’anima che ci riconduce alla spiritualità cui apparteniamo, ci piaccia oppure no. Per scongiurare anche il rischio che Natale si svuoti del suo profondo significato, ecco il Presepe, che quest’anno compie 800 anni: era il 24 dicembre 1223 quando a Greggio il Poverello di Assisi ne ideò la realizzazione.

E poi secoli di canti, il più noto nella tradizione viene da Napoli “quanno nascette Ninno” di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori e il “Tu scendi dalle stelle”. “Venite a oremus” e la Cantata dei pastori riscoperta da Roberto De Simone.
E’ Napoli dunque il centro dell’Armonia? Certo, lo riconosceva anche Goethe nel suo viaggio in Italia datato 1787. Quell’arte è qualcosa di profondo, è talvolta un mistero: quando si realizzano oggetti o dipinti il mondo si ferma per contemplarne l’essenza. Teorizza così Kandinsky: “nel suo insieme l’arte non è creare degli oggetti senza scopo, bensì è una forza che deve servire sensatamente alla creazione e all’affinamento dell’animo umano…”
Affinamento dell’animo umano, principio connesso all’arte in ogni sua espressione. “Ti piace o presepio?” sussurrava a Lucariello suo padre Eduardo. Scontro generazionale ancora in auge?. Forse. Il presepio resterà, momento di unione fra generazioni.

