Antonio Fortunato
“La distruzione del linguaggio è la premessa a ogni futura distruzione” (Tullio De Mauro)
Il Dizionario Dialettale Francavillese curato dal nostro compianto avvocato Luigino Viceconte vuole ricorrere a qualche riparo, prima della irreparabile scomparsa e perdita della memoria, recuperando le voci e le espressioni genuine tipiche.
La scomparsa e l’inquinamento del dialetto “non sarebbe soltanto la scomparsa dei termini arcaici, sarebbe lo smarrimento della nostra anima, la perdita della memoria e delle radici, della nostra cultura contadina e della nostra storia, pur se fatta da piccoli avvenimenti tramandati oralmente, dal fascino dell’antico, di un patrimonio di vita vissuta, dei toponimi antichi, dei soprannomi, dei proverbi e dei modi di dire… in sintesi della nostra identità”. “È dal passato che viene l’ammaestramento per il futuro”(Seneca).
Premesso ciò, a Francavilla sul Sinni come in altri comuni del circondario, noto che il dialetto viene “inquinato'”, sia quando si parla e sia quando si scrive, soprattutto. Vediamo.
Cinti votivi. La tradizione vuole il termine “ì cirjë o scìgljë che sono, riporto sempre dal nostro Dizionario, una composizione di spighe di grano, di forma piramidale, che i devoti portano sulla testa durante le processioni di alcuni Santi. Anche questo è un rito di origine pagana, derivato da quelli di ringraziamento o di propiziazione che a Roma si celebravano in onore di Cerere (Ceres), dea della coltura del frumento.
Raskatielli. Con questo termine si intende la pasta fatta in casa e cavata con le dita, cavatelli appunto. Dovremmo scrivere “rašcatjellë, con la pronuncia šc sibilante palatale (come napoletano:scopa) Crusco. Ormai è un termine diffuso in tutto il mondo che si associa ai peperoni di Senise essiccati e fritti. Croccanti, sono una delizia per il palato!!!
In dialetto abbiamo il termine “crùšchë “come aggettivo per croccante, essiccato, indurito. Crusco non esiste né in lingua italiana e né nel nostro idioma che ha la voce żafarēnë crùšchë=peperoni essiccati al sole, croccanti.
Il prodotto che ognuno di noi gusta con grande piacere a tal punto che possiamo considerarlo una leccornia, dovrebbe essere chiamato żafarēnë crùšchë frìttë.

Rappascion. Da noi si dice “rappajuołë per indicare il grano bollito con altri legumi e condito con mosto cotto che si dava ai poveri e ai bambini per devozione a Santa Lucia, il 13 dicembre.
Miskiglio. In lingua italiana non esiste questo termine con cui si vuole indicare un miscuglio di farina di cereali e legumi. Da noi esiste la voce mmëšchìgljë con cui indichiamo un composto di farina di grano e farina di legumi per preparare una tipica pasta di casa. (Raskatielli di Miskiglio suona male, sembra un’altra lingua…).
-Quando scriviamo pertanto atteniamoci al nostro Dizionario Dialettale o facciamo riferimento all’alfabeto dei dialetti lucani a cura dell’Istituto di Dialettologia dell’Università di Basilicata, diretto dalla chiarissima professoressa Patrizia del Puente. E poi onoriamo la memoria e l’egregio lavoro che hanno portato avanti il professore Giovanni Percoco e l’avvocato Luigino Viceconte, con le loro ricerche sul dialetto di Chiaromonte il primo e di Francavilla sul Sinni il secondo.
Anto’, sarei curioso di sapere quale dialetto si usa quotidianamente a casa tua, visto che tu hai ascendenze episcopiote da parte materna, e tua moglie é originaria di Senise: il Francavillese puro, o u ‘mməškigliə dilagante che usiamo un po’ tutti. Un caro saluto. Filippo
Caro Filippo,hai ragione, perché io non parlo il vero francavillese per i motivi che hai richiamato tu.Però se devo dire Albicocca,non dico “përnëcocchē “come dice mia moglie e diceva mia madre.Anche e maggiormente se scrivo in francavillese perché da noi il termine è cašcavëllē.Cosi per altri termini.Ecco per cui dobbiamo attenerci alle regole raccolte dall’avvocato Viceconte e dall’Università della Basilicata se vogliamo custodire il nostro dialetto.Fermo restando l’arricchimento dello stesso con nuovi termini.
Io non avrei scritto Antò,ma da francavillese avrei scritto Ndònjë.
Ti saluto con affetto.