Dovremmo rispettare il nostro Dialetto. Altrimenti…

“La distruzione del linguaggio è la premessa a ogni futura distruzione” (Tullio De Mauro)

Il Dizionario Dialettale Francavillese curato dal nostro compianto avvocato Luigino Viceconte vuole ricorrere a qualche riparo, prima della irreparabile scomparsa e perdita della memoria, recuperando le voci e le espressioni genuine tipiche.

 

La scomparsa e l’inquinamento del dialetto “non sarebbe soltanto la scomparsa dei termini arcaici, sarebbe lo smarrimento della nostra anima, la perdita della memoria e delle radici, della nostra cultura contadina e della nostra storia, pur se fatta da piccoli avvenimenti tramandati oralmente, dal fascino dell’antico, di un patrimonio di vita vissuta, dei toponimi antichi, dei soprannomi, dei proverbi e dei modi di dire… in sintesi della nostra identità”. “È dal passato che viene l’ammaestramento per il futuro”(Seneca).


Premesso ciò, a Francavilla sul Sinni come in altri comuni del circondario, noto che il dialetto viene “inquinato'”, sia quando si parla e sia quando si scrive, soprattutto. Vediamo.
Cinti votivi. La tradizione vuole il termine “ì cirjë o scìgljë che sono, riporto sempre dal nostro Dizionario, una composizione di spighe di grano, di forma piramidale, che i devoti portano sulla testa durante le processioni di alcuni Santi. Anche questo è un rito di origine pagana, derivato da quelli di ringraziamento o di propiziazione che a Roma si celebravano in onore di Cerere (Ceres), dea della coltura del frumento.


Raskatielli. Con questo termine si intende la pasta fatta in casa e cavata con le dita, cavatelli appunto. Dovremmo scrivere “rašcatjellë, con la pronuncia šc sibilante palatale (come napoletano:scopa) Crusco. Ormai è un termine diffuso in tutto il mondo che si associa ai peperoni di Senise essiccati e fritti. Croccanti, sono una delizia per il palato!!!

In dialetto abbiamo il termine “crùšchë “come aggettivo per croccante, essiccato, indurito. Crusco non esiste né in lingua italiana e né nel nostro idioma che ha la voce żafarēnë crùšchë=peperoni essiccati al sole, croccanti.

Il prodotto che ognuno di noi gusta con grande piacere a tal punto che possiamo considerarlo una leccornia, dovrebbe essere chiamato żafarēnë crùšchë frìttë.

Prof.ssa Patrizia Del Puente

Rappascion. Da noi si dice “rappajuołë per indicare il grano bollito con altri legumi e condito con mosto cotto che si dava ai poveri e ai bambini per devozione a Santa Lucia, il 13 dicembre.
Miskiglio. In lingua italiana non esiste questo termine con cui si vuole indicare un miscuglio di farina di cereali e legumi. Da noi esiste la voce mmëšchìgljë con cui indichiamo un composto di farina di grano e farina di legumi per preparare una tipica pasta di casa. (Raskatielli di Miskiglio suona male, sembra un’altra lingua…).


-Quando scriviamo pertanto atteniamoci al nostro Dizionario Dialettale o facciamo riferimento all’alfabeto dei dialetti lucani a cura dell’Istituto di Dialettologia dell’Università di Basilicata, diretto dalla chiarissima professoressa Patrizia del Puente. E poi onoriamo la memoria e l’egregio lavoro che hanno portato avanti il professore Giovanni Percoco e l’avvocato Luigino Viceconte, con le loro ricerche sul dialetto di Chiaromonte il primo e di Francavilla sul Sinni il secondo.

2 riguardo a “Dovremmo rispettare il nostro Dialetto. Altrimenti…

  1. Anto’, sarei curioso di sapere quale dialetto si usa quotidianamente a casa tua, visto che tu hai ascendenze episcopiote da parte materna, e tua moglie é originaria di Senise: il Francavillese puro, o u ‘mməškigliə dilagante che usiamo un po’ tutti. Un caro saluto. Filippo

    1. Caro Filippo,hai ragione, perché io non parlo il vero francavillese per i motivi che hai richiamato tu.Però se devo dire Albicocca,non dico “përnëcocchē “come dice mia moglie e diceva mia madre.Anche e maggiormente se scrivo in francavillese perché da noi il termine è cašcavëllē.Cosi per altri termini.Ecco per cui dobbiamo attenerci alle regole raccolte dall’avvocato Viceconte e dall’Università della Basilicata se vogliamo custodire il nostro dialetto.Fermo restando l’arricchimento dello stesso con nuovi termini.
      Io non avrei scritto Antò,ma da francavillese avrei scritto Ndònjë.
      Ti saluto con affetto.

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