I mostri del Collatino

Beatrice Ciminelli
Beatrice Ciminelli

Trenta è il numero totale tra coltellate e martellate ricevute da Luca Varani, il giovane ucciso al solo scopo di capire che “effetto fa”. Una storia torbida che arretra nel buio della notte romana.

Due sono i killer, gente che piace alla gente che conta, due progenie bastarde di un mondo ormai sepolto tra coca e festini; i loro identikit sfumano nei contorni di un realtà decadente ma perfettamente conforme alle nuove frontiere dell’antropologia. Manuel Foffo, il ragazzo modello, Marco Prato un ragazzo popolare nel giro della movida romana, un giovane abbiente dalla sessualità fluida, insomma, quella che piace ai benpensanti, tipo ad un Vladimir Luxuria qualsiasi (per intenderci).

Una è la vittima. Luca Varani, 23 anni, un ragazzo che sulla bacheca di facebook scriveva a difesa della famiglia tradizionale, forse per questo considerato omofobo, tacciato di omosessualità repressa dalla lobby gay, forse ucciso per essersi sottratto a giochini hard a cui non voleva partecipare. Chissà.

Certo è che in un mondo dove si può comprare persino la vita, la morte diventa un esercizio feticistico, una voglia elitaria per giovanotti annoiati. Varani è stato ammazzato due volte, prima nel macabro della vicenda e poi da una società putrescente. Un mondo nel quale la dottrina del limite ha ceduto il passo a quella dell’impossibile, legittimandone le peggiori bestialità. Perché quando si perde la dimensione teleologica, tutto diventa legittimo. O meglio, tutto diventa possibile, anche uccidere un uomo. Solo per il gusto di farlo. Solamente per delirio d’onnipotenza. Del resto, è proprio questa la sensazione che i due assassini ricercavano. Un’emozione che la cocaina non riusciva più a dare e così l’omicidio è divenuto il nuovo telos, un fine al quale aspirare.

E poi c’è la notte passata con il cadavere, addormentati accanto alla vittima, sfiniti dalla cocaina e dalla furia omicida di quella roulette russa, iniziata dal 2 marzo per adescare le possibili vittime nella “dark room”.

Solo in seguito all’omicidio gratuito, inabissati dai sensi di colpa, con un cadavere in casa, si sono resi conto di esser stati manovrati da qualcosa di più grande, il Male. Così, non è un caso che una volta uscito dal turbine di stupefacenti, Prato, la “lesbica con la parrucca” che voleva cambiare sesso, abbia tentato il suicidio.

Ma come se non bastasse, proprio perché non c’è mai limite al peggio, si è aggiunto alla storia un particolare ancora più agghiacciante: la partecipazione a “Porta a Porta” del padre di Foffo, che, anzichè restare chiuso in casa a fissare per sempre il soffitto, si è recato in Rai per far sapere a tutti quanto il figlio sia un così caro ragazzo. Il sonno del pudore che genera mostri.

 

 

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