Mario Di Nubila - già Senatore della Repubblica -
Fa rivivere, sempre, intensa emozione l’invito che Piero Calamandrei rivolgeva agli studenti milanesi nel bel Salone degli Affreschi della Società Umanitaria il 26-1-1955 :
”Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo, dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne, dove caddero i partigiani, nelle carceri, dove furono imprigionati, nei campi, dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione”.
Riandare col pensiero a quei sacrifici, che sanno di ribellione e di riscatto, dopo 70 anni dalla proclamazione della nostra Carta Costituzionale, è dovere civico di gratitudine a quanti quei sacrifici affrontarono. Ma pare, purtroppo, che l’indifferenza, vicina all’oblio, oggi prevalga! L’approvazione della Costituzione da parte dell’Assemblea Costituente, espressione di ritrovata democrazia, dopo il ventennio fascista di autoritarismo dittatoriale, del 22 dicembre 1947 e la sua entrata in vigore il 1° gennaio 1948 fu evento straordinario nella vita politica e civile degli Italiani, ponendosi quale fonte giuridica primaria del nostro ordinamento.

Una sua maggiore e migliore, introiettata, conoscenza, soprattutto da parte dei giovani, è stata sempre considerata essenziale alla loro formazione, cosa che, purtroppo, non sempre avviene, e lo Stato è il principale inadempiente, se addirittura anche dai programmi scolastici è stata, colpevolmente, eliminata la “Educazione Civica”. Incomprensibile la schizofrenia dei programmi, che lo Stato propone ed impone! La restituzione dell’Italia alla democrazia parlamentare fu il risultato di dure lotte, anche in armi, ma anche l’effetto di quel legame, tenue, ma tenace, con la cultura dell’Occidente e dell’Europa democratica contro l’arroganza del fascismo. La nuova “Carta” fu l’affermazione dei diritti dei cittadini ed i “padri costituenti” proposero fin dai primi articoli l’affermazione di principi-base, secondo cui la Repubblica fosse democratica, pluralista, partecipativa. Tale affermazione trovò subito eco nell’art.2, secondo cui la “Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, come singolo”, aggiungendo anche “nelle formazioni sociali, ove si svolge la sua personalità” e si completa dicendo che la “Repubblica richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà” ricordando che essi non sono solo di natura politica, ma anche di natura “economica e sociale”.
La connessione tra i benefici di libertà istituzionale e di libertà sostanziale, e quindi tra democrazia politica e democrazia economica, fu messa in particolare evidenza dall’art. 3 2°co, che recita “compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale,che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori (non i privilegiati) alla organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
Affermazione, che dà senso e significato all’art 1, secondo cui nasceva la “Repubblica democratica fondata sul lavoro”. Tutto questo nel fondamento di grande valore sociale, politico e democratico del 1° co. dell’art.3, secondo cui “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Condanna decisiva delle leggi razziali di Mussolini,”clonate” da quelle naziste, dallo stesso presentate con enfasi e soliti tratti e atteggiamenti fisionomici tra il compiaciuto, l’istrionico ed il buffonesco, che lo caratterizzavano, a Trieste il 18-9-1938 e, finalmente, abrogate con i R.Decreti del 20-1-1944. Tanto ci riporta al “Giorno della Memoria”, quale ricordo riverente delle vittime dell’olocausto, come fissato, per il 27 gennaio, dalla risoluzione 60/7 del 1-11-2005 dell’Assemblea delle Nazioni Unite, già preceduto in Italia con la L 211 del 20-7-2000; “Giorno”, che non può, e non deve, essere un contenitore di ricordi, ma stimoli sentimenti e consapevoli comportamenti di solidarietà e rispetto verso l’”altro”, che riconduce al “prossimo” e faccia culturalmente ammenda e giustizia di quelle iniquità. Ripercorrere la “damnatio memoriae” significa condanna inappellabile, della storia e della coscienza civile, delle nefandezze perpetrate: atrocità, sofferenze inenarrabili, torture inimmaginabili da mente umana, non rintracciabili in nessuna “Storia delle Torture” fino allora scritta nei secoli, sadicamente beffarde nella “proposizione pubblicitaria” “Arbeit Macht Frei” (Il Lavoro rende liberi) o “Tu passerai per il camino”,in cui si “bruciavano” uomini, fatti passare sotto le “docce” con gas tossici, come il “famoso” Zyklon!

A conclusione della pur sintetica riflessione si pone una domanda, forte, di che cosa resta inattuato della Costituzione e dell’impegno politico, perché si realizzino gli obiettivi posti: certamente l’art.1, che proclama con solennità il “lavoro” come fondamento della Repubblica; il già citato art.3, per cui finché non sarà realizzato in concreto limiterà di fatto “le libertà e l’uguaglianza dei cittadini”.
Come non ricordare ancora, tra gli altri, l’inattuato art.49 e successive modifiche, che avrebbero dovuto disciplinare la vita e le attività dei partiti politici, che finché esistevano, come tali, avrebbero dovuto rientrare e sottoporsi a regole precise di comportamento, anziché operare in modo sostanzialmente anarchico.
La classe dirigente, che viene chiamata con metodo democratico alla guida del Paese, trovi capacità, impegno responsabile all’altezza dei bisogni del Paese!
Buona sera Mario, la sua riflessione mi ha coinvolto emotivamente, particolarmente citando Pietro Calamandrei e il suo pensiero mi ha rimandato immediatamente alla risiera di San Saba di Trieste. Poi leggendo oltre si sono susseguite mille immagini sin da quando ero bambinia. Già allora assistevo alle discussioni fervorose e a volte colorite di mio padre , don Carmelo Fiordalisi, Nicolino Ciminelli, don Vincenzo Console o altri , dove però si difendevano ideali per attuare, ciascuno dal proprio punto di vista,una società con una connotazione precisa. Oggi assistiamo, secondo il mio modestissimo punto di vista, ad un mascheramento voluto per nascondere inadeguatezza a risolvere e attuare i principi costituzionali o forse peggio, a nascondere i profitti proclamandosi paladini e custodi del bene comune. Alla fine fa un bell’invito a chi si candida alla guida del paese. Io mi auguro di poter continuare ad essere libera nel pensiero e nelle scelte, anche per i miei figli. Mi vorrei augurare di vedere persone DEGNE ad occupare posti nel luogo più nobile, più volte offeso: il Parlamento, luogo della DEMOCRAZIA.