don Camillo Perrone "Parroco emerito di S. Severino L."
Bando alla chiacchierologia e ora molti fatti ci aspettiamo dal nuovo governo gialloverde, non esclusa la collaborazione di tutti noi sudditi e cittadini italiani, per il bene comune.
La gente non ne può più di parole, promesse, cambiamenti, lotta alla corruzione.
Tutta quella sarabanda di parole, di esorcismi dialettici, di enfasi irritanti si è consumata mentre, a rammentare i veri problemi, le ansie e le angosce della gente si succedevano, nel giro di pochi giorni, le cifre impietose della crisi economica e del disagio sociale.
E’ lunga la lista degli “ultimi”. Gli “ultimi” sono coloro che vivono ai margini della società, i poveri, coloro che della crisi economica sono le principali vittime. Eppure gli “ultimi” oggi sono più di ieri. Costituiscono il cuore, non più i margini, di una società ferita, colpita nel suo benessere e nelle sue prospettive di progresso. Sono tanti coloro che hanno visto peggiorare la propria condizione: chi ha perso il lavoro, chi vive dell’assistenza pubblica (quando c’è) o di qualche forma di carità privata, chi è ammalato e non può curarsi, chi ha una pensione così misera da dover scegliere tra pagare il vitto o la bolletta della luce, chi, giorno per giorno, non sa come sopravvivere.
Di fronte a questo quadro di insieme, la politica, se ha ancora un senso e una ragione civile, deve sollevarsi dalla palude degli slogan, delle demonizzazioni e dello scandalo e porsi responsabilmente il problema dei problemi, che è quello di come stimolare la crescita delle imprese, l’accesso al lavoro, la tutela delle famiglie, che ancora una volta, nonostante gravi difficoltà, hanno assolto al ruolo di naturale ammortizzatore sociale.
La famiglia è una risorsa insostituibile per la costruzione di un Paese più moderno, più solidale, più accogliente, più capace di uscire dalla crisi. Costruita su un progetto di vita, amore e cura reciproca tra un uomo e una donna, aperta alla genitorialità, fondata su un esplicito impegno pubblico quale è il matrimonio (Art.29 della Costituzione).
Non si potrà costruire un futuro migliore per il Paese senza l’azione di famiglie socialmente responsabili, e senza politiche capaci di promuovere e valorizzare il protagonismo pubblico della famiglia, la sua cittadinanza attiva (come dice l’art.31 della Costituzione, che impegna la Repubblica ad agevolare “con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia”).
Alle famiglie non servono elemosine, né interventi assistenziali, né ciambelle di salvataggio: serve invece con urgenza un coraggioso investimento su chi genera il capitale umano e sociale del nostro Paese. Diciamo poi che in campagna elettorale si parla sempre di famiglia, ma passate le elezioni, quando è il momento di governare, la prima cosa che si sacrifica è proprio la famiglia.
L’aspetto paradossale è che all’inizio i programmi di Lega e M5S erano molto diversi tra loro, con una sola eccezione: la voce famiglia, mentre ora la magia di mantenere in equilibrio Flat Tax e rendita mensile alle persone inattive sembra avere superato sulla carta anche lo scoglio delle ingenti risorse che servirebbero a finanziarle, quindi il varo di un grande piano per la famiglia, è stato annullato. Cosa deplorevole!
Riguardo alle questioni politiche sui migranti, la Chiesa e le sue organizzazioni fanno sapere che continueranno a operare per l’accoglienza come sempre, poiché si è credenti.
Le paure si possono vincere solo nell’incontro con l’altro e nell’intrecciare una relazione.
E’ un cammino esigente e a volte faticoso a cui le nostre comunità non possono sottrarsi, ne va della nostra testimonianza evangelica.
La fotografia che l’Istat ha scattato all’Italia del 2017 non è certo inedita. I molti punti di debolezza e gli altrettanti di forza che caratterizzano il nostro Paese li conosciamo da tempo, nel male come nel bene. Nella fotografia annuale dell’Istat le contraddizioni che dividono territori e generazioni: nascite rimandate, laureati che scappano. E siamo diventati il secondo Paese più vecchio al mondo dopo il Giappone.
Riflettori ora puntati sull’annoso e spinoso problema del lavoro. L’emergenza occupazionale resta la priorità da affrontare subito. Si tratta della lama più profonda che incide sulla vita delle famiglie. Servono coesione e unità di intenti di tutte le energie vive della società per far fronte a una crisi annosa. Le difficoltà per i giovani di entrare nel mondo del lavoro ci pare venga spesso considerata come un problema a sé stante, come una mera questione di soldi, di possibilità economiche. In realtà le prospettive lavorative dei nostri ragazzi sono indissolubilmente legate (non fingiamo che non sia così) alla loro reale possibilità di costruirsi una famiglia e di avere dei figli.
Molto spesso, circa le evoluzioni della società tradizionale, ci si lamenta (sempre più stancamente) che i ragazzi non fanno più figli o che i matrimoni sono in calo.
Occorrerebbe però collegare i due problemi (prospettive lavorative e costruzione di una famiglia) vedendo il lavoro non solo come impiego retribuito delle proprie capacità, ma anche come ponte verso una ben più profonda affermazione del nostro destino: la famiglia, i figli, la continuazione della vita.
Riguardo all’emorragia giovani purtroppo gli esodi sono triplicati in un decennio. Non si arresta la fuga dei cervelli dell’Italia. Continuano ad aumentare gli emigrati con un alto livello di istruzione: quelli con almeno la laurea passano dai 19mila del 2013 ai 25mila nel 2016. E la fascia d’età in cui si registra la perdita più marcata è quella dei giovani dai 25 ai 39 anni (circa 38mila unità in meno), il 30% dei quali con un titolo universitario o postuniversitario.
Resta l’emergenza lavoro in tutta la Basilicata, ma i problemi maggiori riguardano l’area sud della nostra regione.
Crescono disuguaglianze e povertà: 5 milioni in miseria. La povertà è un aspetto della nostra società. Laddove c’è opulenza, ricchezza e spreco vi è un’altra faccia della medaglia rappresentata da coloro che giorno dopo giorno sono costretti a farsi spazio, a cercare di risalire la china, galleggiare per non affondare nel mare della povertà. Una povertà non solo materiale, ma che assume forme differenti in base al bisogno, ossia il vero ostacolo alla soddisfazione e al gradimento della vita. La situazione più critica si registra proprio in Basilicata dove il 30% delle famiglie risulta in una situazione di indigenza a fronte della media nazionale che si aggira sul 10%.
E’ allarme povertà ci ricorda anche la Caritas della nostra regione, atteso che negli ultimi anni le richieste di aiuto economico ai Centri di ascolto in Basilicata si sono moltiplicate. Fortunatamente in Italia c’è un sistema che genera fiducia: tengono le reti sociali: 8 su 10 contano sull’aiuto altrui.
Il Cardinale Gualtiero Bassetti sollecita un progetto-Paese: “Si governi con la pazienza ostinata e sagace del contadino, nell’interesse del bene comune e dei territori”.
In pari tempo dobbiamo fare ciascuno il proprio dovere nel proprio ambito: è la maniera più concreta per aiutare il Paese ad uscire dalle difficoltà in cui si trova. Non possiamo attendere soltanto aiuti dall’esterno: il Paese deve aiutare sé stesso. Serve una grande capacità innovativa per affrontare problemi che sono decisivi non solo per il Sud, ma per il futuro dell’intero Paese.
Per tutti noi poi un buon governo è quello capace di realizzare quattro princìpi: la difesa della dignità della persona, la costruzione del bene comune, la sussidiarietà e la solidarietà.
Difesa e sicurezza, occupazione e gestione dell’innovazione tecnologica, la green economy e una società in cui , su quattro lavoratori tre sono pensionati, hanno bisogno di più sovranità europea e di meno sovranità nazionale.
Auguriamo che il nuovo governo abbia come punto di partenza la voglia di mettere orecchio alle condizioni concrete e alle attese reali delle persone, le ideologie, le prese di posizioni, i proclami pre-elettorali devono essere ridimensionati e tarati sulla realtà e sui bisogni reali.
Che la povertà, il bisogno, la fatica di vivere, non hanno colore di pelle né condizione sociale. Esiste soltanto ed esige una risposta. Noi non possiamo rimanere inerti.
Perciò di fronte ad un esecutivo nuovo, di fronte a chi ha scelto di mettersi in gioco ed è stato scelto dagli elettori, devono essere presentate le esigenze di persone e situazioni.
In conclusione l’Italia deve recuperare la credibilità con uno sforzo collettivo.
Se vogliamo uscire dalla crisi, dobbiamo trovare la nostra fierezza, la nostra capacità, la ricchezza che abbiamo in noi nel nostro popolo italiano, che è uno dei più ricchi della terra per l’accumulo millenario di beni civili, religiosi, di architettura stupenda, di trasformazione della natura, di sapienza artigiana, di spiritualità, di civiltà, di umanità che ancora una volta potranno sfociare in un sicuro superamento della grossa crisi che ci opprime.
E’ l’esperienza stessa della nostra storia nazionale, molto più e meglio dello sterile ricorso a rituali professioni di ottimismo, a suggerire che questo Paese possiede, diremmo quasi nel suo codice genetico, riserve insospettabili di energie e capacità straordinarie di risollevarsi.