don Camillo Perrone "Parroco emerito di S. Severino L."
Il secondo semestre 2018 ci appare costellato di numerosi e paurosi incidenti verificatisi sul suolo italico e non solo, con gravi ripercussioni sulla vita e sulla salute delle persone.
Eccone alcuni: crollo del Ponte Morandi, tragedia tra le gole del Raganello, rifiuti incendiati, Terra dei fuochi, pullman diretto in Germania e semidistrutto con alcuni morti e numerosi feriti, la strage di Strasburgo con la morte di Antonio Megalizzi, stupri e delitti orribili, maltrattamenti contro piccoli e anziani e quant’altro. Particolarmente enorme impressione e sgomento ha suscitato la tragedia consumatasi nella discoteca di Corinaldo: qui il 7 dicembre centinaia di persone, quasi tutti bambini e adolescenti, sono in attesa del concerto del trapper Sfera Ebbasta. A un certo punto si scatena il panico. Ed è tragedia: sei persone muoiono schiacciate dalla calca mentre tentano di fuggire dal locale, dopo che qualcuno scatena il panico con lo spray al peperoncino.
Le vittime sono 5 minorenni (3 ragazze e 2 ragazzi, tra i 14 e i 16 anni) e una madre di 39 anni che aveva accompagnato la figlia 11enne. I feriti sono 120, tutti con traumi e lesioni da schiacciamento. Nella ricerca delle cause della tragedia sono emerse – da parte degli inquirenti – molte irregolarità, assenti i dispositivi di sicurezza e poi tanta leggerezza e superficialità. Soprassediamo su dette inefficienze per dedicarci alle tematiche e problematiche giovanili. Così ci chiediamo: cosa pensano i giovani di sé stessi?
Come si pongono di fronte al loro ambiente sociale?
Si sentono in cammino con la loro gente oppure percorrono vie parallele, critiche, contrastanti?
Perché i giovani assumono certi atteggiamenti?
E, per contro, come sono considerati i giovani nella società: ai margini o al centro dell’attenzione?
Quali ostacoli incontrano nella ricerca della propria identità?
Sono giudicati idealisti, utopici, oppure li si vedono travolti da istanze sociali e individuali?
Domande che postulano una ricerca diretta a far emergere le tendenze positive portanti, contro l’irrazionalità e per la ragionevolezza, contro le leggi dell’effimero e del mediocre e per la ricchezza della comunicazione educativa, contro un’esistenza da spettatore per una vita da protagonisti.
“Quale spazio per i giovani nella società d’oggi”.
Porsi questa domanda significa da un lato, interrogarsi sulle aperture della società ai giovani, e, dall’altro, chiedersi quale spazio i giovani debbono conquistarsi e come essi possono partecipare alla costruzione della comunità.
La situazione di oggi dà risposte diverse: troviamo disinteresse, rassegnazione, protagonismo, partecipazione, fuga, ecc.. E bisogna partire da un dato certo: se si vuole sentirsi radicati nella società, se si vuole trasformarla, è necessario amare la società in cui si vive, per costruire la civiltà dell’amore e della verità.
I giovani hanno bisogno della verità che li impegna, che forse li sconfigge, che li spinge ad altre vittorie, ma di una verità presentata con amore. Non l’amore accattivante e forse giudicante, ma l’amore che accetta la persona alla quale si dona la Verità che salva.
I giovani poi per natura sono protesi alla ricerca. E’ evidente, anche la loro ricerca di Dio e del Suo Vangelo. La loro presenza interpella la comunità nel nome di Dio. Giovani e adolescenti sono due mondi diversi e meritano di essere guardati e ascoltati per capire il rapporto tra la loro domanda educativa e la presenza degli educatori, tra la loro domanda religiosa e la nostra capacità di incrociarla, tra la loro domanda di senso che pervade il tempo e la coscienza educativa.
Orbene oltre la famiglia e la scuola, la comunità ecclesiale, in forza della sua missione, è il soggetto educante privilegiato. Qui i giovani devono essere certi di poter contare su uno dei luoghi in cui affinare la formazione completa, la formazione integrale umana, l’unica che affiancata da una solida formazione scolastica e professionale garantisce gli strumenti concreti per il cambio di passo da dare al Paese.
Facciamo presente poi che la scuola di cristianesimo molto efficiente nella Diocesi di Tursi-Lagonegro ha di mira in questo periodo soprattutto i giovani, i quali non sono il futuro ma il presente della Chiesa. Tutto ciò vuol dire appassionarsi alla comprensione della sensibilità e delle attese del mondo giovanile, esprimere amicizia e solidarietà nella ricerca, nel dialogo, nel confronto, dare ai giovani l’opportunità di esprimersi, di prendere la parola per esplicitare intuizioni, bisogni, attese. E urge educare ai valori.
Il giovane si impigrisce e ristagna quando appunto manca di ideali. I nostri figli saranno protagonisti di un avvenire solido se, ancorati a valori antichi, ameranno percorrere sentieri inesplorati, andando oltre il plauso della gente; se custodiranno la pazienza di sognare oltre le sconfitte momentanee; se nutriranno l’interiorità e il silenzio per rispondere alle domande che contano nella vita; se sceglieranno un’esistenza che si pone regole di comportamento; se cresceranno in un coraggioso spirito di servizio.
“L’educazione è partecipazione di valori, che avviene a livello vitale, mediante la testimonianza insieme con l’insegnamento” (Paolo VI).
In conclusione, accogliamo l’accorato messaggio dei nostri giovani: “Vogliamo essere protagonisti, non dei semplici balconati”. Risuoni in tutti noi questa istanza che interpella fortemente.
Risuoni nei genitori, capaci per natura di amare; in tutti gli educatori che sono aperti ai giovani. Sappiano tutti conoscere il loro linguaggio per meglio comunicare, i luoghi per meglio incontrarli, i metodi per meglio seguirli e per evitare rinunzie e fughe educative.
Non manchino esempi di educatori veri. Risuoni nei giovani perché si accorgano dell’attenzione della Chiesa, perché si interroghino senza sfuggire, perché sappiano discernere tra i falsi maestri che li danneggiano, gli operatori che offrono solo servizi, gli educatori che vogliono bene e i testimoni capaci di trascinare efficacemente.