Comunicato Stampa
“Da mesi le strutture sanitarie private accreditate avevano segnalato con estrema chiarezza che i criteri scelti dalla Giunta regionale per determinare i tetti di spesa del biennio 2025–2026 avrebbero prodotto effetti gravi sui servizi e sull’occupazione. Oggi quelle preoccupazioni sono purtroppo realtà”.
È quanto dichiara il Vice Presidente del Consiglio regionale della Basilicata, Angelo Chiorazzo, annunciando di aver presentato una richiesta di audizione urgente dei Direttori Generali dell’ASP Basilicata e dell’ASM Matera in IV Commissione consiliare.
“Al netto delle rassicurazioni dell’Assessore regionale alla Salute e delle Aziende sanitarie di Potenza e Matera – afferma Chiorazzo – continuiamo a registrare una situazione che peggiora di settimana in settimana. Strutture accreditate che hanno esaurito i tetti, centri che hanno interrotto da tempo le prestazioni, operatori sanitari lasciati senza certezze, cittadini costretti a rinviare visite o a cercare altrove servizi essenziali. La protesta dei lavoratori di Polimedica Melfi davanti alla sede della Regione è solo l’ultimo segnale di una crisi profonda. A nulla sono serviti, finora, gli appelli ripetuti delle strutture private accreditate, delle associazioni dei cittadini, degli operatori sanitari e anche della Chiesa lucana, che attraverso i Vescovi ha chiesto più volte di intervenire con urgenza per scongiurare la desertificazione dei servizi territoriali”.
“La continuità assistenziale – sottolinea Chiorazzo – è a rischio in troppi comuni. Professionisti qualificati temono per il proprio posto di lavoro. Interi territori, già fragili, rischiano di perdere presidi indispensabili. Non possiamo permettere che la Basilicata cada in una crisi sanitaria annunciata e evitabile. È necessario chiarire – conclude Chiorazzo – come siano stati elaborati i tetti di spesa, quali dati siano stati utilizzati, perché non si risponde alle richieste di accesso agli atti delle strutture e quali soluzioni si intendano adottare subito. La salute è un diritto, non un numero, e questo diritto oggi è messo seriamente in discussione”.

