don Camillo Perrone "Parroco emerito di S. Severino L."
Compirà 80 anni il 17 dicembre prossimo. E’ il primo Papa venuto dalle Americhe; il primo a scegliere il nome del Santo di Assisi per testimoniare l’adesione totale al modello della povertà evangelica; il primo a inchinarsi in silenzio per chiedere al popolo di Dio di benedire il suo Vescovo. In un invito amorevole alla fratellanza, all’attenzione all’altro e alla natura, a non avere paura della bontà e della tenerezza. I segni che hanno accompagnato l’elezione di Jorge Bergoglio alla cattedra di Pietro hanno rivelato un pastore, venuto “dalla fine del mondo”, che con gli atti, i gesti, le parole è stato capace di toccare il cuore e la mente di uomini e donne, di credenti e non credenti.
Lo ritengono “rivoluzionario”! Invece Papa Francesco possiede il senso della profezia per riportare la Chiesa al Vangelo. L’accusa rivoltagli di populismo non tiene conto che la Chiesa è “popolo di Dio”, e quindi populista per fondazione. Le istanze di giustizia sociale ed economica sono facilmente riconducibili al populismo (da alcuni considerato comunismo).
In un mondo in cui la politica non ha credito e l’autoritarismo avanza, resta solo la Chiesa ad avere il coraggio per parlare al potere con voce di verità.
Papa Francesco si ispira a S. Giovanni XXIII che non si rivolgeva solo ai cattolici e neppure soltanto alle diverse confessioni cristiane, ma a tutti gli uomini di buona volontà: “la Chiesa si presenta quale è e vuole essere, come la Chiesa di tutti, e particolarmente la Chiesa dei poveri” (11.09.1962). I poveri sono quanti soffrono di condizioni disumane per quanto riguarda il cibo, l’alloggio, l’accesso alle cure mediche, l’istruzione, il lavoro, le libertà fondamentali.
Certo, il nostro tempo per eventi imprevedibili nel passato è ingovernabile. Francesco ha parlato di terza guerra mondiale a pezzi, ma c’è anche un’offensiva a pezzi contro il Vaticano II, che vede il Papa come obiettivo diretto e il Concilio come vero bersaglio per quanti non vogliono cambiare.
Piccola parentesi: Santità, tu che ami le periferie esistenziali, viene qui da noi in Basilicata. Ci dispiace dirle che qui si registra purtroppo un peggioramento della qualità della vita. Vieni e intervieni.
Diciamo poi che il mondo oggi è sostanzialmente distratto e indifferente. In una società fredda, sbadata, gli uomini sono solitari, distanti, apatici, e i veri incontri risultano sempre più difficili. Ci si sente lontani, estranei, soli, anche nel caos del traffico cittadino. L’uomo ha abolito praticamente le distanze spaziali, ma tra i cuori si sono scavate distanze abissali, che producono solitudine, anonimato, estraneità. Di conseguenza, non ci si accorge di chi soffre, perché a un grande progresso tecnico corrisponde una spaventosa carenza in fatto di autentici rapporti umani.
In questo aspetto agghiacciante di disumanizzazione della nostra civiltà si inserisce l’attualità della misericordia, che vuol dire prendersi a cuore la miseria, essere complici del dolore del fratello
che si trova accanto. Dopo l’anno Santo, chiuso il Giubileo si apre l’età della misericordia: ciò lo vuole Bergoglio, il quale non giudica, non condanna, non divide, non oppone. Papa Francesco ha ribadito cosa deve fare la Chiesa, non la sua Chiesa, ma la Chiesa del Vangelo.
Sono sei gli aggettivi che lucidano la Chiesa: << accogliente, libera, fedele, povera per mezzi e ricca di amore, missionaria>>. E’ fedele a un Dio che non ha nemici ma solo figli da amare fino in fondo, non un Dio che divide il mondo tra gli eletti e i dannati. Sono gli uomini che dividono i buoni dai cattivi, demonizzano i nemici, ritenendoli complici del demonio, allo scopo di avere una “santa giustificazione” per sbaragliarli. Invece Dio, ha detto il Papa, ha solo figli e non vuole toglierseli di torno. Né ha aspettato per amare il mondo che tutti diventassimo buoni, o meno ingiusti o perfetti:>> nessuna mano sporca può impedire che Dio ponga in quella mano la vita che desidera regalarci<<.
Ci sono in queste parole il riassunto e l’eredità del Giubileo e insieme le regole per aprire l’età della misericordia. Francesco ha indicato il passo e guida il cammino, ma non perché è il migliore o il più sapiente. E’ convinto che siamo un po’ in ritardo, tutti lui compreso. E’ preoccupato da chi ritiene la polarizzazione dei conflitti, cioè la divisione del mondo in buoni e cattivi, il modo più semplice per trovare una soluzione. Lo angosciano i muri e gli elenchi dei buoni cristiani. Lo inquieta l’idea che il Vangelo debba aver bisogno del potere o addirittura della spada, come è accaduto, per essere diffuso. Ha deciso di fare un Giubileo mai fatto con diecimila Porte Sante per tornare all’essenziale e per spiegare che la regalità di Cristo è “paradossale”, niente corona, niente gloria, niente terre, niente sudditi, perché i cristiani non sono i sudditi di Dio.
Ma soprattutto lo ha fatto per mettere tutti, lui compreso, davanti allo specchio del Vangelo, per misurare quanto siamo,spesso, ipocriti. Non si è frenato nemmeno nell’uso delle parole, nemmeno nei gesti. E’ andato a Lesbo a prendere profughi, ha incontrato i preti sposati, ha pregato con i luterani, tanto per dirne tre. C’è chi lo contesta e si sfinisce per smentirlo. Non è un mistero.
C’è chi arriva a mettere in dubbio la sua fedeltà. Ma lui va avanti. E’ noi?