ROBERTO GERVASO: Guardava il Palazzo e le facce dei suoi inquilini

Gionalista e scrittore di tanti libri di successo Roberto Gervaso, era solito affermare che se “la politica non è una missione, sia almeno un servizioè morto a Milano all’età di 82 anni dopo una lunga malattia.

Roberto Gervaso

I suoi libri firmati con Indro Montanelli sulla storia d’Italia, hanno segnato un’epoca così come i suoi aforismi e battute pungenti. Era un irregolare che non era alla ricerca di regole e la sua serietà consisteva nel non prendersi sul serio. Era un gentiluomo oltre che una penna molto sottile. Roberto Gervaso, guardava e giudicava così come quando scrisse che abbiamo invocato il bipolarismo e l’abbiamo avuto. Abbiamo chiesto una nuova legge elettorale e ce la siamo data. Per poi manipolarla e snaturarla. Inoltre, con il centrodestra al potere, il centrosinistra all’opposizione che si insultano e si tendono i tranelli. Nessun guizzo ideologico dopo la caduta dl Muro di Berlino. Concludeva il suo ragionamento che il tutto era generato da alleanze opportunistiche e strumentali in funzione del potere e, del suo uso e abuso. Non per tutti è così, ma per troppi è così. Era un eccellente osservatore e non aveva inibizioni nell’affermare che “se chi ci governa, con poche, eroiche, lodevoli eccezioni, non guarda agli altri e al futuro, nega il proprio ruolo e non merita di esercitarlo. QUALCOSA NON VA il libro che mi ha regalato e conservo in modo particolare. Qualcosa non va nella scuola, vittima della peggiore demagogia. Qualcosa non va nello sport, specialmente nel calcio, il più popolare e il più inquinato dagli scandali. E’ giusto? si chiedeva. Non lo so. Quel che so è che i bilanci sono in rosso e i loro presidenti rischiano il naufragio. E tutto questo perché? Perché il calcio, il più bello spettacolo del mondo è diventato un affare, uno sporco mercato. Qualcosa non va, davanti e dietro i teleschermi. Quanti tuoi coetanei – rivolgendosi ai giovani – vorrebbero entrare nella casa del “Grande Fratello” e per esservi ammessi, farebbero carte false e salti mortali.

Dopo qualche settimana, nessuno più si occuperà e parlerà di loro. E’ un sipario di carta stagnola. Tra i vari argomenti in “Qualcosa non va” si evidenziano in maniera scorrevole i disvalori della società contemporanea. Nel soffermarmi sul capitolo “La vita e il dolore” ebbi modo di rivolgergli nella rubrica a tu per tu su Il Messaggero (del 17.2.2005 pag.25) una domanda allorchè rivolgendosi a chi aveva perduto un amico, lo invitava a riflettere sul concetto di morte, il più fitto e inquietante mistero in quanto la vita è generosa con pochi e, fra questi pochi, non ci sei tu, né ci sono io. Il mio quesito: dinanzi al dramma che colpisce il popolo nel Sud-Est asiatico facendo centinaia di migliaia di vittime innocenti, se è vero che la vita di tutti è appesa a un filo, mi convinca, Gli chiedevo, da cattolico praticante, se è giusto ipotizzare che tante vite umane possano morire in modo e in circostanze così anomale. La risposta non si fece attendere: “Caro Amico, non sono un teologo e lei, se mi legge lo sa. Tante domande non me le faccio e tante risposte non me le do. Non mi chieda, e non si chieda perché è successo. Forse, tutto ciò che avviene fuori di noi, talvolta anche in noi, è frutto del Caso, quindi non ha rimedio. Il Caso si chiama così perchè fortuito, imprevedibile, ingovernabile.. Lo si subisce o lo si accetta o ad esso ci si ribella. Ma invano. Il Caso, per chi ci crede, sfugge a ogni regola, a ogni controllo, a ogni principio di giustizia. Io, laico da sempre, laico convinto, al Caso non credo. Ci sono misteri insondabili, che non possiamo né spiegare né svelare. Io, laico, a Dio penso spesso. Ci penso col cuore pieno di speranza, ma anche pieno d’angoscia. Ci penso e cerco disperatamente di aggrapparmi a lui, di carpirne , senza successo i segreti. Ma sento, senza certezze, che c’è”. Questo era Roberto Gervaso, implacabile fustigatore, tagliente come la lama di un rasoio.

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