Armando Lostaglio
E’ un film “on the road” questo film che ha convinto tutti alla Mostra di Venezia. È un viaggio a ritroso di un Occidente alla ricerca del proprio rimorso. È un inferno sulla terra.

Secoli di abusi e violenze ci separano da quei concetti di civiltà basati tuttavia sullo sfruttamento e sull’abbandono. Siamo pertanto i colpevoli insensati di quella emorragia di risorse e di braccia che dall’Africa cerca di approdare laddove approdarono (ed approdano) le energie fisiche e mentali sottratte al continente di fronte al Mediterraneo. Ecco cosa fa Garrone: in una forza irresistibile che travalica il dolore, restituisce a quei giovani guerrieri subsahariani la dignità omerica che è alla base della nostra cultura e civiltà. L’esodo biblico conferisce ancor prima la dignità religiosa di uomini figli di Dio, cui il male insito nell’uomo ne ha sottratto anche il più umile dei sentimenti volti al bene comune, universale dunque. Giocando a carte col proprio destino, il giovane capitano della barca dei disperati è baciato dalla fortuna di navigare in un mare placido.
Il pianto di gioia dei giovani protagonisti all’approdo di Lampedusa, terra promessa e sconosciuta, scandisce, inconsapevole, il verso di Walt Whitman, laddove: “O Capitano, mio Capitano! risorgi, per te è issata la bandiera….”
IO CAPITANO
Leone d’Argento miglior regia a Matteo Garrone e Premio Mastroianni attore giovane a Seydou Sarr