Ferdinando Di Giacomo
Oggi vi racconterò una storia. Si tratta della storia, ormai giunta alla fine, di un sogno e di un sognatore. Dei sognatori, da qualche tempo, s’erano perse le tracce. L’ultimo grande sognatore ci ha lasciati diversi anni fa, prematuramente, e ancora oggi sono tangibili e vivi sia i ricordi che il patrimonio che ha posto nelle mani e nelle menti delle successive generazioni. E sì, perché solo i sognatori hanno il potere di creare qualcosa dal nulla, qualcosa che sia al servizio dei giovani, dei posteri. L’ultimo sognatore è stato il buon Pasquale Sacco, del quale si avverte la mancanza, soprattutto in questi tempi di scarso interesse verso i ragazzi e di assenza pressoché totale di relazioni.

C’è, però, un altro sognatore del quale vorrei parlare oggi. Anzi vorrei parlare del suo sogno. Anche lui attivissimo come Pasquale, anche lui irrefrenabile, anche lui minuto nel corpo ma non nell’anima, non nello spirito.
Questo sognatore del terzo millennio un giorno del 2009 chiama due amici e mostra a loro un terreno incolto, abbandonato ai rifiuti degli incivili, in mezzo a tante case bianche e silenziose. Questo sognatore, indicando il terreno impervio, chiese ai due amici cosa stessero vedendo. A quel punto gli amici, guardandosi negli occhi, risposero che stavano notando solo un paio di cani, tre alberi, qualche busta di immondizia, erbacce e arbusti, nulla più. Il sognatore, fissando il terreno, disse allora che i due erano ciechi perché lui stava guardando ragazzi che giocavano nella piazzetta davanti alla nuova chiesa, altri che erano seduti sulle panchine, altri ancora a giocare con il pallone. Stupiti i due amici abbozzarono un sorriso benevolo e chiesero il perché di quel momento, di quell’invito, di quella affermazione. A quel punto fu il sognatore a sorridere.
Oggi sono passati 14 anni e di quel sogno si è realizzato, praticamente, quasi tutto. Certo mancano i bambini nella piazzetta, quelli sulle panchine, quelli che corrono dietro ad un pallone, ma la chiesa c’è, la piazza c’è, le panchine ci sono, il campo di gioco c’è. E si sta ultimando anche il cinema/teatro, una nuova palestra al coperto, un nuovo palazzetto, un nuovo asilo nido, un nuovo centro di ascolto, una struttura per chi si sente solo e per chi attraversa un momento buio.
Il sogno s’è realizzato ma è andato anche oltre. E sono stati contagiati altri nuovi sognatori, che vedono nuove strutture più a valle, sempre piene di persone.
Nel terzo millennio c’è ancora gente che sogna, alla maniera di Giustino Fortunato, di Pasquale, di don Sandro. Oggi il quartiere Bramea, o quartiere dormitorio C10 come orrendamente viene considerato da molti, ha un nuovo plesso attrezzato, una nuova casa comune, dove far vivere e aggregare i nostri ragazzi.

La chiesa è stata aperta al culto lo scorso giugno, e le diverse e enormi strutture saranno ultimante e a completa disposizione dei cittadini della nostra città e di quanti hanno bisogno, così come avviene da diversi anni per i sogni realizzati dai Giustino o dai Pasquale o dai tanti altri sognatori che si sono spesi per Rionero.
Grazie a loro, la speranza di avere, nel tempo, una comunità viva e solidale è ancora accesa.