1953

filesEra di mattina presto e sul marciapiede della piccola stazione sostavano solamente loro.

Due donne ancora giovani, vestite di nero. Viso abbronzato, qualche ruga precoce: pelle da contadine. E un militare, un giovane carabiniere. E tutt’attorno un nugolo di bambini.

– Buoni, piccini, state quieti… – dicevano ora una, ora l’altra delle madri, di controvoglia con la testa altrove.

Piangevano in silenzio. E l’uomo tirava su col naso, sforzandosi perché gli occhi non gli si bagnassero. E accarezzava i bambini e le donne: avrebbe voluto avere dieci mani, quel giorno.

– Perché fate così? – chiese una curiosa avvicinandosi. – Vi è forse morta (non lo voglia la Madonna!) una persona cara? – E si segnò.

– Ah, brava cristiana – singhiozzò una delle due, – è come… è come se oggi ci fossero morte, non una, ma cento persone care.

– A cominciare da questo nostro fratello – soggiunse l’altra prendendo per mano il carabiniere, che si lasciò attirare goffamente verso di lei.

La donna fece la faccia strana.

– Andiamo a Genova, a imbarcarci per l’America – spiegò estraendo il fazzoletto dalla manica, una delle sorelle.

– Ché i nostri mariti stanno già là – aggiunse l’altra.

La curiosa allargò le braccia e fece dondolare il capo. Poi disse:

– Però… io so che all’America si sta bene. E se uno fa fortuna, può sempre ritornare.

Il giovane si era girato di spalle e fingeva di scrutare in lontananza se arrivava il treno.

Le donne guardavano per terra.

I bambini baruffavano per le caramelle dello zio.

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