La raccolta delle olive – il frantoio (tratto dal libro “Francavilla in Sinni” d Antonio De Minco)

raccolta-delle-oliveE’ il tempo della raccolta delle olive per ricavare l’olio nuovo. Pubblichiamo pertanto i ricordi di A. De Minco su questa pratica agricola e su quella che era la società dal punto di vista socio-economico.

Io ricordo perfettamente tutto ciò. Di fronte casa mia, in via Roma, c’era il frantoio oleario di proprietà della famiglia Pangaro-Di Nubila. I bambini erano affascinati dall’asino che ruotava la macina; compar Antonio Bovio che riempiva i fiscoli con la pasta di olive compar Carmine Giordano, giovane e forte, azionava la pressa per comprimere i fiscoli. Sempre compar Carmine poi raccoglieva l’olio con grande maestria impiegando un particolare strumento piatto. Sembrava un mago: da una miscela liquida brunastra otteneva “l’oro liquido”, l’olio. Dopo il faticoso lavoro, si consumava nello stesso frantoio un’abbondante colazione a base di tonno o salmone in scatola con cipolla per assaggiare l’olio nuovo. Quell’olio aveva una elevata acidità rispetto a quello di oggi, perché le olive venivano frante quando erano ammuffite. Si usava barattare l’olio con il formaggio e le patate del Villaneto di San Severino e di altre contrade. L’olio si consumava con parsimonia, invece si usava di più il lardo e la sugna.

Oggi sia la raccolta che i frantoi sono cambiati completamente grazie allo sviluppo tecnologico. Con il miglioramento genetico le piante di olive fruttificano in pochi anni e abbondantemente e raggiungono dimensioni ridotte rispetto alle vecchie piante, i cosiddetti olivastri.

Quest’anno il raccolto in tutta Italia e in particolare nella nostra Basilicata è scarso a causa delle condizioni climatiche sfavorevoli e all’attacco della mosca olearia, che si può combattere con le famose trappole (bottiglie di plastica con due fori contenenti aceto e miele o pesce) e i nidi artificiali per piccoli uccelli insettivori.

L’olivicoltura potrebbe essere anche uno sbocco alla disoccupazione e alla crescita economica, perché il nostro olio è molto pregiato e se, opportunamente pubblicizzato, potrebbe essere consumato in ogni parte del mondo.

 

Dal libro di Antonio De Minco

Francavilla in Sinni

Ricordi e considerazioni sulla realtà sociale, economica, politica, culturale, magica, religiosa…

 

La raccolta delle olive – il frantoio

frantoio-11Chi, per eredità o fortuna, avesse avuto disponibilità di incenti somme di denaro, senza possedere un minimo di terreni coltivati a vigneti, a grano ed oliveti, sarebbe rimasto fuori dalle vecchie tradizioni che hanno sempre legato la vita agricola – pastorale alla comunità francavillese. In virtù di antiche tradizioni, usi, costumi, tutti o quasi possedevano la propria abitazione, i propri terreni da cui traevano quel tanto necessario per la sopravvivenza. Era ritenuto e qualsiasi legge economica lo dimostra che, possedere un pò di tutto quanto fruttifica, le possibilità di vita vengono rese concrete e validamente sorrette. Non serpeggiava, né assumeva corpo concreto fantasia per creare attività nuove, che consentissero un migliore sviluppo economico: ognuno perpetuava l’attività che veniva dal genitore o dall’ambiente ripetitivo, confuso sempre tra una profonda pigrizia e l’inestirpabile povertà economica, che non consentivano alcun decollo, ma più spesso depauperavano l’esistente.

Così la vita stagnava nel più arido ritualismo: molte le parole ma pochi i sintomi della tendenza all’evasione. I rischi creavano, evidentemente, delle forti preoccupazioni e cosìcchè tutti venivano indotti ad aggrapparsi al poco, ma sicuro. Perciò quel pò di tutto, incominciando dalla propria abitazione, per cui non bisognava sborsare canone di locazione e dai terreni utilizzati per la coltivazione del grano, del vigneto, da cui ricavare il vino; dagli oliveti che consentivano la produzione dell’olio ed altri terreni utilizzati per la produzione di patate, fagioli e verdure varie, venivano sfruttati al massimo, ma senza cure particolari che ne esaltasse la produttività, così come tutto l’andazzo generale che si, mirava all’ottenimento del profitto, ma senza enfatizzarlo. Perciò, nella produzione dell’olio, dopo quelle elementari cure di sfoltimento dedicato alle piante degli ulivi, al momento della raccolta, quella e solo quella fase assumeva l’enfasi che l’animo umano sprigiona quando deve ricevere qualcosa. L’operazione della raccolta esigeva l’impiego di uomini, che operavano la battitura, con lunghe pertiche e che producevano gravi danni, come strappi di rami e traumi vari alla pianta. Le donne poi, provvedevano alla raccolta materiale delle olive, che immettevano in appositi sacchi, separando le foglie dal frutto.

macinaDei somarelli trasportavano poi, alle proprie abitazioni quei carichi preziosi che venivano sparsi su teli, per terra. Dopo aver stabilito il giorno, presso il proprietario del frantoio per la fase finale di trasformazione delle olive, arrivava il giorno di massimo impegno e la realizzazione del tanto conclamato prodotto: olio.

Frantoi in Francavilla, ve ne erano quattro o cinque e tutti adottanti vecchi metodi. Su di un fondo di pietre massicce, inclinate e a forma circolare, venivano versate le ceste di olive. Una grossa macina circolare, ancorata ad un perno verticale e con promanazione di un altro corpo massiccio di legno, cui veniva legato, con paraocchi, un somaro, un cavallo, che trainava la macina per una notevole durata di tempo, fino a rendere pastosa le olive macinate. Indi, quella pasta veniva collocata in “fiche” (appositi contenitori di vegetali). Una volta riempite quelle “pizze” venivano accatastate sotto un torchio. Sotto forte pressione, esercitata dai muscoli degli uomini addetti, si spremeva il più possibile quella pasta, che si trasformava in liquido dorato. Ogni tanto l’addetto versava dell’acqua calda intorno al cilindro, costituito dalle “pizze”, allo scopo di staccare il prodotto untuoso e viscoso, che veniva convogliato in un grande tino. frantoio_trovamercatiniTerminate tutte le fasi del processo di trasformazione, l’olio veniva raccolto con diligenza e destrezza dall’addetto specializzato. Versato in barili, veniva poi, trasportato presso l’abitazione del proprietario. Quando si poteva disporre di una certa quantità di olio, quella famiglia disponeva di una certa risorsa economica, che poteva alienare in modi diversi. Perciò alla propria attività professionale, non era disgiunta altra attività complementare, ai fini dell’economia familiare. Così in quella realtà comunitaria, potevi notare il commerciante che disponeva di un somarello, per le operazioni inerenti ai lavori dei propri terreni. L’artigiano, che nonostante l’impiego di manodopera esterna, contribuiva alle diverse fasi di preparazione per la coltivazione e produzione dei beni di consumo. Non c’era una rigida divisione del lavoro. Tutti si prodigavano per il tutto, salvo pochi casi. E’ vero che la necessità fa creare? Sì, verissimo!

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