Antonio Fortunato and Antonio De Minco
Due momenti di democrazia sono alle porte: il referendum sulle trivelle e le elezioni amministrative di primavera. Queste due forme di partecipazione popolare alla vita politica del Paese in cui la sovranità appartiene appunto al popolo, con il passare degli anni, riteniamo essere cose di poco conto. Tanto è vero che l’astensione dalle votazioni è sempre in aumento. Per ricordare che nel ventennio della dittatura fascista non si votava e il popolo non decideva pubblichiamo il ricordo del nostro compianto De Minco dell’ Istituzione politico-amministrativa. Il Municipio.
Dal libro Francavilla in Sinni “ricordi e considerazioni sulla realtà sociale, economica, politica, culturale, magica, religiosa…”
di Antonio De Minco,
pubblichiamo il paragrafo
“L’istituzione politica amministrativa Il municipio”
Come in tutti i comuni d’Italia, anche in Francavilla sul Sinni al centro della vita sociale, con compiti e funzioni amministrative, esisteva il municipio.
Il municipio o casa comunale, sede dell’ufficiale di Governo e rappresentante del popolo, era il luogo dove venivano esercitati i poteri legati all’organizzazione.
Allora, l’ufficiale di Governo era denominato Podestà, così imponeva il fascismo. Egli emanava, così come fa il Sindaco moderno, ordinanze ed adempiva a tutti quegli obblighi, che scaturiscono dalle leggi vigenti. È autorità civile e di P.S..
La sede propriamente detta, vuol dire la costruzione è sempre stata ubicata nella parte superiore della “pianura”. Negli anni ’30 un incendio ne distrusse l’intero stabile. Col passare degli anni, a causa del ritardo della ricostruzione, quel rudere e la sua area con i segni evidenti dell’incendio, erano diventati la latrina pubblica del paese. Venne finalmente, il momento della ricostruzione e con le tecniche in uso, relativamente al tempo, la costruzione assunse un aspetto piacevole esteriormente, mentre l’interno presentava una divisione razionale e servizi adeguati. Allora finalmente, il paese ebbe un orologio visibile a tutti i concittadini. Esso, installato sulla parte superiore di un modiglione frontale, bene esposto con il suo quadrante contrassegnato dai numeri romani, disponeva di un meccanismo elettrico che azionava un martelletto per la segnalazione acustica dei quarti d’ora, mezz’ora e l’ora. L’attività del paese, dopo tanti anni che risentiva il suo coordinamento del quotidiano vivere, trasmesso dalle campane della Chiesa Madre, subiva una rimodulazione di quel processo e che veniva così scandito da quel “meraviglioso orologio”.
Il suono dei rintocchi di quei martelletti si diffondeva per tutto lo spazio cittadino. L’uomo subì quell’influenza tale da seguirne le conseguenti variazioni sotto forma di legge, che regolava i suoi movimenti durante l’arco della giornata. Caratteristico diventava il suono dei rintocchi nelle occasioni delle nevicate. La percezione di quel suono giungeva all’orecchio, in un modo attutito, ovattato e segnalava, a chi era ancora a letto, che la neve, nella nottata, aveva fatta la sua comparsa. Al piano inferiore o piano terra di poco sopra elevato, della costruzione vennero disposte delle aule per le scuole elementari.
Tutte le generazioni che seguirono a quella costruzione, passarono per quelle aule. In esse ogni cittadino (a quei tempi essendoci un Re, eravamo tutti sudditi) compiva i primi passi verso la scolarizzazione e la socializzazione, riceveva le prime impressioni sui modelli di vita, le prime nozioni della conoscenza, le prime lezioni di storia dei popoli, la conoscenza della divisione delle aree in regioni dell’Italia, ma anche del pianeta terra, i rudimenti dell’aritmetica e della geometria e tutto quanto “in fiera” attiene alla formazione dell’uomo. Durante la guerra del 1939-44, il municipio divenne sede anche dell’Ufficio Annonario. In esso si organizza la compilazione, su base anagrafica, delle tessere mediante le quali si acquisiva il diritto di comprare del pane e dei tessuti. A seguito delle sanzioni imposte all’Italia, lo Stato provvide al tesseramento di tutti i prodotti ed a creare un sistema autarchico, che consentisse di sopravvivere all’embargo imposto dagli altri Stati. Vennero affissi proprio sulla facciata anteriore del Municipio dei manifesti, che evidenziavano le sanzioni. Un pollo o gallina, riprodotti sullo stesso manifesto, beccava la consonante Z e la vocale “O”, asportandole dal contesto letterale, tanto che la parola veniva trasformata e ridotta in “sanini”.
Il Municipio, con un ufficio all’uopo disposto, provvide anche alla requisizione ed al conseguente ammasso di prodotti cereali. Il Municipio era anche il centro della raccolta del bestiame. Quando nel ’43 l’Italia e la Germania capitolarono, Francavilla riceveva la visita settimanale delle truppe di occupazione: inglesi, americani, algerini, indiani… .
Puntualmente il lunedì si presentava un ufficiale indiano, scortato da una decina di uomini armati, davanti al Municipio. Quasi tutti gli agricoltori convocati adducevano delle motivazioni particolari a giustificazione del mancato apporto di animali. La reazione di quell’ufficiale era rude, violenta ed arrogante. Egli disponeva di una lunga frusta, con la quale percoteva tutti quei malcapitati.
Noi giovani ne eravamo addolorati. Credo che qualcuno meditasse sul da farsi, tanto era la rabbia.
Il rapporto umano tra i compaesani, gli impiegati del comune e il Podestà erano improntati su base di rispetto reciproco. Tuttavia costoro si ritenevano al di sopra di quella immaginaria linea che divide, così come è sempre stata, il potere e la massa.
I segretari comunali, di norma, provenivano da altri centri.
Alcuni di essi avevano doti umane accettabili, altri si proiettano al di fuori delle leggi, con comportamenti arroganti.
Il diritto di ogni cittadino, anzi suddito a quell’epoca non era sancito dalle leggi, bensì dalla volontà dell’uomo preposto ad una funzione istituzionale. I regimi totalitari partoriscono sempre una catena infinita di piccoli despoti che, soddisfacendo l’istinto di aggressività, scaricano sui loro simili la violenza, l’arroganza e la profonda stupidaggine che li tiene eretti come un palo del vigneto.
In quegli anni accadde, per la prima volta, che un Prefetto facesse visita al nostro Comune. Il paese fu pavesato a festa con bandiere esposte ad ogni finestra e gagliardetti che capeggiavano i balilla, i giovani fascisti e le piccole italiane. Molti cittadini dei paesi limitrofi come Chiaromonte, Fardella, Senise… parteciparono a quella manifestazione di benvenuto. Ricordo un fatto molto curioso: uno studente di Fardella, mentre la popolazione stazionava nella “variante” in attesa di quella autorità, si esibiva su di una bicicletta. Egli pedalava con forza, poi per fermarsi, non azionava i freni, ma prendendo la sella tra le mani e divaricando le gambe, atterrava. Tate volte si esibì finché non riuscendo nella presa, crollò, stramazzò per terra come un salame.
Che fragorose risate tra gli astanti!!!
Antonio De Minco