Il Corano e la svastica

 Nel 1929 il primo volume aveva venduto 23 mila copie; un punto di partenza che s’intreccia con il percorso dei successi del partito, con l’ampliamento dei consensi e dei potenziali sostenitori. Tra il 1930 e il 1932 le copie diventano 80 mila. Con la presa del potere, l’anno successivo viene superato il milione e mezzo di copie. Dal 1936 viene predisposta la versione braille per i non vedenti e ogni coppia di sposi riceve in dono un volume in versione rilegata. Nel tornante conclusivo della Seconda guerra mondiale le vendite superarono i 10 milioni di copie, senza contare la diffusione all’estero grazie alle 16 lingue in cui venne tradotto.

Il nucleo delle idee portanti è noto: la razza come chiave di lettura delle stratificazioni sociali, la violenza del più forte come esercizio di identità rinnovate, la dittatura come approdo di un progetto di trasformazione.

In Italia la prima edizione, abbreviata rispetto all’originale, è del 1934 per Bompiani. Prima dell’edizione allegata al Giornale era stato ripubblicato diverse volte, tra cui una a cura del politologo Giorgio Galli (ma non lo dite in giro, Renzi non lo sa).

Al Cairo, il Mein Kampf è da sempre ben sistemato nelle vetrine delle librerie. Si vende soprattutto ai giovani, ai ventenni, ai trentenni. Sì. Mein Kampf, edizione in arabo. Si trova nelle librerie e nelle biblioteche di tanti, troppi paesi musulmani, dal Libano all’Iran, alla Turchia.

Beatrice Ciminelli
Beatrice Ciminelli

Negli anni Trenta dal mondo arabo arrivavano a Berlino gioiose proposte di traduzione, ma erano i tedeschi a opporre rinvii e rifiuti. Non volevano versioni edulcorate, ossia senza le brutali asserzioni della superiorità degli ariani sui semiti. Agli arabi piaceva il Reich. La Germania non li aveva colonizzati e voleva mandare in pezzi l’ordine di Versailles. Soprattutto suonavano dolcissime le sfuriate antiebraiche di Mein Kampf: gli ebrei dannati, con l’aiuto degli inglesi, stavano colonizzando la Palestina, la compravano ettaro dopo ettaro. Il gran mufti di Gerusalemme, Amin al Husayni, precursore di un certo fondamentalismo islamico, fu tra i primi a spedire telegrammi di lode. Qualche anno dopo si fece fotografare accanto a Hitler, mentre controllava soddisfatto i risultati della Soluzione finale.

Dopo la Seconda guerra mondiale vennero distrutte milioni di copie della «Bibbia del nazionalsocialismo». I diritti editoriali vennero affidati al Land della Baviera, l’ultimo posto in cui Hitler era stato registrato come residente, che vietò qualsiasi edizione non a scopo strettamente scientifico. I diritti sono scaduti il 31 dicembre 2015 e questo ha dato il via a un fenomeno di ritorno di interesse sul testo, quasi maniacale. È andata così per la prima edizione commentata e scientificamente corretta tornata nelle librerie tedesche nel gennaio 2016 dopo 70 anni di “damnatio memoriae”. Curata da un team di storici dell’istituto di storia contemporanea di Monaco di Baviera con il dichiarato scopo di smontare il mito che aleggia ancora attorno al manifesto del Führer. Due volumi, duemila pagine, più di tremila note critiche; il testo originale sulla parte superiore della pagina destra, commenti di contesto e spiegazioni sulla pagina sinistra.

Il libro di Hitler mostra cosa c’è alla sorgente di tutto questo: non è il sentimento di essere forti, è la paura di essere deboli. Conoscere per definire, conoscere per giudicare, conoscere per educare.

In Mein Kampf, questa paura, questo senso di inferiorità, questo senso del pericolo incombente, sono espliciti. Il motivo per cui bisogna dominare gli altri è il terrore che altrimenti ne saremo dominati. Il motivo per cui preferiamo combattere piuttosto che collaborare è che siamo spaventati dalla forza degli altri. Il motivo per cui bisogna chiudersi in un’identità, un gruppo, un Volk, è per costruire una banda più forte delle altre bande ed esserne protetti in un mondo di lupi.

mein kampfIl risultato di questa paura è stata la devastazione dell’Europa, una guerra con un bilancio totale di 70 milioni di morti. È la paura reciproca che rende gli altri disumani e scatena l’inferno. La Germania umiliata e offesa dall’esito della prima guerra mondiale, spaventata dalla forza della Francia e della Russia, è stata una Germania che si è autodistrutta; la Germania che si è ricostruita come centro di collaborazione è una Germania che è fiorita. Chi si sente debole ha paura, difende se stesso e si abbarbica al suo scoglio, alla sua pretesa identità. Chi è forte non ha paura. Pochi libri svelano l’intima logica della violenza come Mein Kampf.

Chiaro dunque che la decisione di ridare alle stampe il Mein Kampf, che in edizione pirata è sempre circolato, non abbia mancato di suscitare polemiche. In Germania si sta anche discutendo sulla forma nella quale reintrodurre lo studio del testo, ovviamente a scopo storico, nelle scuole. Le edizioni non commentate restano vietate, ma pochi giorni fa un editore di Lipsia, come riportato da Bild, ha deciso di pubblicare il Mein Kampf nell’edizione originale, senza alcun commento a supporto.

Il vero dramma di questo libro resta la sua non lettura. Tutti i tedeschi dell’epoca ne possedevano una copia, Hitler incassò 12 milioni di marchi di diritti, ma rimaneva intonso sugli scaffali di casa. Peggio, non fu letto dai leader occidentali dell’epoca, dalle varie cancellerie, dagli intellò non ebrei. Invece, in politica bisogna leggere tutto dei nemici e pure degli amici che in fondo sono nemici non ancora dichiarati.

P.S : Chi non ricorda il passato è condannato a viverlo di nuovo. Leggete anche il Corano, leggetelo il “loro Mein Kampf”.

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