La cleptomania è sempre attiva

S. Severino L.

Si ruba sempre, si ruba ovunque, anche nei posti e luoghi più impensati, si ruba soprattutto nelle Chiese, come si è verificato recentemente a Sen Severino Lucano. Sono state asportate tutte le statuette artistiche del presepio. I lestofanti acciuffano tutto. Inoltre, nei giorni scorsi, ignoti sono penetrati nel Municipio dello stesso paese San Severino Lucano, impossessandosi di una somma di denaro, di un tablet e di vari oggetti, però di minore importanza.

Si ruba per strada e negli appartamenti, nei supermercati e nelle banche; uomini e cose; con violenza e tracotanza sotto gli occhi di tutti, a viso scoperto. E impunità e connivenza, a tutti i livelli, danno garanzia a chi delinque…

Ma, e il “diritto di proprietà“, che è uno dei pilastri del diritto naturale delle genti, che da sempre regola la convivenza dei popoli civili? In una società di ladri e di truffatori tali comportamenti sono regola di vita, ma quando questa si raffronta e si mescola con una comunità democratica, dove la libertà per i singoli si ferma davanti al diritto dell’altro, allora avviene lo scontro e la difficoltà di convivenza; diviene impossibile convivere: la prima, per una maledetta osmosi, compenetra l’altra, si infiltra nel suo tessuto, la pervade e la prevale.

Una sorta di asfissia mortifica il rigoglio di una società che evolve; e il ritmo di miglioramento rallenta; nonostante l’apparenza non è progresso quello che si vede. Quanto benessere offre all’uomo d’oggi il progresso scientifico, e quali stupende prospettive gli arridono! Ma tutto questo è avvelenato dalla mala pianta dell’uomo trasgressivo, piovra maledetta che vive in uno sfruttamento egoistico e assiduo fino ad esaurire, spietatamente, e con crudeltà le altrui energie.

S. Severino L.

Di qui lo sgomento e la rassegnata impotenza dell’uomo razionale.

Che fare? Intanto con questi neri protagonisti bisogna pur convivere.

Scender sullo stesso piano? Allora è lo scontro, quello che insanguina le strade in una catena interminabile di de­litti, cui consegue altro odio e altro san­gue, innocente a volte. Amara realtà dei nostri giorni!

— Mio Dio, dove sono capitato a vivere! — lamentava l’altro giorno un ra­gazzo, uno di quelli che si guardano in­torno. E che brutta società abbiamo crea­to ai nostri figli!

E lo stato? E le istituzioni? Lo sta­to, che taglieggia e preleva dalla busta paga del cittadino onesto, quale garan­zia e sicurezza offre? Da parte di chi si schiera?

È difficile da capire… E allora a chi appellarsi? Mio Dio, che fare? Già, Dio!

don Camillo Perrone

Se gli lasciassimo uno spazio tra noi; se venisse per le strade e con noi convivesse nelle fabbriche e nel parlamento, nelle famiglie e nella scuola.., Dio, l’abbiamo esonerato dal prendersi cura di noi; gli siamo sfuggiti di mano. E ci è capitato il peggio: lo spettacolo deprimente e crudele, che è il no­stro castigo, di una società strangola­ta dal male. I giovani, intanto, stanno a guarda­re, crescono, testimoni delle convulsioni degli uomini e prendono coscienza di dover convivere col sopruso e con la violenza, indifesi e vittime del mostro ingordo. Per fortuna, però, tanti hanno im­boccato la via giusta e si sono schiera­ti dalla parte di Dio, che è la più sicura e la più forte, e che alla fine vincerà. Par­lano, difatti di «cammino di fede» di «in­contro col Signore» di «colloquio con Dio», di «conversione» di «silenzi e di spazi nei quali egli parla e si manife­sta…».

E, forse, per questa via ci salverà

 

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