don Camillo Perrone "Parroco emerito di S. Severino L."

Si ruba sempre, si ruba ovunque, anche nei posti e luoghi più impensati, si ruba soprattutto nelle Chiese, come si è verificato recentemente a Sen Severino Lucano. Sono state asportate tutte le statuette artistiche del presepio. I lestofanti acciuffano tutto. Inoltre, nei giorni scorsi, ignoti sono penetrati nel Municipio dello stesso paese San Severino Lucano, impossessandosi di una somma di denaro, di un tablet e di vari oggetti, però di minore importanza.
Si ruba per strada e negli appartamenti, nei supermercati e nelle banche; uomini e cose; con violenza e tracotanza sotto gli occhi di tutti, a viso scoperto. E impunità e connivenza, a tutti i livelli, danno garanzia a chi delinque…
Ma, e il “diritto di proprietà“, che è uno dei pilastri del diritto naturale delle genti, che da sempre regola la convivenza dei popoli civili? In una società di ladri e di truffatori tali comportamenti sono regola di vita, ma quando questa si raffronta e si mescola con una comunità democratica, dove la libertà per i singoli si ferma davanti al diritto dell’altro, allora avviene lo scontro e la difficoltà di convivenza; diviene impossibile convivere: la prima, per una maledetta osmosi, compenetra l’altra, si infiltra nel suo tessuto, la pervade e la prevale.
Una sorta di asfissia mortifica il rigoglio di una società che evolve; e il ritmo di miglioramento rallenta; nonostante l’apparenza non è progresso quello che si vede. Quanto benessere offre all’uomo d’oggi il progresso scientifico, e quali stupende prospettive gli arridono! Ma tutto questo è avvelenato dalla mala pianta dell’uomo trasgressivo, piovra maledetta che vive in uno sfruttamento egoistico e assiduo fino ad esaurire, spietatamente, e con crudeltà le altrui energie.

Di qui lo sgomento e la rassegnata impotenza dell’uomo razionale.
Che fare? Intanto con questi neri protagonisti bisogna pur convivere.
Scender sullo stesso piano? Allora è lo scontro, quello che insanguina le strade in una catena interminabile di delitti, cui consegue altro odio e altro sangue, innocente a volte. Amara realtà dei nostri giorni!
— Mio Dio, dove sono capitato a vivere! — lamentava l’altro giorno un ragazzo, uno di quelli che si guardano intorno. E che brutta società abbiamo creato ai nostri figli!
E lo stato? E le istituzioni? Lo stato, che taglieggia e preleva dalla busta paga del cittadino onesto, quale garanzia e sicurezza offre? Da parte di chi si schiera?
È difficile da capire… E allora a chi appellarsi? Mio Dio, che fare? Già, Dio!

Se gli lasciassimo uno spazio tra noi; se venisse per le strade e con noi convivesse nelle fabbriche e nel parlamento, nelle famiglie e nella scuola.., Dio, l’abbiamo esonerato dal prendersi cura di noi; gli siamo sfuggiti di mano. E ci è capitato il peggio: lo spettacolo deprimente e crudele, che è il nostro castigo, di una società strangolata dal male. I giovani, intanto, stanno a guardare, crescono, testimoni delle convulsioni degli uomini e prendono coscienza di dover convivere col sopruso e con la violenza, indifesi e vittime del mostro ingordo. Per fortuna, però, tanti hanno imboccato la via giusta e si sono schierati dalla parte di Dio, che è la più sicura e la più forte, e che alla fine vincerà. Parlano, difatti di «cammino di fede» di «incontro col Signore» di «colloquio con Dio», di «conversione» di «silenzi e di spazi nei quali egli parla e si manifesta…».
E, forse, per questa via ci salverà