don Camillo Perrone "Parroco emerito di S. Severino L."
A una fredda stagione invernale – iniziata da poco – si contrappone ora una stagione politica molto calda. Corsa frenetica verso le elezioni di primavera. Ci si muove da parte dei vari partiti circa le coalizioni, si redigono programmi, si fanno promesse, quindi votazione ed esito delle urne, vittoria da conseguire e poi i cambiamenti auspicati nella società.
Questioni sul tappeto oggetto di scontri: manovra, pensioni, migranti, crescita, i giovani, ius soli, ambiente, debito pubblico, criminalità e quant’altro.
Fioccano le contestazioni al governo in carica che pure – secondo il nostro giudizio – ha cercato di realizzare in materia di occupazione, riforme, agevolazioni e ora occhi puntati sul nostro Sud. Ma ecco il punctum dolens ovvero la pietra di inciampo. Si parla di ripresa quando molti affermano: sono passati circa 10 anni di magra, e le bibliche vacche grasse ancora non tornano. Abbiamo sospirato, spiato ogni luce, fidando, come si dice, “nell’uscita dal tunnel”, come stancamente continuano a ripetere i nostri governanti, sempre più a testa bassa.

“Caro Gentiloni, tu dici che cresciamo – così si esprime Bersani – ma la gente è agitata”.
E poi perché l’Italia è precipitata nella crisi peggiore degli ultimi trentacinque anni? La colpa è della Germania, dell’austerity imposta dall’Europa, della moneta unica? O della mediocrità della classe dirigente? Esiste una via d’uscita, una ricetta per rifare il Paese?
E su queste tematiche si surriscalda sempre di più la campagna elettorale. Il confronto politico s’è infarcito di stoccate mordaci, di altero disprezzo, di scontri duri e dove la demonizzazione dell’avversario è divenuta un fatto quotidiano. Sembra che molti freni inibitori si siano sciolti e che la ragione, la moderazione, il buon senso siano stati messi in disparte. C’è quindi conflittualità accentuata. Ci sono frammentazioni, molta incertezza e disorientamento.
Com’è che i politici sono sempre più graffianti, straripanti e cristallizzati nei loro difetti?
Ma è soprattutto doveroso chiedersi: i politici in primis si prefiggono tutti la promozione del bene comune e il raggiungimento del pieno rispetto dei diritti della persona?
Purtroppo la politica – la più alta funzione civile che comporta la responsabilità di scegliere per il bene di tutti – sprofonda nel pantano degli interessi di parte, e il prezioso patrimonio della democrazia finisce avvilito nell’ambito di pochi, che si contentano di schiacciare un bottone, disponendo dell’armonia sociale e dello spirito di comunità con un solo “clic”.
Ora la gente, avendo perso quasi completamente la fiducia nei partiti e nei loro esponenti, chiede semplicità, trasparenza, onestà e idee stabili. Non sarà facile ottenerle, mentre sono già all’opera gruppi che cercano di accaparrarsi sempre più potere.
Realmente ci sono famiglie che non ce la fanno più a tirare avanti fino alle fine del mese; famiglie con uno o più disoccupati in casa e dove mancano prospettive di lavoro a corto e medio termine.

In Italia l’1% più ricco possiede 415 volte la ricchezza del 20% più povero.
La diseguaglianza tra i redditi dei ricchi e dei poveri in Italia è oggi tra le maggiori in Europa. Tra i poveri non ci sono più solo disoccupati, anziani o famiglie numerose: oggi vivono al di sotto della soglia di povertà anche i lavoratori, le famiglie non necessariamente numerose, i giovani. A questo punto diciamo che occorre rigenerare ideali e valori. Purtroppo qualcosa si è offuscato con le troppe tensioni sia interne che internazionali e per lo sconforto esistenziale, mentre popoli nuovi affluiscono, affamati di vita, di conoscenza, di trapianto innovativo negli antichi ceppi. L’Italia e l’Europa, in genere l’Occidente, con i loro valori consolidati ora mancano del coraggioso slancio vitale. Ed ecco l’appello del Papa. Intervenendo ai 150 anni dell’Azione Cattolica, Jorge Mario Bergoglio ha invitato i credenti a tornare a occuparsi in prima persona della “cosa pubblica”. Ma senza rincorrere l’idea del partito unico. Dunque che vuole il Papa? Vuole laici impegnati in politica, che si fidino più di sé stessi, non aspettino di essere imbeccati dai vescovi e soprattutto credano nel pluralismo e nella mediazione per costruire una società migliore, attenta ai più deboli, che non scambino l’etica pubblica con un moralismo di maniera e che costruiscano un corredo di regole condivise, cioè una buona politica, per trovare soluzioni più vicine o meno lontane ai valori della persona, base di ogni convivenza civile. Questo hanno fatto i cattolici italiani alla Costituente e così si comportava Oscar Luigi Scalfaro, che pure sulla giacca aveva sempre appuntato lo stemma dell’Azione cattolica, anche da presidente.
In questa società liquida, il mondo cattolico è tra le poche agenzie globali capaci, per vocazione, di portare avanti un discorso profetico sull’economia, sul lavoro, sulla finanza.
L’asse portante della nostra società non può essere lasciato in mano all’attuale modello di sviluppo, non può vedere assenti o insignificanti i cattolici. La rilevanza pubblica dei cattolici deve svilupparsi sino a incidere sui problemi vitali delle persone e della società, quali il lavoro, la famiglia, la scuola, la difesa della salute, dell’ambiente e dei migranti.
Urge una visione della politica che non sia ingabbiata da sterili contrapposizioni ideologiche, ma che possa svilupparsi sui binari della solidarietà sociale.
Auspichiamo allora un disegno politico che capisca e freni le cause della crescente frammentazione, della segmentazione, del localismo, riaccreditando la politica nel sociale e dotandosi di una strategia capace di governare una società moderna.
Non siano mai sacrificati i beni fondamentali della persona o della collettività per ottenere consensi: l’azione politica da strumento per la crescita della collettività non si degradi a semplice gestione del potere, né per fini anche buoni ricorra a mezzi inaccettabili.
In un contesto sociale e culturale la ricerca del bene comune, quale anima e giustificazione del principio di legalità, esige contemporaneamente una più ampia e capillare diffusione del senso della solidarietà tra gli uomini, una maggiore vigilanza in ambito morale e legislativo perché non si costituiscano dei monopoli di potere e soprattutto una decisa e sistematica educazione delle coscienze per il superamento di mentalità privatistiche ed egoistiche.
In conclusione: ribadiamo la necessità che i laici cristiani sappiano far fronte alle proprie responsabilità attraverso una presenza unita e coerente, sempre aperti a una sincera collaborazione con tutte le forze sane della nazione, come pure l’affermazione che una forza di ispirazione cristiana è ancora necessaria per esprimere sul piano sociale e politico la tradizione e la cultura cristiana. L’attualità incalza: la risposta è un sereno realismo e un grande rigore concettuale e culturale, che viene proprio dalla dottrina sociale della Chiesa.
E’ il momento del discernimento cristiano, in un quadro complesso e contraddittorio.