Annibale Formica
Il tema, di cui parliamo e che mi intriga, è: “conosciamo i nostri prodotti agroalimentari tradizionali (PAT),
Una considerazione, tratta da uno scambio di informazioni tra persone che si dibattevano sulla provenienza geografica dell’uso del fegato nella salsiccia, fa dire, in modo spontaneo e senza complicazioni erudite, a un amico esperto : “la conservazione delle tradizioni ci dona anche brandelli di storia antica”.
E Castelluccio con la salsiccia di fegato ha molto da raccontare sulle sue origini storiche.
Infatti, come è ormai luogo comune dire, “Il cibo è cultura”, è storia, è geografia ed è molti altri significati ancora, sia per l’individuo in sé. sia per la società in cui vive.
Sappiamo da sempre che il cibo è sopravvivenza, è salute ed è, poi, anche gusto, emozione, qualità, convivialità, un modo di relazionare col prossimo, diventando mediatore culturale delle tradizioni (e non solo) di una comunità e di un territorio.
L’insieme di quello straordinario mondo che si fa espressione dell’immenso patrimonio di biodiversità naturali e umane che possediamo nei paesi del Pollino, ci rende capaci di mantenere insieme, per secoli, usi, costumi, vocazioni, tradizioni e storie.
Storie che oggi dobbiamo solo imparare a raccontare, a raccontarci.
Un compito, che possiamo cominciare a svolgere, perciò, con immediata e consapevole competenza, è una sana e seria (nel senso di utile e proficua) ricerca del “senso” (del significato) del cibo: per noi stessi, per la comunità rurale di appartenenza, per il territorio, per la cultura (e coltura) che ancora lo fertilizza, per la comunità del cibo, di cui da qualche anno (da Sloww Food e da Carlin Pretrini alla fine degli anni ’90 in poi) si parla in modo sempre più impegnativo e promettente.
Delle attività, che il Parco Nazionale del Pollino, istituito in quegli anni, cominciava a svolgere, nell’ambito delle sue finalità istituzionali e dei suoi primi obiettivi (i prodotti agroalimentari tipici, le biodiversità, l’agricoltura biologica, il marchio) di conservazione e di tutela, e dell’Azienda Pollino dell’ALSIA, che in collaborazione con il Parco seminava e coltivava, a partire dai frutti e dai semi antichi, il suo impegno nel mondo agricolo della zona, che dell’agricoltura faceva non solo un motivo di vita e di sostentamento, ma anche di orgoglio e di eccellenza, mi piace ricordare l’attenzione dedicata, come direttore, tra il 1996-1997, a collaborare, a sostenere e a supportare il lavoro che, commissionato dal Ministero dell’Ambiente, stava svolgendo Carlo Petrini, per conto di Slow Food in collaborazione con Legambiente e Federparchi, per mettere su, insieme all’assegnazione della chiocciolina, come presidio slow food, alle prime aziende agroalimentari nel territorio del Parco, il primo ”Atlante dei prodotti tipici dei parchi italiani”, realizzato, nel 2002, da Slow Food Editore srl.
L’idea di Comunità del cibo è nata subito dopo, per dare valore a quelle persone, agricoltori, pastori, allevatori, fornai, cuochi, educatori, insegnanti, studenti, giornalisti, tecnici, produttori, che nell’ambito del territorio di riferimento svolgono un ruolo attivo nel proprio sistema del cibo locale.
La comunità del cibo, legata al proprio territorio non solo dal punto di vista geografico, ma anche dal punto di vista sociale, culturale e storico e con una propria “visione” e con i propri saperi tradizionali (vedasi i PAT), ha il compito di promuovere una gastronomia, fondata sulla tutela della biodiversità, sulla protezione dell’ambiente e sul rispetto delle culture e delle tradizioni locali. Deve, cioè, servire a migliorare il sistema alimentare locale, partendo dalla valorizzazione delle produzioni locali, con particolare attenzione alla conservazione della biodiversità agroalimentare e degli ecosistemi, per garantire uno sviluppo locale economico, culturale, sociale e ambientale armonico e rispettoso degli equilibri naturali.
In un suo intervento del novembre scorso a Rotonda, l’assessore regionale all’agricoltura, Luca Braia, ha considerato il Pollino uno straordinario esempio ed ha parlato delle azioni di tutela della biodiversità di interesse agricolo ed alimentare e della comunità del cibo dell’area Sud della Basilicata come di un’opportunità per “un nuovo modello di sviluppo”.
La terra, infatti, è la vera grande opportunità e l’agricoltura è la sola attività economico-produttiva in grado di migliorare la qualità della vita delle persone e di favorire l’inclusione.
La rete istituita da agricoltori custodi e dalla comunità del cibo – ha aggiunto, inoltre, l’assessore – ci proietta a riconoscere come propulsori di futuro le 54 – ad oggi – aziende che costituiscono l’itinerario della biodiversità agricola ed alimentare. E con il bando destinato agli agricoltori custodi il PSR Basilicata 2014-2020 darà sostegno ad ulteriori 50 di loro.
Prende, così, sempre più consistenza la nascita della Comunità del Cibo e della Biodiversità di interesse agricolo e alimentare dell’area sud della Basilicata, che giovedì prossimo, in assemblea, si accinge a formulare il suo programma di attività per il 2018, anno del cibo.
La Legge 1° dicembre 2015, n. 194, all’art. 13 prevede, infatti, la istituzione della “Comunità del cibo e della biodiversità di interesse agricolo e alimentare”, finalizzata alla tutela delle risorse genetiche di interesse alimentare ed agrario locali e alla tutela del territorio rurale, contribuendo a limitare i fenomeni di spopolamento e a preservare il territorio da fenomeni di inquinamento genetico e di perdita del patrimonio genetico.
Con i presupposti istituzionali e giuridici che accompagnano l’attività della Comunità del cibo, ci si può adoperare, quindi, a sostenere iniziative che possono dedicare la massima attenzione al territorio, al paesaggio, alla natura, alla biodiversità, all’uomo, al prossimo, al cibo, valorizzando tutto il percorso dalla coltura alla tavola, alimentando, a beneficio della salute e del benessere complessivo della persona, anche il gusto del cibo, ormai al massimo della popolarità e della domanda turistica.