Il vero rinnovamento politico

I primi filosofi cercavano di trovare una spiegazione delle cose e del fatto che l’uomo non riesce ad essere buono. Il motto era “conosci te stesso”, con la prospettiva che scandagliando nel proprio intimo, l’uomo potesse conoscere i propri errori.

don Camillo Perrone

Diogene girava in pieno giorno con una lanterna accesa per cercare l’uomo giusto, coerente, onesto, ma non lo trovava.

Platone riteneva che l’uomo era un’anima preesistente in un mondo spirituale che chiamava iperuranio, prigioniero in un corpo dal quale doveva cercare di liberarsi per tornare nel suo mondo originario dove sarebbe stato felice.

In politica spesso re e governanti hanno voluto creare mitici imperi in cui regnasse la giustizia, la pace, l’uguaglianza, ma si sono serviti della spada, della violenza, dell’oppressione. In questa ottica possiamo vedere l’impero romano sgretolato dal disordine morale, la dea ragione della rivoluzione francese che tagliò nel terrore le teste e divorò gli stessi fautori.
Hitler voleva ricreare un mondo “puro”, la difesa della razza bianca, ariana, superiore. Per fare questo milioni di persone hanno dovuto pagare con la vita, colpevoli di appartenere ad altra razza, pensiamo all’olocausto degli Ebrei, o di avere un male incurabile.
E ora qualche accenno sul ventennio fascista, nella nostra Italia.
Mussolini, in un governo di debolezza del governo e di mancata intesa fra i vari partiti, nel 1922 instaurò il regime fascista.

Avvenne così la demolizione delle libertà politiche e di tutte le associazioni e partiti che non fossero il fascismo e si instaurò lo stato totalitario.
Esso creò istituzioni proprie per l’educazione della gioventù, associazioni statali per l’organizzazione del lavoro, dell’assistenza, ecc.
Secondo il principio hegeliano che animava il fascismo, lo Stato era tutto e nulla vi era al di sopra ed al di fuori dello Stato.
Il fascismo, non potendo certo sopprimere la Chiesa e le sue istituzioni, dato il senso religioso del popolo italiano, ostacolò la pienezza della vita religiosa. Soppresse il partito popolare di ispirazione cristiana, sparirono i sindacati cattolici, le casse rurali, le banche popolari, le cooperative cattoliche, fu controllata e censurata anche la stampa cattolica. Tutto fu assorbito dallo Stato totalitario.
Ieri i comunisti pretendevano di risolvere tutti i problemi abbattendo il capitale, illudendosi che l’uomo potesse star bene, ed hanno ucciso il proprio simile nei Paesi dove ha governato il socialismo reale. Ogni loro tentativo politico di creare uno stato perfetto è sfociato in una crudele tirannia.

E veniamo al governo della DC per oltre 40 anni, contrassegnati da luci, ombre e criticità. Però un bilancio onesto e veritiero degli anni dal dopoguerra ad oggi non può dimenticare tutto ciò che i cattolici, insieme ad altre forze democratiche hanno fatto per il bene dell’Italia.
La realtà della fame, della povertà e dell’ingiustizia ha sempre assillato la società di ogni tempo, che doverosamente ha cercato di trovarne le cause per sconfiggerla. Sono state avanzate diverse teorie socio-economiche e conseguenti forme politiche, intese ad assicurare la maggiore produzione di beni possibile a una equa distribuzione.

Lo sviluppo tecnologico ha per un tempo dato l’illusione di poter risolvere una volta per tutte questo scandalo dell’umanità. Ma la realtà davanti ai nostri occhi denuncia che né i sistemi ideologici, sia marxisti che liberisti, né la tecnologia sono stati capaci di dare risposte adeguate. E’ la comprensione antropologica che è stata impoverita.
Afferma il grande leader mondiale Giovanni Paolo II: “Confessiamo e rinnoviamo anzitutto la nostra fiducia nel Signore della storia, nel nuovo che viene da Dio e che salva il mondo. Questo nuovo è Gesù Cristo. Soltanto in Lui e a partire da Lui possiamo capire pienamente l’uomo, il mondo e anche l’Italia di oggi; possiamo orientarci a salvezza; possiamo trovare libertà, giustizia, senso e pienezza di vita, nel cammino verso la Patria dell’eternità”.
Senza cadere nel clericalismo ovvero nella eccessiva confessionalità dobbiamo riconoscere che Cristo Gesù, servo per amore, è il vero restauratore sociale. Darsi, questo è politica. E Cristo ha fatto politica nell’accezione più eccellente della parola. E’ necessario, quindi, cercare sempre di capire il ruolo e i valori fondamentali dell’impegno a servizio del popolo. Un impiego che deve trarre il suo fondamento da un costante rapporto con Dio.
Occorre una generazione nuova di italiani e di cattolici che sentono la cosa pubblica come importante e alta, in quanto capace di segnare il destino di tutti, e per essa sono disposti a dare il meglio dei loro pensieri, dei loro progetti, dei loro giorni. L’asse portante della nostra società non può essere lasciato in mano all’attuale modello di sviluppo, non può vedere assenti o insignificanti i cattolici. La rilevanza pubblica dei cattolici deve svilupparsi sino a incidere sui problemi vitali delle persone e della società, quali il lavoro, la famiglia, la scuola, la difesa della salute, dell’ambiente e dei migranti. E una particolare attenzione va posta verso i poveri, gli scartati da un’economia e da un modello di sviluppo che non mettono al centro la dignità della persona, ma il profitto: un “idolo” cui sacrificare tutto. “Per la Chiesa”, scrive Papa Francesco nell’Evangelii gaudium (198), “l’opzione per i poveri è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica”.


I cattolici devono tornare a essere di nuovo incisivi nella società, come lo furono ai tempi della Costituzione italiana o dello Statuto dei lavoratori, attingendo al prezioso patrimonio della Dottrina sociale della Chiesa. “Se il mondo si sente straniero al cristianesimo”, diceva Paolo VI, “il cristianesimo non è straniero al mondo”.
In questa società liquida, il mondo cattolico è tra le poche agenzie globali capaci, per vocazione, di portare avanti un discorso profetico sull’economia, sul lavoro, sulla finanza. Quindi la sfida del nostro tempo è: la generosità, la condivisione, la solidarietà, farsi poveri perché i poveri siano meno poveri.
Occorre educare ed educarsi alla testimonianza personale e collettiva nel sociale e nel politico per un servizio efficiente e disinteressato tenendo presente che il Vangelo della carità comporta una visione della persona e dei principi etici della vita, iniziative e impegni coerenti. La testimonianza della vita, nel lavoro, è eloquente più delle parole. E non solo la testimonianza della buona azione o del servizio organizzato nel tempo libero e con spirito di volontariato, quanto quello nell’adempimento del proprio dovere quotidiano, dell’esercizio del lavoro professionale che si svolge nel mondo o negli ambienti più vari, dove si svolge la vita dell’uomo, dove si affrontano i problemi dell’esistenza, dove si verifica lo spirito di fede che informa l’attività umana.
Noi purtroppo sappiamo quanto è radicato l’individualismo nella nostra gente. Ognuno pensa a sé e il lavoro è visto legato al proprio interesse e non alla valenza della solidarietà.
Ora il cristiano impegnato nel sociale è sempre in missione verso l’uomo, l’uomo con i suoi problemi e le sue esigenze, siano esse educative, sanitarie, amministrative, economiche, civili, familiari o semplicemente burocratiche. L’amore per l’uomo e, in primo luogo, per il povero, nel quale la Chiesa vede Cristo, si fa concreto nella promozione della giustizia.
La giustizia è volto di carità: una missione che i papi dell’ultimo mezzo secolo hanno affidato alla Caritas, in Italia e nel mondo.
In conclusione: è necessario riscoprire la Dottrina Sociale della Chiesa per lo sviluppo integrale dell’uomo e della società, nella solidarietà e sussidiarietà. Lo sviluppo si realizza solo se ogni persona viene valorizzata attraverso una partecipazione responsabile alla vita economica e sociale; se vengono promosse la libertà, la creatività, l’autodeterminazione e iniziativa personale; se viene garantito il diritto al lavoro.
Perché si possa realizzare tutto ciò allora devono essere coinvolte tutte le istituzioni educative quali la famiglia, la scuola, il sindacato, i movimenti, le associazioni e, in particolare, quei mondi vitali che aggregano i giovani. Non si possono realizzare questi programmi con la fuga o con la rinuncia, ma solo con il coinvolgimento e la fedeltà, sapendo interpretare e vivere l’umanesimo nell’epoca della scienza, della tecnica e della comunicazione.

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