Armando Lostaglio
“La maleducazione è arrivata molto in alto. La nostra freddezza li ha lasciati lavorare. Adesso la ribellione spetta a noi. Non si era mai visto nella storia: la rivoluzione degli educati…”. E’ un passaggio estremamente limpido scritto da una signora più che novantenne: Franca Valeri, acuta osservatrice dei tic nostrani, autrice di teatro, attrice fra le più brillanti della nostra epoca, che ha scritto un libro (edito da Einaudi, 2010) dal titolo emblematico: “Bugiarda, no. Reticente”.
Il testo della Valeri (excursus ilare della sua straordinaria carriera), induce ad uno scatto di indignazione da parte delle persone per bene, educate, avvezze al rispetto delle regole, o almeno tendenti ad esse. Quanto ci attornia in questo frastuono quotidiano concernente soprattutto il malcostume registrato così in alto, sa di costrizione, e nel contempo, di assuefazione ad un avanspettacolo da “così fan tutti”.

Il vociare nei treni, telefonini sempre pronti e ad alta voce, i bisogni dei cani per strada, e via via tutto un andirivieni di situazioni di impercettibile riguardo verso il prossimo. E le persone educate dove sono? Sicuramente sono quelle che lavorano con umiltà seguendo i dettati della propria formazione, tirano avanti e portano lustro alla convivenza civile e verso questa nazione spesso dileggiata suo malgrado. Qualche anno, l’autorevole New York Times aveva dedicato solo quindici righe alle vicende di avanspettacolo offerto dal nostro regime, e dai suoi protagonisti, prima dell’avvento “tecnico” di Monti. Quindici righe, tanto valeva agli occhi del mondo la casereccia pantomima, e con essa la nostra inclinazione inconfessata allo scandalismo. Dell’oggi non si accorge quasi più nessuno, siamo solo un granello sullo scacchiere internazionale. Forse in Europa ancora un po’ siamo calcolati, per un opportunismo numerico.
Ma gli scandali, l’arroganza, la non considerazione della persona? Continuano a inseguirci e dilaniarci, e fino ad oggi, con una attitudine antropologica cui, tuttavia, non riusciamo a fare il callo. Ci indigniamo; ma non basta. In questo che Pasolini ammoniva – profeticamente – come un “genocidio culturale”, la parte sana ed educata assiste non sempre inerte, e quando la scadenza di una elezione chiama, va a votare sperando di cambiare. La gran parte però rimane spossata da quel gioco al massacro fatto piuttosto di voyerismo e di facile condanna, anziché di riappropriazione di una dignità smaccatamente calpestata.

Una ebbrezza di potere dispotico continua a dominare, ornato come si fa con i reality, volgare come sanno essere i reality. Mentre si aggira in dibattiti reiterati un nuovo personaggio che in volgarità sta superando persino Sgarbi: è un docente di filosofia del diritto di Genova (sì, docente, tale Paolo Becchi) che si diverte a mandare pesantemente al diavolo questo o quello che non la pensa come lui: poveri studenti, si dirà. Un copione ormai consunto, disperato. L’avanspettacolo tv conserverà il suo palinsesto di screanzati, ma la misura è colma, da tempo. “Adesso la ribellione spetta a noi” ribadisce Franca Valeri nel suo testo, sia la rivoluzione degli educati. “Senza dubbio il nostro tempo preferisce l’immagine alla cosa, la copia all’originale, la rappresentazione alla realtà, l’apparenza all’essere…” La previsione è di Feuerbach, datata 1841.