Lavoro, Economia, Carità in questi anni in Italia

Chi ci salverà? Ecco una domanda angosciosa che sale dal fondo considerando le reali condizioni d’Italia e del mondo, dietro scenari e scossoni epocali interni e internazionali.
Ci salverà il Vangelo ben attuato, ci salverà la dottrina sociale della Chiesa. Non ci salva certamente l’abilità dei politici, l’oro dei banchieri e nemmeno la spada dei soldati.
Alla base della Dottrina Sociale della Chiesa sta il principio che tutto il “creato” è orientato all’uomo. Dio ha creato il mondo per l’uomo, perché vi potesse abitare come in un giardino ed esercitarvi la sua intelligenza e la sua operosità.
Scienza e tecnologia ampliano le potenzialità dell’uomo, accrescendo le sue responsabilità e facendolo anche artefice dei meccanismi di funzionamento dell’economia.
Gli uomini che hanno incontrato il Dio dell’Amore debbono orientare i meccanismi sociali e produttivi affinché non si ritorcano contro alcune categorie umane, o peggio, costringano altri a situazioni di ingiustizia e miseria; debbono combattere e superare individualismo, consumismo, edonismo, che caratterizzano la civiltà moderna, radicalmente abnorme.
Anche l’economia può essere, se vissuta con fede, una scienza aperta, capace di accogliere le esigenze dell’amore universale che Gesù ha testimoniato nella storia.

Così per imprenditori, manager, dirigenti cattolici, l’economia deve essere anzitutto uno dei più grandi servizi alla comunità civile; se infatti la logica del mercato da un lato ha mostrato efficienza e quindi utilità per raggiungere il benessere, dall’altro non può per questo pretendere di reggersi anche sull’ingiustizia, la prevaricazione, lo sfruttamento di tanti uomini, che sono anch’essi “sacramento vivente di Cristo”.

Giustizia e carità sociale sono i principi più alti e più nobili che la morale cristiana assegna all’attività economica” (Pio XI).
Scriveva Don Luigi Sturzo il 26 agosto 1923 sul Popolo Nuovo: “Il nostro programma è un programma temperato e non estremo: siamo democratici, ma escludiamo le esagerazioni dei demagoghi; vogliamo la libertà, ma non cediamo alla tentazione di volere la licenza; ammettiamo l’autorità statale, ma neghiamo la dittatura, anche in nome della Nazione”.
Poi Don Sturzo raccomandava con forza l’importanza della mediazione come arte per costruire il bene comune.
Sono questi i criteri che la tradizione del cattolicesimo può offrire anche ai nostri giorni per aiutare il populismo a diventare popolarismo.

Mons. Orofino Vincenzo

Le parrocchie hanno davanti una grande opportunità: aiutare a discernere sulla vita politica ripartendo da piccoli gruppi motivati e desiderosi di fare rete per approfondire problemi e selezionare uomini e donne.
E’ stata questa l’esperienza del Codice di Camaldoli del 1943; gli autori, un gruppo di laureati, formarono una comunità politica pensante, non partitica. Erano pochi, deboli e impauriti dalla guerra in corso. Eppure il loro contributo arricchì i lavori della Costituente nel 1946 e cambiarono il corso della storia.
La cultura dell’incontro di Don Luigi Sturzo, il suo riformismo coraggioso, la sua concezione di una democrazia sostanziale, pluralistica e solidale sono ancora oggi un valido strumento per superare la grave crisi politica attuale.
La vita del politico è dura, talvolta non capita, eppure il Concilio ne parla come di “un’arte difficile, ma nobile”. (cfr. GS 75).
Gesù Cristo, servo per amore, è il vero restauratore sociale.

Darsi, questo è politica.
Pio XI definì la politica la forma più alta della carità cristiana.
Carità dunque, ma occorre partire dalla fede. E qui Mons.Vincenzo Orofino, Vescovo della Diocesi di Tursi-Lagonegro, ci viene incontro affermando che la fede è il punto di partenza per ogni credente. Il punto di partenza che conduce alla carità fraterna, alla solidarietà evangelica. Ma se non si parte dalla fede, come cristiani, ci si allontana dalla sorgente della carità che è l’incontro con Cristo.
La fede nasce nell’incontro con il Dio vivente, che ci chiama e ci svela il suo amore, un amore che ci precede e su cui possiamo poggiare per essere saldi e costruire la vita.
E ora da parte dei politici eletti col voto del 4 marzo si voglia riprendere il processo di sviluppo e di crescita. Non siano mai sacrificati i beni fondamentali della persona o della collettività per ottenere consensi: l’azione politica da strumento per la crescita della collettività non si degradi a semplice gestione del potere, né per fini anche buoni ricorra a mezzi inaccettabili. Riguardo alla politica e all’economia si tagli l’iniquo legame tra politica e affari. Siano facilitati gli strumenti di partecipazione diretta dei cittadini alle scelte fondamentali della vita comunitaria, mentre i cristiani devono essere esemplari proprio come cittadini. Attivi di fronte ai problemi di giustizia, di libertà e di verità che la questione della legalità solleva. E’ un forte invito alla responsabilità, ma anche alla testimonianza della responsabilità: nella scuola, nelle istituzioni educative, nei mezzi di comunicazione, oltre che nei partiti e nelle varie istituzioni pubbliche.
In questo contesto sociale e culturale la ricerca del bene comune, quale anima e giustificazione del principio di legalità, esige contemporaneamente una più ampia e capillare diffusione del senso della solidarietà tra gli uomini, una maggiore vigilanza in ambito morale e legislativo perché non si costituiscano dei monopoli di potere e soprattutto una decisa e sistematica educazione delle coscienze per il superamento di mentalità privatistiche ed egoistiche.
Riflettori ora puntati sul nuovo esecutivo gialloverde che ha elaborato un’agenda ricca e ambiziosa.

don Luigi Sturzo

Alle promesse elettorali quindi ora devono seguire i fatti; dall’altra parte quale contributo potranno dare le nostre comunità alla soluzione dei problemi sociali e al rinnovamento della politica e delle istituzioni?
La Chiesa, che non ha soluzioni tecniche per i problemi sociali e politici, ha però il compito di evangelizzare il sociale. Rispettando l’autonomia delle realtà temporali, la comunità ecclesiale lascia ai cristiani singoli e associati di tradurre, sotto la propria responsabilità, le istanze del vangelo in cultura leggi e istituzioni, preoccupandosi soprattutto di formare i credenti alle virtù civili, alla partecipazione, al servizio, alla capacità critica, alla competenza, alla coerenza etica.
Suo compito è dare alla convivenza umana la parola fede, la parola speranza, la parola carità. Le sue preoccupazioni privilegiate sono per i più poveri e il progressivo impoverimento, per una carità politica che intervenga sulle strutture, per una solidarietà planetaria. Ma i cattolici italiani conoscono la Dottrina Sociale della Chiesa, le Encicliche sociali dei Papi, i documenti dei Vescovi italiani su “Chiesa e Mezzogiorno?

Quante diocesi hanno attivato le “Scuole di formazione al sociale ed al politico”, creato centri di analisi politica, organizzato reti di collegamento che esaminino i problemi del nuovo che avanza?
Non possiamo tralasciare di dire che, grazie all’opera educativa socio-politica espletata dal Vescovo Mons.Vincenzo Orofino, la Diocesi di Tursi-Lagonegro è in tale settore all’avanguardia.
In conclusione, molteplici sono le emergenze lucane da prospettare al nuovo governo.
La Chiesa di Basilicata si sente interpellata da tutte le realtà che riguardano l’uomo, ma non vuol fornire risposte univoche alle realtà socio-culturali nella quale vive e opera. L’intento è quello di collaborare con altre realtà vive della regione per trovare le chiavi di lettura e le risposte alle attuali esigenze dei lucani. La Chiesa si propone di essere dentro la realtà sociale, presenza visibile e attiva nel mondo, per rendere operativamente testimonianza alla comunione, in vista di una comunità degli uomini più fraterna e solidale.

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