don Camillo Perrone "Parroco emerito di S. Severino L."
Basilicata sempre più spopolata. Sono 101 i comuni lucani che rischiano letteralmente di scomparire. Soffrono di un disagio insediativo.
L’S.O.S., lanciato da Legambiente e Confcommercio, in base ad una ricerca effettuata a livello nazionale riguarda in totale 2830 paesi italiani, divisi in tre gruppi: 1157 poveri (in gran parte nel sud, con un reddito familiare molto basso); 1080, abitati quasi esclusivamente da anziani, nell’arco alpino e nell’Appennino centrale e i restanti 593 definiti “statici”, dove i segni di crisi sono meno evidenti, ma percepibili per il futuro.
L’area lucana più debole demograficamente e geologicamente è la Val Sarmento.
Pochi sono i giovani rimasti, il saldo naturale presenta un trend negativo, le scuole vengono accorpate o chiudono, perché gli alunni si riducono spesso al numero di una decina.
Le case fatiscenti o ristrutturate con la ricostruzione disabitate, gli unici superstiti gli anziani che godono della tranquillità e della troppa quiete di questi centri. Privati, spesso, degli affetti più cari dei loro congiunti, costretti a vivere lontano, in Italia o per lo più all’estero.
Borghi anche belli e interessanti tipo Calvera, San Paolo Albanese, ridotti oggi a pochissimi abitanti, esempi di decremento demografico inarrestabile.
La situazione non è delle migliori in tutto il Senisese-Lagonegrese, dove l’emigrazione giovanile, riguarda anche i più qualificati e quelli rimasti devono fare i conti con le tante speranze deluse: oro nero, oro verde, oro bianco, valorizzazione turistica, investimenti industriali, progetti questi che sovente fanno tornare alla mente una canzone del passato “parole, soltanto parole…”.
In un territorio prevalentemente montuoso quale è quello del Senisese-Lagonegrese, dove non poche sono state nel passato le difficoltà delle comunicazioni e dei trasporti, dove il dissesto idrogeologico è stato sempre preoccupante, dove vi è stata carenza secolare di infrastrutture, dove la produttività è stata bassa e quindi a livello di disperata sussistenza è stato il reddito pro capite, le popolazioni non hanno avuto una storia di progresso economico, sociale, commerciale (specialmente dopo la scomparsa delle città della Magna Grecia sullo Jonio e sul Tirreno), ma storia di sofferenze e di privazioni, di aspirazioni mai soddisfatte e di delusioni e amarezze non digerite.
E manca il necessario a 5 milioni di italiani. Un milione e 778mila famiglie vivono in povertà assoluta, la situazione peggiore al Sud, specialmente in Calabria dove la povertà registra numeri otto volte superiori a quelli della Valle d’Aosta. E se la vicina Calabria piange, non ride la nostra Basilicata.
La povertà – raccontano i dati dell’Istat – cresce nelle grandi città e nei Comuni molto piccoli, e quanto più è basso il livello di istruzione, in mancanza di un lavoro: fin qui i dati ovvi. Colpisce, invece un elemento anomalo: le maggiori difficoltà le incontrano i giovani, se non addirittura i bambini.
Quindi il quadro economico-sociale è sconfortante; l’economia lucana arranca, i consumi ristagnano, la povertà aumenta: è una tempesta di dati sulla povertà che agghiaccia e rende quasi impotenti. Aumenta il rischio di ricorso al prestito d’usura, cresce la ricaduta negativa sul diritto allo studio per i minori, ci sono sempre meno risorse a disposizione per rispondere ai bisogni delle povertà estreme, il 52,8% delle famiglie che stanno in situazione di precarietà non si rivolgono ai servizi promossi dalle Caritas per “orgoglio” o per “vergogna”. E permane una incertezza sul futuro e l’esigenza di una classe dirigente, a tutti i livelli, competente, trasparente e capace di generare fiducia.
E poi lo spopolamento ovvero l’emigrazione, una piaga endemica, un amaro capitolo; con sempre meno alunni, ha avuto inizio l’anno scolastico 2018/2019 in Basilicata.
E’ evidente che i dati diffusi dall’Istat sul crollo demografico mettono in allerta i sindaci; senza lavoro un giovane lucano su tre; sono oltre 7mila le domande presentate in Basilicata per il reddito di inclusione; matrimoni falliti, famiglie ferite o qualcosa di peggio.
Sono questi alcuni annosi problemi (o istanze che ci attanagliano).
Quadro socio-economico molto complesso e difficile. Che fare? Rassegnarci? Piantarla?
No, ma puntare oggi più che mai sui giovani! C’è un assioma latino che recita:
“Juvenes multum habent de futuro”, giovani, uomini del futuro, però se responsabili del presente. Certo il mondo dei giovani vive e sperimenta le contraddizioni e le potenzialità del nostro tempo. Subendo le forti pressioni della società dei consumi, non di rado i giovani si mostrano fragili e incostanti, incapaci di dare un senso al proprio vivere, prigionieri del “tutto e subito”, spinti talvolta verso forme di emarginazione psicologica, sociale ed economica, non esclusa una sorte di endemico deperimento del consenso intorno ai principi etici. Ma, nonostante il diffuso disagio giovanile, a volte manifesto, a volte soffocato, i giovani esprimono anche oggi le attese dell’umanità e portano in sé gli ideali che si fanno strada nella storia: il rispetto della libertà e dell’unicità della persona, la sete di autenticità, un nuovo concetto e stile di reciprocità nei rapporti fra uomo e donna, il riconoscimento dei valori della pace e della solidarietà, la passione per un mondo unito e più giusto, l’apertura al dialogo con tutti, l’amore per la natura. In tale contesto e molto opportunamente S.E. Mons.Vincenzo Orofino, Vescovo di Tursi-Lagonegro afferma:
“Relazioni autentiche e sostanziali, belle e immediate ci vengono chieste soprattutto dai giovani, i quali – come ho scritto nella mia Lettera pastorale – chiedono e hanno bisogno di sentirsi amati e di essere immessi in un avvenimento di amore, chiedono e hanno bisogno di messaggi chiari e di proposte definitive, di mete impegnative e di percorsi certi, di guide sicure e di educatori credibili. Chiedono e hanno bisogno di una proposta per la vita: che duri per tutta la vita, che implichi tutti gli aspetti della vita, che renda bella e buona tutta la vita”.
Confortati dall’illuminata opera del magistero della Chiesa sulla responsabilità dei cattolici di fronte alle sfide dell’attuale momento storico, esortiamo – specialmente i credenti – a non smarrirsi nella speranza che si fonda sull’opera incessante di Dio nel mondo; ma è opportuno un serio rinnovamento morale, una forte ripresa di una cultura della partecipazione, del dialogo ed un responsabile impegno su tutte le frontiere dell’uomo.
Con i giovani, in concreto, programmare il futuro affinché si arginino le forti diseguaglianze che stanno mettendo in crisi il sistema dei diritti e generando pericolosi momenti di frattura sociale. Dunque spazio ai giovani ben formati per una vera promozione dei diritti umani, sociali e politici, aprirli ai pressanti impegni quali: uguaglianza, lavoro, sviluppo sostenibile, cittadinanza, solidarietà e quant’altro, assicurando loro un retroterra di simpatia, di vitalità spirituale, di cultura cristiana specifica.