Armando Lostaglio
Sulla scena struggente delle lacrime di Paul – Marlon Brando il film si interrompe per dare spazio alla pubblicità: una ennesima automobile, una ennesima violenza all’arte cinematografica.

Ma come si fa? Come si può? Interrompere un’emozione così forte? E’ il capolavoro (uno dei tanti) del compianto Bernardo Bertolucci “Ultimo tango a Parigi” che girò nel ‘72 quando aveva appena superato 30 anni. Con il nuovo corso del neodirettore di Raidue Freccero, si sdogana in prima serata (sebbene sia un film notturno e non da ora di cena) il film scandalo che dagli anni ‘70 in poi ha fatto discutere esaltare, arrabbiare ed indignare progressisti e conservatori, bigotti ed anarcoidi. Il film dato al rogo (uno dei rari a subire questa sorte in quegli anni) arriva alla prima serata Rai, insomma davvero i tempi cambiano. Una storia dibattuta sull’inquietudine e la solitudine umana: il regista emiliano lo presentò quell’anno a New York, dove si procurò fama e si impose all’attenzione internazionale. Tanto che Pauline Kael del New Yorker scrisse:
“questo è il più potente film erotico mai fatto, può rivelarsi il film più liberatorio mai realizzato”.
E dunque erotismo e non solo: c’è l’inquietudine e la incomunicabilità fra i sessi. Le scene del film che alludono e preparano al finale, drammatico, nella sala del tango (musiche di Gato Barbieri) così ben fotografate da Vittorio Storaro con luce calda sudamericana: riconducono alla incomprensione dei sentimenti, a quella solitudine cosmica o umana, temi già cari a Michelangelo Antonioni. Paul per la prima volta dichiara il suo amore; lei, Jeanne, la ventenne stupenda Maria Schneider, comprende al contrario che la sua giovinezza non può essere avvinta ad un uomo “impossibile”. Non si conoscono se non nel turbinio dei sensi, dove l’erotismo è il libero padrone di corpi esuberanti, ma nel mare aperto dell’inconscio, e senza un approdo.

La abbandono di due corpi illuminanti e illuminati dalla bellezza. Nulla di osceno. Anzi. Una sceneggiatura semplicemente perfetta. I protagonisti, irripetibili (con un breve ruolo di Massimo Girotti); incommensurabile è la loro trasgressiva compatibilità, in un luogo, Parigi, che è una città come altre, l’appartamento fa da interprete discreto delle loro passioni, dove si lascia che il corpo esulti. Alain Delon e Jean-Louis Trintignant non vollero fare questo film, ritenuto duro, persino porno per quegli anni. Ci volle un cinquantenne Brando, che aveva da poco girato “Il Padrino” di Coppola, lui che veniva da un successo planetario sceglie di essere diretto da un giovane italiano, per un film difficile e controverso, che di sicuro avrebbe trovato ostacoli. Ma nella storia del Cinema rimarrà uno di quelli che ha maggiormente incassato, con fiumi di critiche e di dibattiti.

Infatti, la pellicola si aggiudicò il David di Donatello e il Nastro d’Argento oltre a due nomination ai Golden Globe, nomination come miglior regista e miglior attore protagonista agli Oscar. I problemi per Bertolucci iniziarono il 30 ottobre del 1972 in seguito alla censura del film che costrinse il regista a tagliare alcune scene, censure che saranno effettuate solamente nella versione italiana. In un secondo tempo la pellicola fu sequestrata con l’accusa di “esasperato pansessualismo fine a sé stesso” e prese il via un iter di condanne e assoluzioni in vari atti di giudizio fino al 1976, quando la Cassazione dispose la distruzione del negativo: il rogo. Una sola copia fu salvata, conservata nella Cineteca Nazionale di Roma. Il regista venne condannato per offesa al comune senso del pudore, con alcuni mesi di detenzione (pena successivamente sospesa) e privato per cinque anni dei diritti civili tra cui il diritto di voto. Solo nel 1987 verrà emessa la sentenza di non oscenità e il definitivo dissequestro del film che fino ad oggi non era mai stato messo in onda per intero dalla televisione italiana. Rivedere questo capolavoro ci offre ogni volta una nuova visione del mondo, e di noi stessi. “Quo vadis baby?” sospira Paul a Jeanne, che hanno venticinque anni di differenza; lui, nel suo cappotto cammello, che passa da momenti di euforia a profonda depressione (sua moglie si è suicidata), e che sembra una persona bipolare come si direbbe oggi. Eppure Jeanne chi è mai senza un folle che la sa amare oltre ogni convenzione?
” Quo vadis baby ?” – Un capolavoro ,che solo in Italia anni 70 viene censurato e messo al rogo, a confronto, in prima serata, con una bufala costata milioni di euro e lunghissima preparazione (“Adrian”). Quanta malinconia nel primo e quanta ipocrisia nel secondo; per evitare il rogo !?