Antonio Amatucci - già Sindaco di Francavilla in Sinni
Nel corso dell’ultimo mese abbiamo avuto la opportunità di essere contattati da numerosi piccoli proprietari e conduttori di terreni, già interessati dalle opere di irrigazione realizzate nella seconda metà degli anni ottanta dall’ex Ente Irrigazione, i quali lamentano irrituali procedure di riscossione del contributo annuale, nonché del pagamento delle quote consortili per l’anno 2018.

Ci ha colpiti l’esasperazione dei tanti interessati, molti dei quali con paziente opera hanno mantenuto in vita attività ormai in abbandono, spesso anziani, privi di mezzi di trasporto, che, con fatica e laboriosità, supportano la propria economia familiare con l’attività di coltivazione e produzione di prodotti agricoli rivenienti dai piccoli appezzamenti di terreno posseduti.
Approfondendo le circostanziate lamentele, abbiamo appreso che il problema è comune ad altre comunità locali interessate da terreni serviti dal sistema irriguo, per cui abbiamo voluto comprenderne la vera portata, per verificare la percorribilità di altre procedure semplificate per il pagamento del richiesto, se dovuto, considerata la necessità di salvaguardare le attività praticate, che rappresentano, spesso, irrinunciabile sostegno economico per le famiglie interessate.
In realtà il Consorzio di Bonifica della Basilicata, subentrato, in virtù della L.R 11.1.2017 n. 1-art. 6, nella gestione dell’ex Ente Irrigazione, tra l’altro, anche degli impianti di irrigazione, ha richiesto, per il tramite dell’Agenzia delle Entrate– Riscossione, il pagamento dei contributi annuali 2018/19 e delle quote consortili anno 2018, stabiliti dall’Amministratore Unico con propria deliberazione n. 277 del 30/4/2019.

Pur riconoscendo legittima la richiesta del pagamento di un contributo annuale, ma non potendo verificare dalla delibera de quo i presupposti contabili della sua determinazione, rileviamo un sostanziale aumento del contributo, soprattutto per piccole superficie, che appare non congruo con i servizi offerti e con gli investimenti operati, che rischia di disincentivare le attività agricole praticate, in relazione al costo annuale (70 euro fino al 31 ottobre dell’anno), ed i benefici economici rivenienti dalla produzione.
Ma quello che sconcerta di più è l’anacronistica ed irrituale procedura della riscossione, per la quale i singoli cittadini interessati devono recarsi presso la sede del gestore, situata in aperta campagna, tra Senise e Sant’Arcangelo, farsi pre-compilare il bollettino, andare ad effettuare il versamento in un ufficio postale di uno dei centri abitati, per poi riportare la ricevuta dell’avvenuto pagamento alla sede del Consorzio, per l’annotazione di rito.
Questo procedimento non solo impegna temporalmente l’utente distratto da altri impegni, ma rende un disservizio costoso, in quanto spesso trattasi di persone anziane sprovviste di proprio mezzo di trasporto, che devono essere accompagnati da terzi alla sede del Consorzio, accompagnati poi in un Ufficio Postale per il versamento e riaccompagnati al Consorzio per l’annotazione. Ci pare francamente una procedura dispendiosa, quanto meno irrituale, in tempi di semplificazione amministrativa. Perché non vengono utilizzate le sedi dei Comuni, già in passato disponibili per tali incombenze?
Non sarebbe più economico, anche per il Consorzio, inviare i bollettini prestampati, che l’utente va regolarmente a pagare presso l’Ufficio postale del proprio comune?
Viene poi eccepito la richiesta del pagamento della quota consortile annuale, che secondo quanto riferito da alcuni cittadini, sarebbe dovuta anche in assenza di utilizzo dell’irrigazione, per la sola circostanza della presenza della condotta e/o della bocchetta irrigua, che determinerebbero un incremento del valore venale del terreno. Tale assunto renderebbe conveniente il pagamento della contributo annuale, considerato che la quota consortile sarebbe comunque dovuta.

In realtà tale materia è stata più volte affrontato in sede giurisprudenziale, con svariate sentenze, sia della Corte di Cassazione, che, da ultimo, della Corte Costituzionale, la quale, con la sentenza n. 188/2018, ha dichiarato illegittimo l’articolo 23, comma 1,della L.R n. 11 della Regione Calabria, nella parte in cui prevedeva il contributo consortile di bonifica, quanto alle spese afferenti il conseguimento dei fini istituzionali dei consorzi, dovuto “indipendentemente dal beneficio fondiario”, invece che “in presenza del beneficio”.
La Corte, infatti, ai fini della richiesta di contributi consortili, ha ritenuto indispensabile “il beneficio diretto“, specificando che
“per beneficio deve intendersi il vantaggio tratto dall’immobile agricolo o extragricolo a seguito dell’opera e dell’attività di bonifica tesa a preservarne, conservarne e incrementarne il relativo valore”
Non basta, pertanto, essere ricompresi in un comprensorio di bonifica, ma vi deve essere un’attività del consorzio che determini una crescita del valore patrimoniale dei beni stessi. Non appare chiaro come tale attività possa configurarsi, ove il servizio di irrigazione venga meno, sia pure per richiesta unilaterale da parte di un utente.

Intanto, è opportuno, a nostro avviso, nell’immediato, che il Consorzio, utilizzi la disponibilità e la collaborazione dei Comuni interessati per alleviare i disagi dei cittadini, semplificando le procedure di pagamento, adeguandole alle esigenze dell’utenza del territorio, modificando la loro ingiustificabile complessità.