Il silenzio e la morte di D-i-o e l’uomo tra resistenza e resa già e non ancora

Riceviamo dalla poetessa Cristina di Lagopesole questa profonda Meditazione scritta da P. Giacomo Baroffio, Benedettino, personalità di elevato spessore culturale, teologico ed umano.

Settimana Santa 2020 – 5-11 aprile –

Pochi di noi hanno vissuto direttamente le crisi che hanno segnato la storia dell’ultimo secolo. Tutti però ne abbiamo respirato le esalazioni tossiche e continuiamo a pagarne le conseguenze. Ne ricordo cinque: l’eccidio della popolazione armena (1915), l’epidemia ‘spagnola’ (1918-1920), la voragine di Auschwitz-Birkenau (1940-1945), le stragi di Ebola (2014-2016) e la marcia quasi trionfale di Covid-19 (2019/20-?). Sono momenti che suscitano reazioni positive, anche eroiche. Sono pertanto anche scuole di vita. Ma affondano gli artigli nella carne viva dell’umanità alla quale rivelano in modo crudo e crudele il Male. Come un virus mortifero esso inizia a muoversi manifestandosi banale, poi cresce sino a diventare una dimensione ovvia, quasi fosse necessaria per vivere. Di questo capovolgimento della realtà sono testimonianze esplicite le cinque crisi ricordate e le tante altre simili.

Convento Ecce Mater tua

I loro bagliori si stagliano all’orizzonte della società umana corrosa dall’inciviltà di numerosi (catacl)ismi: capitalismo, comunismo, fascismo, nazismo… Sono aspetti molteplici di quella piaga, l’egoismo, madre e padre della folle idiozia che ha dilaniato il mondo grazie a due guerre mondiali e a una serie interminabile di conflitti sanguinari. Senza dimenticare il terreno della piccola criminalità locale, fiorente vivaio di un futuro maledetto.

Messa a dura prova, la persona singola e l’intera società sono intristite. Un’inquietudine amara ha reso tutti più fragili, nonostante i risultati sorprendenti dei campioni sportivi, le scoperte dei premi Nobel, le opere dei premi Pulitzer e Strega, le esibizioni struggenti, acrobatiche e incantevoli di Jasha Heifetz († 1987), di Arturo Benedetti Michelangeli († 1995) e di tanti artisti divenuti, alcuni, idoli inneggiati strepitosamente, molti altri dimenticati del tutto. L’incanto di prospettive paradisiache svanisce nella gelida nebbia che penetra inesorabile, nei cuori e nelle menti.

La facile supremazia sui più deboli, la viscida manipolazione delle coscienze, l’illusione del consumismo sfrenato: sono alcune delle ‘conquiste’ che conducono noi uomini sull’orlo del baratro. Ci ritroviamo tutti su un piano inclinato, lungo il quale scivoliamo, impotenti a reagire, verso l’abisso dei moderni gironi infernali. Sempre più lontani da D-i-o, sempre più lontani ed estranei a noi stessi. Talora desti, ma sempre incoscienti, ci siamo incoronati re assoluti dell’intero cosmo. Abbiamo piegato la nostra intelligenza sino a renderla capace delle atrocità più deliranti. Abbiamo soffocato il nostro cuore sino a paralizzato e renderlo incapace di amare. L’ebbrezza spudorata dei veleni ha sostituito la sobria ebbrezza dello Spirito santo, linfa vitale della nostra esistenza.

Fino a quando… un esserino minuscolo e di fatto invisibile è entrato nella nostra vita. Ha suscitato un tumultuoso pandemonio che fa esplodere e, insieme paradossalmente, implodere tutti i nostri mondi. E mette a nudo l’ignoranza, l’impotenza, il fallimento, il vuoto. Sono le realtà abissali troppo a lungo nascoste dietro ai soliti sgangherati e inutili paraventi: dai menzogneri discorsi politicamente corretti ai corrotti e ipocriti gesti di cannibalismo sociale, fino a tutto un apparato insignificante di segni e proclami religiosi.

La dimensione tragica dell’avventura umana oggi appare in tutta la sua estensione e profondità. Il Covid-19 non lascia molti spazi per inventare nuove menzogne. L’idiozia criminale, tuttavia, non arretra e non svanisce in fretta. Si prende ancora tempo per inventare e diffondere bufale e menzogne, per imporre ricatti nella politica, per insinuarsi come avido sciacallo e fare nuove vittime, come se la pandemia non fosse ancora sufficiente.

Dignum et iustum est occuparci dei contagiati senza trascurare tutti gli altri infermi. Dignum et iustum est approfondire le ricerche cliniche e virologiche. Dignum et iustum est ricostruire il tessuto sociale dai singoli alle famiglie, a restaurare le relazioni tra popoli e culture differenti. Sonno tutte iniziative sacrosante.

Forse però dimentichiamo la ‘cosa’ più urgente e più importante: D-i-o, la sua relazione con noi, il nostro rapporto con Lui. Chi è D-i-o? Chi siamo noi?

Chi pensa di avere fede, la fede nel D-i-o di Abramo Isacco Giacobbe, la fede nel Padre di Gesù Cristo, vero D-i-o e vero uomo, chi pensa di avere fede – o almeno pensa di desiderarla – fugge il frastuono di ingarbugliate disquisizioni e cerca di vedere la situazione nella semplicità che emerge dalla narrazione evangeliche.

La totale sintonia con il Padre, non ha eliminato dall’esistenza di Gesù ogni difficoltà. Anche nella relazione con il Padre. La fede non è un prontuario di risposte prestampate, utili a tacitare ogni difficoltà, a eludere quindi ogni responsabilità nell’affrontare la vita. Il D-i-o presente nella storia di ciascuno – e che parla a ciascuno – è il D-i-o che sa anche tacere e sa dare pure l’impressione di assentarsi e di scomparire dall’orizzonte.

Silenzio e assenza di D-i-o sono esperienze non facili da affrontare. È evidente che svelano un ‘terreno’ ideale per le scorribande del Nemico. Un esito della sua strategia? Convincere che il silenzio di D-i-o sia in realtà la sua morte. Ha fatto finta, D-i-o, di essere in silenzio e assente. Ė l’occasione buona per sbarazzarci di Lui e di tutte le sue cianfrusaglie, fede morale amore… come fragorosamente ripetono e amplificano gesti e chiacchiere dei vassali di Berlicche.

P. Giacomo Baroffio

Il silenzio e l’assenza di D-i-o diventano insopportabili. Suscitano mille relazioni quando raggiungono i confini del massimo cinismo criminale, così almeno lo si percepisce. Quando gli innocenti sono massacrati e trucidati da guerre, malattie, aberrazioni dello spirito umano e cataclismi della natura. Che senso ha la morte dei giusti? D-i-o è un padre ricolmo di affetto materno o è un astuto tiranno, maestro insuperato nell’ingannare e nell’illudere i suoi schiavi, vittime di sadismo infinito e disprezzo abissale?

Di fronte a certe domande, prima ancora delle eventuali risposte, formulate in positivo o in negativo, c’è la nostra relazione emotiva, quella che nasce nel profondo del cuore e che talora non riesce a raggiungere uno stadio compiuto di pensiero o di formulazione verbale.

Anche perché pensieri e parole possono essere insidiosi. Talora non sono la nostra risposta autentica, bensì fungono da strumenti di fuga. Sono cioè tentativi maldestri per sfuggire alla presa soffocante del panico, del disagio interiore che non dà tregua e dal quale tentiamo di sbarazzarci. Con tutti i mezzi, anche dilapidando la fede, nel disperdere ogni sua traccia nella nostra esistenza.

Una via – quella dell’allontanarsi da D-i-o e del rifiutarlo senza tante cerimonie – che il nuovo ‘a-teo’ non percorre da solo. Se avesse la forza di guardarsi intorno, scoprirebbe che c’è una schiera di persone immerse nel silenzio e nell’assenza di D-i-o. In molteplici e differenti modalità testimoniate da Abramo, dai profeti d’Israel e della Chiesa, da santi ben noti e da mistici nascosti in fabbriche e stalle, in sgargianti palazzi e stanzine disadorne, nel chiasso di una metropoli e nei tuguri di alcuni penitenziari e campi di lavoro coatto. Fino ad Auschwitz-Birkenau e alle sue assurde clonazioni.

Destino pieno di sorprese quello che attende ciascuno di noi. Con un repentino succedersi degli scenari tra luci baldanzose e oscurità impenetrabili, accoglienza trionfale e rifiuto sprezzante. Che fare in questa settimana santa? Che cosa pensare? Quali idee programmatiche elaborare?

Forse sarebbe bene raggiungere un livello minimo di stabilità emotiva senza complicare ancora di più il nostro stato di tensione e irritazione. Cerchiamo di non pensare a noi stessi. Lasciamoci guidare dalla liturgia, dalle narrazioni bibliche, dai commenti dei Padri, dai canti della settimana. Entriamo anche noi nel silenzio orante di Cristo.

In Lui e con Lui forse riusciremo a comporre insieme gli opposti contrari. Senza tante parole. Nel silenzio che la fede nutre con speranza, nell’abbandonarci alla misericordia di D-i-o che può sembrare assente anche quando è, in realtà, presente. A modo suo. E così dobbiamo accoglierlo, senza pretesa alcuna. Nell’abbandonarci a Lui come un piccino che, intirizzito dopo la visione di orribili fantasmi, ritrova la serenità e la quiete. E – come dice il salmo – si addormenta cullato dal ritmo dei battiti di un cuore, il cuore della mamma.

 

 

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