No al “fazionismo” La lotta contro il Covid-19 si vince con senso di Comunità e leale collaborazione

Mattia Arleo

L’attuale emergenza epidemiologica causata dalla diffusione del nuovo coronavirus Covid-19 sta mettendo tutti a dura prova.

Tutti ci confrontiamo, ormai da molti mesi, con una drastica limitazione delle nostre libertà per la tutela del bene comune.

A tutti, quindi, manca qualcosa. Tutti siamo chiamati a fare rinunce e, molte volte, a guardare all’essenziale.

È, forse, una delle prove più dure che la società contemporanea si trova ad affrontare.

È questa l’occasione buona per recuperare quel senso di Comunità che, ad un certo punto della nostra storia, abbiamo deciso di abbandonare, sotterrandolo sotto spessi strati di scelte egoistiche, in nome della strada più semplice dell’individualismo.

Abbiamo preferito, per troppo tempo, il singolare al plurale, il trattenere al condividere, la divisione alla comunione, l’io al noi.

Una lotta spietata che ha inoculato nella nostra struttura mentale un virus ben più pericoloso del Covid-19: quello che ci porta a vedere nell’altro, sempre e comunque, un nemico.

L’altro diventa nemico perché non si può far a meno di averne uno. L’altro diventa un nemico per il semplice fatto di essere “altro” rispetto all’io.

La logica individualistica ha caratterizzato certamente le scelte politiche degli ultimi tempi, ma ha preso piede anche nel modo stesso di fare politica, portando a concepire chi non fa proprie certe opinioni come un nemico cui contrapporsi a tutti i costi.

Tale logica ha sostituito quella nobile arte dialettica che, dopo il confronto, portava all’incontro.

È giunto il momento di cambiare rotta.

La delicata fase che stiamo vivendo non ci consente di continuare ad utilizzare gli schemi del passato.

Azione Cattolica Francavilla in Sinni

Il Covid-19 è – lui sì – un nemico invisibile, sconosciuto. Nessuno di noi ha la soluzione al problema in tasca, neppure le nostre Istituzioni. Dobbiamo lottare con i pochi strumenti e sulla base delle poche certezze che abbiamo.

Le Istituzioni stanno facendo il possibile, tentando di limitare la diffusione del virus in tutti i modi. Ritengo che, in questa fase, più che contrapporci ad esse, bisognerebbe affiancarle e sostenerle, in nome di un bene comune superiore agli interessi di parte. A questo atteggiamento deve corrispondere, naturalmente, quella naturale disponibilità da parte di chi è titolare della funzione pubblica ad ascoltare le istanze che provengono da quanti, con esse, vogliono rendersi partecipi della missione politico-amministrativa.

Riscopriamo, dunque, il senso di Comunità. Sostituiamo all’esasperante e inopportuno “fazionismo” la logica della condivisione, del sostegno reciproco, della collaborazione leale.

Quella che stiamo vivendo è una fase di emergenza. Non durerà in eterno e, molto presto, le nostre libertà, momentaneamente limitate in nome del bene comune, torneranno ad espandersi.

La differenza sarà data dal nostro diverso modo di relazionarci con le realtà che ci circondano e, soprattutto, con i nostri simili. Avremo davvero superato questa ennesima crisi se saremo stati capaci di riportare l’attenzione sul “noi”.

Questa emergenza poteva essere gestita diversamente? Le nostre Istituzioni potevano attuare misure migliori e più efficaci? Misure meno limitative delle nostre libertà?

A queste domande risponderemo alla fine di questa triste vicenda, non ora.

Per il momento, facciamo squadra e, uniti, combattiamo insieme questa battaglia, con la consapevolezza che nessuno si salva da solo.

Facciamo nostre, in questo tempo difficile, le parole di Papa Francesco, pronunciate il 27 marzo scorso in quella Piazza San Pietro deserta. Esse ci indicano la strada per ri-cominciare:

«La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente “salvatrici”, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità.

Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli».

“La strada non è lunga, perché tu sei vicino.

La strada non è lunga, perché tu sei qui” (cit.)

 

Mattia Arleo

Presidente parrocchiale e Vicepresidente diocesano di Azione Cattolica

 

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