Dai ricordi di Antonio De Minco “Il rito della benedizione delle case”

Il compianto De Minco nei suoi scritti fa una descrizione puntuale e viva del rito della benedizione delle case. Anch’io ricordo quando il parroco si portava di casa in casa nel centro abitato, dopo i riti pasquali, per ripetere il rito della benedizione.

Questa tradizione a Francavilla sul Sinni è stata interrotta, però se ne sono introdotte altre. Infatti, in occasione dell’estate, quando in paese c’è la ricorrenza delle festività religiose, l’amministrazione comunale da qualche anno suole esporre sulla facciata del municipio le gigantografie dei Santi Patroni, San Felice e San Policarpo, della Madonna di Pompei e della Madonna del Carmine, confondendo qualche fedele che si fa il segno della croce.

La processione del Corpus Domini in paese è ritenuta la processione più solenne. Si è introdotta l’usanza di esporre il Santissimo sul balcone del Municipio da cui è stata impartita anche la benedizione.

Non dimentichiamo che viviamo in uno Stato laico, dove i poteri della Chiesa e quello dello Stato sono separati. La Corte Costituzionale nella sentenza del 19 Aprile 1989 n.203 stabilì che il principio di laicità è considerato supremo, e quindi è inviolabile.
In alcuni paesi della nostra Basilicata da secoli si ripetono riti la cui origine è senza dubbi pagana. Non sarebbe opportuno per la Chiesa non essere coinvolta in queste manifestazioni per evitare una commistione tra sacro (i Santi protettori) e profano (i riti arborei, ecc. ecc.).

Mons. Francesco Lacanna

Un’usanza che non condivido è l’accensione dei fuochi d’artificio in onore dei Santi.
I Santi certamente non sono contenti che noi sperperiamo risorse economiche che potrebbero essere impiegate per altre finalità benefiche, provocando inquinamento ambientale (fumi tossici e forte rumore per i bambini, cani, uccelli e così via) e pericolo per la loro fabbricazione e manipolazione. Oltretutto la loro origine è cinese ed è legata alla magia e alla superstizione.

Nel Vangelo di Marco 7-6:8 leggiamo: “…questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate le tradizioni degli uomini”.

Mi sfuggiva un’altra osservazione: perché portiamo a benedire dal Papa statue di Madonne se le stesse statue sono consacrate? Una risposta non riesco a darmela.

Antonio Fortunato

 

tratto dal libro di Antonio De Minco “Il rito della benedizione delle case”

Come in tutte le comunità religiose cristiane, così anche in Francavilla nella settimana Santa, avveniva che il Parroco si recasse presso le abitazioni private, per effettuare la benedizione della domus.

Era quella una usanza ed una tradizione molto sentita e radicata nel profondo dell’animo francavillese. Tramandata da antiche generazioni, è stata perpetuata con particolari simbolismi e ritualismi fino a percepirne l’assenza peculiare nel proprio modo di essere e di esistenza comunitaria.

Foto tratta dal libro di Vincenzo Viceconte “frammenti di memoria”

Il sacerdote, accompagnato dal sacrestano, che traeva seco il secchiello dell’acqua Santa e l’aspersorio con una mano, mentre con l’altra portava un paniere di vimini, girava per tutte le strade del paese. Quei due arnesi, portati dal sacrestano, rappresentavano lo spirito e la materialità. Simbolo dell’animo il primo; simbolo del corpo l’altro. “Dot ut des”. Io benedico la tua dimora; tu mi ricompensi con delle uova o soldi. Era implicito, beninteso. Non ho mai udito che venisse esplicitata tale pretesa.

Tuttavia i simboli hanno un profondo significato e linguaggio: tutti comprendevano quell’ostentazione di paniere. Tutti, poi, erano in attesa di quella visita. Non mi risulta che vi fossero ateei. Quella tradizione e quel rito che ne scaturiva costituivano una incarnazione collettiva. Il consenso si esplicitava in mille modi: l’attesa, la raccolta dell’intera famiglia, i vari preparativi, la accoglienza del sacerdote ed infine quell’obolo, che placava i sensi e sembra acquietare l’animo di fronte alle turbolenze dell’esistenza.

Il culto del sacro, così come quello della magia pervadevano l’animo del francavillese e bene si può capire l’attesa, per tutto l’anno, di quella festività liberatrice.

Quando le condizioni economiche stridano nella più ruginosa realtà, l’animo umano rivolge la sua attenzione verso porti che possono garantire la propria salvezza. In particolar modo, esso rivolge le sue profonde preghiere al Buon Dio perché aiuti a risolvere i propri problemi e se possibile, concedere un “bel miracolo”, magari standosene con le mani in tasca!

La preghiera poi, del sacerdote doveva avere una forza intima ai mortali, comuni mortali, sconosciuta. Egli studiava tanti anni per “prendere messa”. Le sue mani nell’ordinazione, venivano consacrate dal Vescovo. Allora? Allora sì, che le sue mani e le sue parole contattavano il Buon Dio. Ognuno, perciò, sotto l’influenza dell’atto inconscio, donava qualcosa, ma in cambio vivaddio, la sua casa veniva benedetta dal sacerdote e perciò tutti i mali venivano scacciati e si poteva, finalmente, riacquistare la pace interiore, che tutti, indistintamente, agognamo.

Antonio De Minco

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