on. Peppino Molinari
Due sono le principali minacce alla memoria della Dc: le vulgate negative e l’oblio. Lo afferma il professor Ortensio Zecchino in apertura dell’evento al teatro Quirino, criticando la rappresentazione mediatica, che spesso dipinge la Dc come simbolo di trame oscure, invece di ricordare i suoi meriti nel guidare l’Italia attraverso cruciali momenti storici.
Una storia da riscoprire, da considerare, da rivalutare: se è vero che si passò dalle macerie della guerra all’ingresso nel club delle sette potenze mondiali, allora vuol dire che fu fatto un lavoro di certo non disprezzabile.

È la vicenda della Dc, che prese un paese talvolta ancora ottocentesco e lo lasciò che era una delle democrazie avanzate del Pianeta. Una “storia da ripensare”, come sottolinea Ernesto Galli della Loggia nella sua relazione al convegno al Teatro Quirino di Roma, dedicato all’eredità del partito – laico, d’ispirazione cristiana – fondato 80 anni fa. Due elementi, quello della laicità e quello dell’ispirazione cristiana, che si ritrovano anche nella provenienza culturale dei relatori del convegno, che non a caso reca il titolo “Anima e corpo della Democrazia Cristiana: Storia di un paese”. A parlarne infatti sono, oltre a Ernesto Galli della Loggia, Paolo Mieli, Agostino Giovagnoli, Alberto Melloni, Aldo Schiavone e Francesco Bonini.

Primo passo di un processo di riflessione storica sulla Dc, grazie ad una intuizione di Ortensio Zecchino, già ministro dell’Università e della ricerca, storico e politico. Il programma, infatti, non si limita al convegno di oggi: si prevedono nel corso di tre anni, oltre a un ciclo di seminari, anche borse di studio per giovani studiosi, produzioni audiovisive, un sito internet dedicato e la pubblicazione di sei volumi di ricostruzione della vita del partito.
Non opera di agiografia, sia chiaro, ma di ricostruzione serena e lucida, perché la Dc – dalla riforma agraria al contributo alla nascita della Costituzione, dalla scelta europeista atlantica al piano casa, alla creazione del sistema sanitario nazionale – rischia di restare soffocata in una vulgata fatta di giudizi liquidatori e frasi fatte. Invece è il momento, trent’anni dopo la fine dell’esperienza, di una rilettura critica di quella che, comunque, resta una “storia limpida”.