La mia Pasqua è differente

La Pasqua di oggi non annuncia nessuna resurrezione, non si anela a nessuna rinascita, se non negli spot pubblicitari, i quali bombardano tutti con modelli di asettica perfezione, che non ammettono sbavature sia fisiche che identitarie.

Enza Berardone

Si parla tanto per non dire nulla, le parole diventano pietre, muri, barriere che separano, Isolano, allontanano gli uni dagli altri, ognuno chiuso nella propria monade, divenuta una vera e propria fortezza inespugnabile, non esiste umanità che non sia dialogo, rapporto tra persone, difatti si arriva soltanto così a fare anima e comunità.

Via Crucis a Castronuovo
Via Crucis a Castronuovo

La reclusione dell’io mortifica la vita, ci si accontenta soltanto di esistere, ci facciamo sommergere dalle cose materiali, da oggetti inutili, dal denaro, da bisogni artificiali con i quali cerchiamo di riempire il vuoto che divora le nostre anime; non diamo più spessore a ciò che viviamo e proviamo. I non luoghi, la mancanza di empatia, di pietas, i graffi dell’indifferenza, dell’intolleranza, le processioni trasformate in feste di piazza, in una sorta di struscio domenicale, una vetrina per falsi buonisti e cattolici dell’ultima ora, alimentano una Pasqua apolide, vacanziera, frivola, vissuta all’insegna di viaggi e di banchetti interminabili, corredati da video oggettivamente imbarazzanti, che profanano la sacralità del momento religioso; la mia, invece, è fatta di nastrini colorati che vibrano al suono cupo della campana a lutto, nell’aria che odora di incenso e di pane appena sfornato, di fili di erba intrecciati a secche spighe di grano, addobbate con gelsomini e fiori di pesco.

La mia Pasqua si ciba di canti ipnotici che leniscono l’atavico dolore, narra riti solenni, passaggi catartici che esorcizzano silenzio e rassegnazione. È impregnata di vita vera, autentica, che non cede alle lusinghe dell’utile e del profitto. Il mio ventoso e grigio Venerdì Santo si consumava nell’ incontro struggente di Cristo crocifisso con la madre addolorata. Il pathos e la tristezza per quella morte crudele ed ingiusta mi accompagnavano per lunghissimi giorni. La natura si apriva alla nuova stagione e indossava il suo abito migliore, per accogliere e cullare il Cristo martoriato, portato a spalla dall’attonito corteo che, per l’ennesima volta, chinava il capo dinanzi alla malvagità degli uomini e alla morte. Tutto era compiuto, nulla sarebbe stato più come prima. Cristo muore, ma risorge sempre in ciò che crediamo. Si nasce e si muore nel suo flebile respiro, nel suo umano e disarmante stupore.

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