Gaetano Fierro
La visione culturale del benessere fisico e ambientale
Il dovere di chi ricopre pubbliche responsabilità non si esaurisce nella costruzione di strade, scuole o reti idriche. È anche compito di chi governa forgiare il tessuto morale e fisico di una comunità. La cura delle persone passa attraverso scelte politiche e culturali che favoriscano la salute, la socialità e il senso di appartenenza.

Camminando lungo via Pretoria, strada simbolo di Potenza, un tempo percorsa da contadini, artigiani e professionisti, oggi si avverte una trasformazione silenziosa ma profonda. I volti appaiono stanchi, i corpi appesantiti, i passi lenti. Non è un giudizio estetico, ma il segnale tangibile di un malessere collettivo. Dietro ogni girovita in eccesso si nasconde una perdita di educazione alimentare, di equilibrio e di senso del limite.
Il declino di un modello salutare
La Dieta Mediterranea non è solo un insieme di ricette: è una cultura del vivere. Nasce dall’intelligenza contadina, dalla capacità di trasformare la povertà in sapienza, dal rispetto per la stagionalità e per la misura. Ha reso il Sud Italia un laboratorio di longevità e salute riconosciuto dall’UNESCO come patrimonio immateriale dell’umanità.

Eppure oggi questo modello è stato progressivamente abbandonato. I cibi industriali, le bevande zuccherate e le abitudini sedentarie hanno sostituito la sobrietà e la convivialità di un tempo. I giovani meridionali, un tempo simbolo di vitalità, trascorrono sempre più ore davanti agli schermi e sempre meno nei campi sportivi o all’aria aperta. Le statistiche recenti lo confermano: nel Mezzogiorno i tassi di obesità infantile e di diabete di tipo 2 superano la media nazionale. È un’emergenza non solo sanitaria ma anche sociale. L’obesità riduce le aspettative di vita, aumenta i costi pubblici e impoverisce la qualità complessiva dell’esistenza.
Le cause di un cambiamento culturale
Per comprendere questa deriva non basta analizzare le tabelle nutrizionali. È mutato il modo stesso di vivere. Le famiglie, un tempo unite attorno al pasto, oggi consumano cibo in solitudine o davanti alla televisione.
Le scuole, schiacciate dalla burocrazia, trascurano l’educazione alimentare e motoria. Le istituzioni sanitarie intervengono solo sull’emergenza, invece di prevenire. Anche il mercato ha avuto un ruolo decisivo: la pubblicità aggressiva e l’offerta di cibi a basso costo hanno trasformato l’atto del nutrirsi in un consumo rapido e individualista. La crisi economica ha spinto molte famiglie verso il “più economico”, che spesso coincide con il “meno sano”. Si è così smarrito l’equilibrio tra sapere, gusto e necessità. Il corpo è diventato lo specchio di una civiltà distratta, che ha abbandonato la virtù della sobrietà per la comodità immediata.

Le strade della rinascita
La risposta non può essere solo medica: deve essere culturale, educativa, economica e sociale. Occorre una strategia integrata che rimetta al centro il benessere della persona.
- Educazione alimentare permanente.
Non basta sensibilizzare i bambini: serve un’educazione continua che coinvolga adulti, scuole e comunità. Corsi pratici, orti didattici, mercati formativi e laboratori di cucina guidati da nutrizionisti e agricoltori locali possono diventare strumenti di rinascita culturale. - Filiera corta e mense pubbliche sane.
Tutti gli enti pubblici dovrebbero dare l’esempio: mense scolastiche, ospedali, caserme e uffici devono privilegiare prodotti locali, tracciabili e stagionali. È un modo per educare con i fatti, sostenere i produttori e ridurre l’impatto ambientale. - Un marchio “Mediterraneo Lucano”.
Valorizzare i prodotti agricoli lucani con un brand riconoscibile significa rafforzare la fiducia dei consumatori e promuovere il territorio. Il marchio dovrebbe garantire qualità, sostenibilità e tradizione, diventando un motore per turismo e occupazione. - Incentivi ai giovani agricoltori.
Occorre favorire il ricambio generazionale con formazione, accesso ai terreni incolti, microcredito per la trasformazione artigianale e innovazione digitale. L’agricoltura può tornare a essere un mestiere del futuro se sostenuta da politiche concrete. - Uso etico dell’intelligenza artificiale.
La tecnologia può migliorare la produzione agricola, ridurre sprechi e ottimizzare risorse, ma deve essere guidata da logiche sociali, non speculative. L’innovazione deve servire la terra, non sostituirla. - Rinascita urbana del movimento.
Le città devono tornare luoghi del corpo in movimento. Riqualificare spazi pubblici, creare percorsi salute, promuovere eventi sportivi e culturali legati alla Dieta Mediterranea significa restituire alle persone il piacere del cammino e della partecipazione.
I benefici di una scelta collettiva
Rilanciare la Dieta Mediterranea conviene a tutti. Migliora la salute, riduce la spesa sanitaria, crea lavoro nella ristorazione di qualità e nel turismo rurale, rafforza il senso di comunità e restituisce ai cittadini l’orgoglio di appartenere a un territorio che sa prendersi cura di sé. Difendere l’olio, il pane, i legumi e i frutti locali significa difendere la lingua, la cultura, la memoria. La Lucania possiede una biodiversità straordinaria, capace di coniugare tradizione e innovazione. Questo patrimonio deve diventare il centro di un’economia nuova, più sostenibile e identitaria.
Cosa ancora manca
Non mancano le idee, ma la volontà politica e la coscienza collettiva. Serve una leadership che creda nel valore educativo del cibo e nel benessere
come investimento sociale. Serve una scuola capace di insegnare la bellezza della lentezza, della preparazione e della convivialità. Serve una sanità che punti sulla prevenzione, non solo sulla cura. Soprattutto serve una visione culturale del benessere, capace di unire economia e felicità, salute e dignità del lavoro, modernità e tradizione. Senza questa visione, ogni sforzo resta frammentario.
Un patto per il futuro
Il futuro della Dieta Mediterranea non si costruisce solo nelle cucine o nei campi, ma nelle menti. Occorre un “Patto Mediterraneo” che unisca agricoltori, scuole, sindaci, medici, chef, associazioni e comunicatori in una rete che diffonda il gusto per la sobrietà e la bellezza del vivere in equilibrio. Solo così potremo tornare un popolo che cammina, che respira e che si guarda negli occhi a tavola. Potenza e la Lucania hanno tutte le risorse per farlo: competenze, prodotti, tradizioni, paesaggi e persone.
Ripartire dalla tavola
Ripensare la tavola non è nostalgia, ma politica. È il punto di partenza per ricostruire una comunità più sana, consapevole e coesa. Se vogliamo che via Pretoria torni a essere un luogo di vita e non di inerzia, non bastano panchine o asfalti nuovi: serve una politica del respiro, che rimetta al centro la persona, la tavola, il lavoro e la memoria. Un uomo pubblico che voglia davvero servire la propria comunità deve tornare a considerare il benessere come armonia tra corpo, mente e territorio. Solo così la misura delle cose tornerà a essere la misura dell’uomo.
