La famiglia nel bosco

La famiglia nel bosco: sembra il titolo di una favola, di Giambattista Basile magari, e un po’ davvero lo è. Ovvero, probabilmente non siamo più avvezzi ad ascoltare racconti che ci riducano a verità fin troppo nascoste. Ci interessano poco – salvo nella pornografia dei sentimenti – specie se pongono idee in contraddizioni evidenti.

Eppure Konrad Lorenz, il grande etologo studioso degli animali e della natura, scrisse che non riusciva a capire coloro che vanno per boschi senza ascoltare il fruscio degli alberi o il cinguettio di uccelli, presi come sono a sentire musica nelle cuffiette o pensare ad altro. Non è meglio godersi lo spettacolo degli alberi, del fogliame, del verde? Quanto annotato da Lorenz resta una metafora del tempo moderno, che ci lascia capire tutto il chiasso ideologico che si va facendo attorno alla famiglia nel bosco di Palmoli in Abbruzzo. Non entriamo nei meriti giudiziari, non è conveniente per nessuno, neppure per i più moralisti. La nostra società a parole ama la natura, ma in realtà appare prigioniera della civilizzazione, degli stereotipi di una vita fondata sulla ricerca del denaro e di uno status fatto di consumi. Ama la natura a parole, eppure vivere immersi in essa è considerato un atto scriteriato, forse anarchico, ma nel senso più autentico come rifiuto del consumismo: si può essere solo cittadini, e tale dev’essere la massima ambizione delle persone civili. Un imperativo cui la famiglia australiana sceglie una alternativa. Non siamo forse noi ad aver buttato via, con tutta la retorica del caso, la lezione di Rousseau e lo stato di natura, sull’uomo non corrotto che non conosceva le diseguaglianze e la proprietà privata? Ma senza scomodare l’illuminismo, in molti hanno esaltato l’adolescente Greta che dava sferzate al mondo intero sull’ambiente sempre più contaminato, lasciato alla sua e alle nuove generazioni.

I bambini del bosco non usano cellulari e non vanno al McDonalds a consumare cibi chissà quanto sani. Ricevono una istruzione parentale ed una cultura che non li metterà “in fila per tre” (come cantava Bennato). Da grandi quei bambini, se davvero ben educati al rispetto dell’ambiente e della natura, potranno scegliere pure di socializzare e integrarsi con un mondo che per ora appare estraneo; potrebbero scegliere anche la “nostra” civiltà: adesso vedono crescere i loro animali, giocano con loro e si lavano con acqua piovana, pulirsi anche senza fare quelle lunghe docce inquinanti. Di sicuro è l’aspetto igienico-sanitario da tenere in priorità da parte della famiglia australiana e delle istituzioni preposte. In ogni caso, la famiglia del bosco resta una favola di altri tempi, che ci pone interrogativi che vanno oltre ogni speculazione di parte.

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